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Non più “karoshi”. Così il lavoro ibrido sta cambiando il Giappone

Questo termine giapponese significa “morte per troppo lavoro”. Ma con la pandemia la situazione sembra essere cambiata. Le nuove priorità, lo spostamento dalle città e la posizione dei giovani

Karoshi è un termine giapponese sull’eccesiva dedizione al lavoro. Letteralmente significa “morte per troppo lavoro” ed esiste praticamente solo in questo Paese asiatico. Per questa sindrome ha perso la vita, per esempio, il responsabile marketing dei prodotti di Sony nel 2018, con più di 80 ore mensili di straordinari, e anche una giornalista dell’emittente NHK, trovata morta nel 2013 dopo 146 ore di straordinari.

Con la pandemia però la situazione sembra essere cambiata. Costretti a lavorare da casa per il Covid-19, i giapponesi hanno avuto la possibilità di ridimensionare il proprio impegno lavorativo, fissandosi nuove priorità sia professionali, sia personali. Di fronte a una cultura in cui il lavoro è al primo posto, ora i dipendenti del Giappone vogliono più flessibilità, autonomia e controllo.

Prima della pandemia, i giapponesi hanno scambiato lunghe ore di lavoro e sacrifici personali per una vita sicura in azienda, con stipendio fisso e status. Tutto questo senza però un coinvolgimento profondo nel lavoro che fanno. Un report di Gallup 2021 State of the World’s Jobs ha rilevato che solo il 5% dei lavoratori giapponesi dice di sentirsi coinvolto e appassionato nel proprio lavoro. In sintesi: ci sono tutti gli ingredienti per una vita potenzialmente da karoshi.

Tuttavia, il virus sta trasformando questa dinamica, che ha sostenuto la crescita economica del Giappone. Secondo il quotidiano The New York Times, con il Covid la pressione sta aumentando dall’altra parte: “Lavorando da casa, le persone hanno avuto più tempo per ripensare alla propria carriera e alla propria vita. Molti vogliono un cambiamento”.

Per alcuni, l’obiettivo è avere più partecipazione su quando e dove possono lavorare, nonché acquisire una maggiore autonomia e controllo sulla propria carriera. Vogliono ikigai, un altro termine giapponese che significa “ragione di vivere”. Per altri dipendenti la priorità riguarda la famiglia, tanto da spingerli a cercare altri lavori che offrono più tempo libero.

LO STUDIO E I GIOVANI

In Giappone, un numero sempre più alto di dipendenti, circa 9 milioni, sta valutando di cambiare lavoro, qualcosa che finora non era ben visto nella tradizione del Paese. Il desiderio di cambiare trova terreno fertile soprattutto tra i giovani. Uno studio del Recruit Works Institute indica che tra i giovani dipendenti la percentuale che ha lasciato il lavoro nelle grandi aziende entro tre anni è salita al 26,5% dal 20,5% di otto anni fa.

Altri giapponesi hanno scelto di lasciare le grandi città per lavorare dalle zone periferiche. È la prima volta dal 1996 che la popolazione di Tokyo è scesa a poco meno di 14 milioni, un calo che gli esperti hanno attribuito al lavoro a distanza.

Un sondaggio di Sompo Holdings sostiene che le priorità lavorative del 44% dei giapponesi sono cambiate durante la pandemia. La tendenza è dare più attenzione al tempo libero e la famiglia rispetto alla carriera, mentre i cambiamenti sono stati particolarmente drammatici tra i lavoratori più giovani.

Kennosuke Tanaka, professore della Hosei University, crede che il “Covid ha innescato un grande risveglio” che si sta rivelando un punto di svolta per il Giappone.



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