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Macron, la Francia disfatta. L’affondo di Sapelli

Macron vince, come deve essere, la Francia si frantuma. La conferma all’Eliseo non arresterà la disgregazione del sistema politico e sociale francese innescata da En Marche e destinata ad aggravarsi sotto la pressione della crisi internazionale e la corsa agli armamenti. Il commento del professor Giulio Sapelli

C’è un che di drammatico, di tragico, nell’articolo di fondo del direttore di Le Monde Jerome Fenoglio di questo 23 aprile. Un anno – il 2022 – che sarà ricordato come il più denso di rotture e di trasformazioni immediate e future per la storia mondiale e non solo per quella francese ed europea:”Empecher le pays de se defaire”, così suona il titolo.

La Francia si frantuma, è vero, ha ragione  il direttore. E ciò appare ancora più vero a chi ha seguito la polemica tra lo stesso Le Monde e lo storico quotidiano cattolico francese La CroiX, fondato dagli Agostiniani dell’Assunzione nel tardo Ottocento e che è noto per la sua indipendenza e vivacità intellettuale. Il direttore di Le Monde ha accusato (da solerte e un po’ improvvisato responsabile del canonico journale repubblicaine et regalien pour excellence) la Conferenza episcopale francese di aver peccato di tradimento delle virtù democratiche per non aver chiaramente invitato dal pulpito i cattolici a votare contro Marine Le Pen e a sostenere Emmanuel Macron, (un Macron favorevole all’eutanasia e oltre…) così come s’era fatto, invece, in occasione della precedente elezione presidenziale.

Un clima di tensione inconsueta e frenetica, dunque, con Macron che va nella tana del lupo di Saint Denis per falsificare la tesi di coloro che l’accusano di essere un signorino dei quartieri alti e che – ahimè – viene investito, sempre secondo Le Monde, dalle proteste dei giovani che non lo votano se non sono enaisti. Le Pen, dal canto suo, non dice una parola di politica internazionale e soprattutto sull’aggressione russa all’Ucraina e, di contro, parla sempre e soltanto dell’ aumento del costo della vita e delle difficoltà di un popolo minuto sempre più in preda a quella che è ormai – anche in Europa, in tutta l’Europa – un’ “economia della sopravvivenza”, come la definiscono –questa vita sociale liberista dispiegata – molti studi socio economici e antropologici nordamericani e inglesi, tutti a seguire quel grande libro premonitore di Pierre Bourdieu, La misere du monde ( del 1993…).

Sì, il clima, che fa temere il “se defaire” è la conseguenza della disgregazione politica e partitica che l’avvento della macroniana En Marche, ossia del “movimento personale quasi partito” a geometria variabile e a leadership immutabile nella cuspide, ma con altissima variazione di capi “in seconda” e di parlamentari ha di fatto ingenerato.

Il Partito Socialista è praticamente distrutto e il gaullismo storico si è diviso in mille rivalità, tra affascinati dalla luce al neon di Macron che attira le falene oppure da uno Zemmour che Bollorè ha creato da prestidigitatore per impedire a Marine di vincere e anche Macron di … “troppo vincere ” – come farà – con troppo vantaggio e solo grazie ai voti di un Mélenchon che rimane l’unica comunità concava, accogliente, per la multi religiosità e la multietnicità. Lo dimostra il radicamento del vecchio trozkista tra proletari e Lumpenproletariat mussulmani, cristiani, migranti e immigrati, ebrei come lo stesso Mélenchon e laici di quel repubblicanesimo massone à la Mitterand che sopravvive solo in Francia.

E qui sta il punto: vincerà Macron perché così deve essere. Non solo per sconfiggere Marine, ma perché è necessario per impedire che l’aggressione all’Ucraina diventi una sconfitta per tutta la Nato e tutta l’Ue. Ma la vittoria di Macron, ricordiamolo, avverrà in queste condizioni: con la guerra che è destinata a non finire presto e il rafforzamento militare e non tanto e soltanto l’”allargamento” della Nato ma il suo rafforzamento, destinando ingenti risorse economiche su quelle frontiere con i mari dai bassi fondali del Baltico dove non possono operare i sommergibili nucleari (!) e che seguirà all’adesione scandinava e finlandese.

Si sceglie in tal modo la centralità del Baltico e non, come si era cercato di promuovere alla fine degli anni Novanta del Novecento, quella del fianco Sud della Nato, del Grande Medio Oriente che si controlla dal Mediterraneo dai profondi fondali e da una serie di connessioni strategiche sino all’India e all’ Indo Pacifico. E qui una connessione con la Francia c’è se si pensa alla crisi dell’ex Africa francese sotto l’attacco fondamentalista islamico e l’aggressività russa e cinese in quelle terre. Si comprende, allora, che il “se defaire” di Fenoglio, un moto che diventerà famoso, è un disfarsi ben più ampio che ci attende, ben oltre ciò che avverrà nonostante la  vittoria auspicata e prevista di Macron.

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