L’articolo di Luigi Paganetto, “Nulla sarà più come prima” ha innescato un dibattito su come dovranno cambiare, in brevissimo tempo, le politiche economiche europee. L’economista Pasquale Persico si interroga sulle nuove teorie riguardo la ri-globalizzazione che rimettono al centro il tema dei confini tra le nazioni e la revisione del modello aperto degli scambi collaborativi, culturali ed economici
L’articolo di Luigi Paganetto: “Nulla sarà come prima. L’Europa è pronta?”
L’articolo di Michele Bagella: “Come l’Occidente può vincere la guerra economica”
L’articolo di Maurizio Melani: “Game changers e nuove politiche europee”
L’articolo di Rocco Cangelosi: Ridisegnare una mappa della sicurezza europea non sarà facile
Per molti le due parole multilateralismo e globalizzazione sono le parole che portano a un futuro dove lo spazio per le istituzioni internazionali, tipo G20, Onu, Nato e tante altre possono trasformare la realtà in difficoltà in una occasione ancora da perseguire. Le pulsioni aggressive degli Stati infatti tornano in campo e nascono teorie economiche di riforma intorno alla parola ri-globalizzazione selettiva, che però oggi sta portando il mondo indietro. Lo stesso Biden che sta mettendo in discussione il vecchio ordine delle istituzioni liberali orientate dalla globalizzazione a trovare nuove visioni del pluralismo delle nazioni.
A mio avviso le nuove teorie sulla ri-globalizzazione rimettono al centro il tema dei confini tra le nazioni e la revisione del modello aperto degli scambi collaborativi, culturali ed economici. La cultura politica da rinnovare passa per l’acquisizione di pratiche del confronto che non possono camminare solo sul modello delle nuove catene del valore, da accorciare fino a parlare di autonomia energetica, autonomia alimentare e di difesa della nazione da garantire con nuove alleanze parziali o territoriali.
Certo c’è la difficoltà di riformare le istituzioni cooperative tra stati disposti a cedere sovranità; oggi il clima si è nuovamente capovolto, e non basta il modello Ue dove si alternano continuamente gli sforzi della presidente della Commissione e il presidente della Conferenza degli Stati a rotazione. Il risorgere dello stato nazionale nella egemonia dell’uso delle risorse pubbliche auspicato, ha il pericolo che si è già manifestato con Putin: la visione politica senza visone culturale della prospettiva futura in termini di cooperazione tra Stati porta a far prevalere la visione delle classi al potere o dell’autocrate di turno.
E allora? Allora trascurare il grido del Papa ad abbandonare la cultura della non conoscenza della storia, ci porta a far avanzare gli spiriti animali che fanno diminuire il furore per la conoscenza della conoscenza di cui abbiamo ancora bisogno. Non rinunciamo al potenziale del multilateralismo verso il progresso e all’affermazione della nuova civiltà plurale poggiata sulla possibilità di una globalizzazione ancora aperta e poggiata su un salto culturale globale ancora da fare, ma presente negli appelli disperati del popolo ucraino e della sua cultura millenaria.