Dopo gli orrori di Bucha, Vilnius declassa le relazioni diplomatiche con Mosca. Nelle ore precedenti, la premier Šimonytė aveva annunciato che il Paese “non consumerà un solo centimetro cubo del gas tossico” di Putin
“All’ambasciatore russo è stato chiesto di lasciare la Lituania. L’ambasciatore lituano in Ucraina sta tornando a Kiev. Questa è la decisione [lituana] presa oggi”. In tre frasi su Twitter Gabrielius Landsbergis, ministro degli Esteri lituano, ha reso nota la crisi diplomatica tra Vilnius e Mosca con la cacciata dell’ambasciatore russo Alexey Isakov e il rientro in patria di quello lituano Eitvydas Bajarūnas.
“Dato il ruolo complessivamente poco costruttivo del servizio diplomatico russo, il governo lituano ha anche deciso di chiudere il consolato generale a Klaipėda”, una città portuale del Mar Baltico, “in relazione all’aggressione all’Ucraina”, si legge nel comunicato del ministero.
“La Lituania sta abbassando il livello di rappresentanza diplomatica con la Russia, esprimendo così la sua piena solidarietà con l’Ucraina e il popolo ucraino, che stanno soffrendo per l’aggressione senza precedenti della Russia”, ha detto il ministro Landsbergis sottolineando la condanna con “la massima fermezza” delle “atrocità commesse dalle forze armate russe in varie città ucraine occupate, compresi gli orribili massacri di Bucha e di altre città ucraine, che saranno senza dubbio aggiunti alla lista delle atrocità commesse sul territorio europeo”.
“Quello che il mondo ha visto a Bucha, purtroppo, potrebbe essere solo l’inizio. Con altre città liberate, potremmo vedere altri orribili esempi di crimini di guerra. Tutti i crimini di guerra e contro l’umanità commessi dalle forze armate russe in Ucraina non saranno dimenticati”, ha aggiunto il ministro. La Lituania sostiene tutte le misure per assicurare che le forze armate russe siano tenute a rispondere delle violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario in Ucraina, spiega la nota diffusa dalla diplomazia lituana.
La Lituania è in prima linea contro le autocrazie, quella russa così come quella cinese.
Nelle ore precedenti la crisi diplomatica odierna, la primo ministro Ingrida Šimonytė aveva annunciato che la Lituania era “il primo Paese dell’Unione europea a rifiutare importazioni di gas dalla Russia”. “D’ora in poi la Lituania non consumerà un solo centimetro cubo del gas tossico russo”, aveva scritto invitando gli altri 26 Stati membri dell’Unione europea a seguire la decisione dopo gli orrori di Bucha. Lo stesso hanno fatto Estonia e Lettonia.
Nei giorni scorsi il ministero degli Esteri russo aveva comunicato all’ambasciatore lituano Bajarūnas l’espulsione di quattro membri della rappresentanza a Mosca, due diplomatici e due funzionari, in risposta a una precedente mossa simile della diplomazia di Vilnius che aveva dichiarato “persona non grata” quattro dipendenti dell’ambasciata russa per “attività incompatibili con il loro status diplomatico”.