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Macron, Le Pen e l’Occidente alle urne

Una campagna non priva di sorprese e più combattuta del previsto. Una posta in gioco senza precedenti. Domenica nelle urne francesi non si gioca solo la vittoria di Macron o Le Pen. Si decide il destino della Nato, dell’Ucraina e dell’Occidente. Il commento di Joseph La Palombara

Raramente le elezioni presidenziali francesi sono state tanto decisive come quelle in programma domani. In gioco non c’è solo un quinquennato all’Eliseo di Emmanuel Macron o Marine Le Pen. In gioco ci sono la Nato, il suo comando militare, l’Unione Europea e l’intera alleanza occidentale.

Al di là dei sondaggi, le elezioni saranno combattute. Se dovesse vincere Le Pen, il mondo intero sarebbe scosso da qualcosa di più grande, di più spaventoso di un terremoto. La candidata sovranista ha cercato di rinnegare e a tratti riscrivere il suo passato. Una missione resa assai ardua da un padre ingombrante, l’ex leader del Fronte nazionale Jean-Marie Le Pen. Un uomo che ha definito l’olocausto nelle camere a gas “un dettaglio” della Seconda guerra mondiale. Marine può nondimeno tirare un sospiro di sollievo perché oggi l’estrema destra francese è appannaggio di Eric Zemmour, un candidato che nelle prime fasi della campagna ha saputo superare in popolarità perfino Le Pen padre agli occhi dell’elettorato di destra.

L’amicizia e l’ammirazione tra Le Pen e Vladimir Putin non sono mai state in discussione. Marine ha visitato Mosca più di una volta negli ultimi anni. Ha plaudito all’invasione della Crimea. Putin stesso ha spiegato il suo aperto sostegno alla Le Pen, convinto che cinque anni fa sarebbe stata lei, e non Macron, a vincere le presidenziali. Se questo non bastasse per farsi un’idea, basti la foto che ritrae Le Pen con l’ex leader del Kgb, mano nella mano, a testimonianza imperitura della loro amicizia.

Sullo sfondo, riaffiora in queste ore il caso politico di un enorme prestito elargito alla campagna elettorale di Le Pen da parte di una banca russa. La candidata ha cercato, finora senza successo, di minimizzare la portata dell’aiuto finanziario russo. E ciononostante rimangono pochi dubbi sul fatto che Putin abbia approvato questo sostegno economico alla sua politica preferita a Parigi.

Macron da parte sua non è più un anonimo funzionario. Dopo cinque anni nel Palazzo dell’Eliseo ha dimostrato agli elettori di sapersi muovere con abilità su diversi dossier. Su altri un po’ meno. La promessa di alzare l’età pensionabile dagli attuali 62 anni a 65 anni non è andata bene, tanto da costringere Macron a ripiegare su un obiettivo meno ambizioso, 64. Un compromesso rischioso per un Paese, la Francia, per nulla entusiasta di cambiare lo status quo.

La proposta di Macron è tanto più rischiosa alla luce del rilancio che vive l’economia francese all’indomani delle chiusure e della fase dura della pandemia. Fatta salva l’inflazione, che rimane alta come in altri Paesi europei, l’economia sembra in via di guarigione. Anche per questo, la grande quantità di spesa pubblica che sottende il bilancio steso da Macron è un’incognita non priva di rischi politici.

Le Pen ha giocato finora le sue carte sulla partita economica. Si è opposta a qualsiasi imposizione di tasse regressive richieste da Bruxelles. Ma è da Bruxelles che deve arrivare un via libera per abolire queste misure fiscali: un’altra scusa per mettere benzina nel fuoco della Frexit, che al di là della retorica rimane parte integrante del Le Pen-pensiero. A giudicare dalle promesse elettorali, sia Macron che Le Pen si confermano grandi fan della spesa pubblica. Ma i piani di Marine farebbero levitare il debito pubblico del doppio rispetto a quelli del presidente uscente.

Ad ogni modo, è bene non sopravvalutare l’impatto dell’economia sulle intenzioni di voto di domenica. E sulle reali intenzioni dei candidati. Le Pen, come ricordato, ha messo in soffitta il precedente sostegno a favore della Frexit. Ma rimane ciononostante una convinta nemica dell’idea che la Francia resti un membro leale dell’Ue come della Nato. Una presidenza Le Pen farebbe sì che la Nato non possa più contare su un comando strategico veramente unito. La leader del Rassemblement National si è apertamente opposta a questa idea e in questi due mesi ha più volte criticato gli sforzi di Joe Biden per opporre a Putin un fronte occidentale unito.

Il crinale ucraino è fondamentale per capire la portata di questo voto. A differenza di Macron, Le Pen si è limitata a una timida presa di distanza dall’invasione russa. Ma non ha mai perso occasione di bacchettare l’Occidente sulla necessità di mantenere la Russia in un alveo europeo.

È chiaro allora cosa ci sia davvero in gioco nelle urne francesi. Con una vittoria di Le Pen il primato della leadership americana nella Nato sarebbe messo in discussione. L’ombra della Frexit riprenderebbe forma. L’unità europea sulle sanzioni più dure da imporre alla Russia per i crimini in Ucraina potrebbe spezzarsi.

Macron, con tutti i limiti del caso, rappresenta una Nuova Francia. Una nazione pronta a fare i conti con i problemi del presente e non del passato. Rappresenta soprattutto l’Occidente. E un argine per evitare che questa grande nazione europea si avvii su un percorso incerto e pericoloso.


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