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L’India, l’Europa e la guerra (non nucleare). Colloquio con Tellis (Carnegie)

L’esperto di Indo-pacifico e deterrenza nucleare ha spiegato a Formiche.net perché l’India resta neutrale davanti alla guerra, compra petrolio e armi dalla Russia e accoglie Lavrov. E perché Washington, nonostante tutto, mantiene ottimi rapporti. Le tre cose che l’Europa dovrà fare per uscire dal conflitto più forte di prima

L’India è stata al centro delle cronache (geo)politiche per il suo atteggiamento di fronte al conflitto in Ucraina: si è astenuta dal votare per le risoluzioni delle Nazioni Unite – sia al Consiglio di Sicurezza che all’Assemblea Generale – che condannavano l’aggressione di Putin, ha approfittato del prezzo scontato per comprare più petrolio russo e ha accolto il ministro degli Esteri Sergei Lavrov dopo l’inizio del conflitto. Ne ho parlato con Ashley J. Tellis, senior fellow del Carnegie Endowement for International Peace, già membro del National Security Council americano.

Qual è il motivo di questa posizione di neutralità per un Paese che nell’ultimo anno ha mantenuto eccellenti rapporti con gli Stati Uniti nel Quad (il forum che include anche Australia e Giappone) e aspira a essere un attore democratico di primo piano nell’Indo-Pacifico?

India e Usa hanno rapporti sempre più stretti da circa 20 anni, dall’inizio dell’amministrazione di George W. Bush. In questi giorni a Washington sono rimasti sicuramente delusi, ma non creda che il governo indiano sia a suo agio con quello che sta succedendo in Ucraina. Non è indifferente, anzi è decisamente in allarme. Ma ha plasmato la propria risposta in funzione delle proprie sfide di sicurezza. E la sfida numero uno è la Cina e i suoi progetti di dominio nella regione, proprio come per gli Usa. Gli indiani temono il rafforzamento del rapporto Russia-Cina, con Mosca che uscirà dal conflitto più debole e ancora più dipendente da Pechino.

Da dove nasce il buon rapporto tra Russia e India?

La Russia negli scorsi decenni ha “protetto” l’India sul piano internazionale, usando il suo potere di veto in sei occasioni al Consiglio di Sicurezza. Quando nel 1962 finisce la guerra sino-indiana, è la Russia a garantire le forniture militari. I Mig-21 consegnati allora da Mosca sono ancora in forza all’aeronautica indiana, e una gran parte degli equipaggiamenti attuali, si stima tra il 60 e il 70%, è di fabbricazione russa. Ciò vuol dire un flusso continuo di pezzi di ricambio e munizioni per mantenere l’operatività delle proprie forze armate. Schierarsi apertamente contro vorrebbe dire non solo far avvicinare ancora di più la Russia alla Cina, ma rischiare di perdere la propria capacità militare.

Però nel 2021 il maggiore partner commerciale indiano (113 miliardi di dollari) sono stati gli Usa, mentre gli scambi con la Russia valgono circa un decimo. Cosa è successo nel frattempo? Biden potrebbe chiedere all’India di non comprare più sistemi avanzati russi, come gli antiaerei S400, che sono al centro di una disputa tra Washington e Ankara (chi compra gli S400, non può partecipare al programma F35)?

L’India era una colonia inglese, e al momento dell’indipendenza tutto il suo arsenale era occidentale. L’obiettivo era mantenere gli stessi armamenti, ma visto che in piena Guerra fredda non era parte del sistema delle alleanze americane, questo non fu possibile. Dal 2001, l’India ha lentamente iniziato a diversificare i propri fornitori: oggi sono americani, francesi, israeliani. Non credo che gli Usa vogliano imporre lo stesso aut-aut presentato a Erdogan: la Turchia è un Paese Nato ed è vincolata dal principio della difesa collettiva, diversamente dall’India. Il governo americano è realista e sa che non può influire su questo tipo di decisioni, anche se ovviamente non gli dispiacerebbe se Delhi si sganciasse dalla dipendenza militare russa. Qualche giorno fa si è svolto il 2+2, l’incontro tra i ministri degli Esteri e della Difesa indiani e americani. Il comunicato congiunto è stato molto misurato.

Cosa è successo in India durante la visita di Lavrov di qualche settimana fa?

Non posso entrare nel dettaglio delle comunicazioni riservate che ho avuto con esponenti del governo indiano, ma posso darle degli elementi. Lavrov è arrivato con un obiettivo specifico. Ringraziare l’India per la sua ostentata neutralità e chiederle di mantenere la stessa posizione. L’India pubblicamente ha evitato di criticare le mosse russe e Modi ha incontrato Lavrov. Ma non vuol dire affatto che loro fossero entusiasti della posizione del ministro degli Esteri. Anzi sono sicuro che la domanda che è martellata in quegli incontri fosse “quando metterete fine alla guerra?”. Perché nulla di buono per l’India può venire dal conflitto. Sono sicuro che Lavrov sia ripartito senza pensare per un attimo che l’India appoggi quello che stanno facendo in Ucraina.

La neutralità nel conflitto, l’acquisto di petrolio e armi russe, l’accoglienza di Lavrov. Elementi che gli Usa sembrano prendere con sorprendente “sportività”.

Il primo obiettivo del governo americano è non alienare l’India e mantenere un assetto comune nei confronti della Cina. Perché la Russia è il nostro problema a breve termine, ma a lungo termine è la Cina. L’amministrazione Biden ha fatto la scelta consapevole di non compromettere, per un vantaggio nel breve termine, le alleanze chiave per il resto del secolo.

Un tema che lei conosce bene è la deterrenza nucleare. Le minacce di Putin sono uno spettro per l’Europa, e il piano americano di stanziare altri 33 miliardi di dollari per l’Ucraina fa pensare a un conflitto più lungo di quanto ci si potesse aspettare. Cosa farà la Russia con il suo arsenale nucleare?

Realisticamente non c’è una via nucleare possibile per la Russia. Non è in guerra con una potenza nucleare. Ha una capacità convenzionale molto superiore all’Ucraina, non ha bisogno di usare armi atomiche per superare militarmente il suo nemico. La minaccia? È una mossa diplomatica old-fashioned e ci sono diversi obiettivi che la Russia vuole “colpire”. Innanzitutto c’è l’Occidente: non aiutate Kiev o ci sarà una escalation, fino ad arrivare all’impensabile. Quindi un modo per forzare la mano di chi sta aiutando gli ucraini. Ma è un messaggio anche agli ucraini stessi: se la situazione lo richiederà, la Russia è pronta a usare incredibili forme di attacco. Ovvero: pensate due volte a resistere. Non posso prevedere cosa farà Putin perché ha già dimostrato di essere irresponsabile. Io spero che non lo faccia, e credo che non lo farà, almeno se le circostanze resteranno quelle odierne.

Come viene vista l’Europa dagli Stati Uniti e dalla regione indo-pacifica? È tornata al centro della “mappa” geopolitica ed è una Europa diversa rispetto a due anni fa: la pandemia ha fatto aprire gli occhi a cittadini e governi (un po’ miopi) cosa vuole davvero dire il regime cinese e l’essere dipendenti dalla sua supply chain. La guerra ha fatto lo stesso con il regime russo e la nostra dipendenza energetica. Può l’Europa tornare ad avere un ruolo forte nel contesto internazionale ora che si è un po’ sganciata da questi due attori che rischiavano di soffocarla?

Quest’amministrazione ha fatto un grande sforzo per riallacciare un legame con l’Europa, perché temeva che l’eredità trumpiana avrebbe alienato un alleato storico. Un’Europa che considera gli Stati Uniti un partner inaffidabile è molto pericolosa per noi. È il nostro alleato più antico ed è ancora patria di innovazione e tecnologia. Abbiamo voluto riagganciare l’Europa perché ci sono implicazioni di sicurezza, economiche, ma anche di dominanza tecnologica dei nostri rivali. La Cina in particolare vedeva l’Europa come l’ultima “sorgente” di tecnologia disponibile visto che quel settore in America e in Giappone le era stato precluso.

La guerra in Ucraina ha messo l’Europa in una pessima situazione, ma questa crisi potrà anche garantire nuove opportunità. Gli Stati Uniti sperano che ora l’Europa prenda seriamente il suo ruolo di attore primario nella sicurezza globale. Per circa 30 anni dalla fine della Guerra Fredda, l’Europa ha potuto godere di tutti i benefici della dipendenza economica dalla Cina per le merci e dalla Russia per l’energia. E ha goduto della protezione militare statunitense senza dover impegnarsi troppo nei teatri internazionali. Il conflitto ha svegliato i partner europei e ha fatto capire loro che devono assumersi una responsabilità nuova nel quadro della sicurezza e della difesa e costruire la capacità di occuparsi della crisi ai suoi confini. A Washington sanno che le sfide principali arrivano dall’estremo Oriente, ma si tratta di sfide di potenza. Quelle che arrivano dalla Russia sono sfide di debolezza.

Con Mosca, l’Europa deve prendere il posto di comando e gli Usa faranno da rinforzo. Con la Cina il contrario: in prima linea ci saremo noi, ma i nostri alleati europei devono essere pronti a sostenerci. Se gli europei faranno scelte difficili ma lungimiranti sulla dipendenza energetica dalla Russia; sulla minaccia cinese, sia valoriale che economica; infine sull’investimento in spese militari, allora credo che abbiamo un’ottima possibilità di prosperare nel futuro.


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