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Lavoratori corteggiati con concerti e degustazioni per tornare in ufficio

Dai gadget ai tornei in ufficio, le aziende si inventano stimoli per fare tornare i dipendenti in ufficio. Ma secondo uno studio di Harvard la formula vincente è il lavoro ibrido intermedio: una-due volte a settimana in presenza (ma tutti insieme) e un’organizzazione equilibrata del lavoro da casa

Concerti, sala per gli spuntini, corsi di giardinaggio. Queste sono alcune delle attività programmate da Google per conquistare i dipendenti e incentivarli al ritorno in ufficio. L’invito dell’azienda è di rendere il tempo trascorso in sede divertente, non solo produttivo.

Dopo due anni di smartworking, molte compagnie si trovano davanti alla sfida del R.T.O, Return To Office, perché non tutti i lavoratori vogliono tornare. Dall’abbigliamento sportivo che si può indossare a casa, fino al non dover condividere il bagno, sono tanti i vantaggi a cui molti impiegati non vogliono rinunciare.

Google, allora, tra le varie iniziative per incentivare i lavoratori a tornare in sede ha dedicato uno spazio a pochi metri dagli uffici di Mountain View, California, per una serie di concerti. La prima ad esibirsi sarà la cantante Lizzo.

Un reportage del New York Times sulle nuove strategie del lavoro ibrido racconta che i dipendenti della sede Microsoft a Redmond, Washington, sono stati sorpresi a fine febbraio con una festa, tra musica dal vivo, degustazione di vino e birra e lezioni di giardinaggio e terrarium. Qualcomm, società statunitense di ricerca e sviluppo nel campo delle telecomunicazioni, ha organizzato un “happy hour” per gli impiegati della sede di San Diego, con bibite, gadget e lezioni di allenamento fisico.

Adam Galinsky, professore della Scuola di Business dell’Università di Columbia, ha spiegato che queste iniziative dimostrano come, per ora, le aziende scommettono sulla carota e non il bastone: “Sono benefici con cui le imprese riconoscono che gli impiegati non vogliono tornare in ufficio, o almeno non con la stessa frequenza di prima”.

Per Nick Bloom, professore di Economia dell’Università di Stanford, la maggior parte dei lavoratori vorrebbe tornare in ufficio due o tre volte alla settimana. Secondo uno studio condotto alla Harvard Business School, un terzo degli impiegati invece non vorrebbe tornare mai.

Il motivo è che eliminando solo il tempo trascorso per recarsi al luogo del lavoro e tornare a casa a fine giornata le persone risparmiano almeno un’ora. Un tempo difficilmente barattabile con “snack gratuiti o una partita di ping pong”.

Bloom crede che la sfida per le imprese sarà trovare un equilibrio tra la flessibilità di permettere agli impiegati di stabilire i propri orari, con una strategia più rigida che obblighi ad essere in presenza alcuni giorni per sfruttare al meglio il tempo trascorso in ufficio.

“Il lavoro ibrido intermedio sarebbe ottimo – spiega Bloom all’agenzia Bloomberg -, dove i lavoratori godono di flessibilità, ma non sono così isolati come i colleghi che lavorano soprattutto da casa […] La soluzione ibrida intermedia potrebbe offrire il meglio di entrambi i mondi”.

Lo studio di Bloom sulle nuove modalità di lavoro sostiene che uno o due giorni alla settimana in ufficio è la combinazione ideale, giacché offre ai lavoratori la flessibilità che vogliono, senza isolarsi completamente.

La chiave del successo in questa “formula ibrida” è organizzare il team in modo che tutti siano in presenza gli stessi (pochi) giorni. Per evitare che molti dipendenti che tornano in ufficio si trovino a fare video-chiamate con i colleghi che sono rimasti a casa. “Si deve cercare di fare tornare le persone insieme – appunta Bloom – così il tempo in ufficio sarà tempo da condividere. Un ibrido ben organizzato è la strategia ottimale”.

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