In questa quarta parte della serie “La nuova cortina di ferro”, Soldatov e Borogan (senior fellow di Cepa e cofondatori di Argentura.ru) riepilogano le mosse del Cremlino per escludere i russi dal flusso di informazioni non allineate
Questa serie racconta gli albori e lo sviluppo della censura digitale russa. Leggi la prima, la seconda e la terza parte de “La nuova cortina di ferro”.
A Mosca, l’ente regolatore di internet – Roskomnadzor – ha un ufficio di controllo centrale a Derbenevskaya Embankment 7. È un edificio ristrutturato del XIX secolo, di mattoni rossi. Viene chiamato il Centro per il monitoraggio e il controllo delle reti pubbliche di comunicazione e conta uno staff di 70 persone. Sergey Khutortsev, un ex ufficiale dei servizi di sicurezza russi, è il direttore.
Tempo fa, Rozkomnadzor richiese ai fornitori di servizi internet (Isp) di installare dei filtri per bloccare i siti web proibiti, cosa che hanno fatto. Un’organizzazione russa sostituì i registrar di internet, assumendo il controllo sulla registrazione di domini e su chi può ospitare un sito web. Da allora un sistema di nomi di dominio russo (Nsdi) ha assunto le funzioni del Domain Name System (Dns) globale,; gli Isp russi sono tenuti a fornire dati sui trasferimenti di dati transfrontalieri e sui punti di scambio.
La tecnologia straniera ha aiutato a costruire questo sistema. Il centro di monitoraggio di Rozkomnadzor si basa su 30 server forniti dalla cinese Lenovo e altri 30 dalla società statunitense Super Micro Computer Corp. In tutto il Paese, Roskomnadzor ha fornito agli Isp la Intrusive Deep Packet Inspection, equipaggiamento di controllo fornito dalla ditta israeliana Silicom Ltd. L’azienda ha venduto i dispositivi a RDP.ru, a sua volta parte di Rostelecom, la quale, sotto gli ordini del centro di censura di Rozkomnadzor, ha distribuito la tecnologia.
La maggior parte degli strumenti di ispezione digitale guarda le “intestazioni” di un pacchetto di dati – dove sta andando e da dove viene. L’Intrusive Deep Packet Inspection, una tecnologia occidentale, filtra la totalità del traffico internet. Permette ai fornitori di rete di sbirciare nei pacchetti digitali del messaggio, leggendo dettagli come il sito web che un utente sta visitando o il contenuto dei messaggi non criptati. “Si apre la busta, piuttosto che leggere solo l’indirizzo su una lettera”, spiega un ingegnere che si occupa di Deep Packet Inspection.
Il centro di censura di Roskomnadzor non controlla solo il traffico. Sopprime interi siti web – in una particolare regione o in tutto il Paese. Dall’inizio del 2021, Roskomnadzor ha chiesto che i fornitori di servizi internet passino al Nsdi nazionali in sostituzione del Dns globale. Alla fine del 2021, il sistema controllava il 73% del traffico internet complessivo e il 100% del traffico di telefonia mobile del paese.
Nel giugno 2021, Roskomnadzor ha iniziato a bloccare i servizi Vpn che eludono le restrizioni locali. Opera Vpn, un servizio importante, ha cessato di funzionare, e la società ha smesso di fornire il servizio in Russia. Nei mesi successivi, l’ente ha bloccato altri sei servizi Vpn.
Roskomnadzor si è anche mosso per sopprimere Tor – un software di crittografia che permette agli utenti di aggirare le restrizioni web imposte localmente e mantenere le loro ricerche private. Si stima che 300.000 russi – circa il 15% degli utenti Tor in tutto il mondo – dipendano dal software. L’ente ha annunciato il blocco in una dichiarazione circa “l’introduzione della gestione centralizzata in relazione ai mezzi per aggirare la restrizione delle informazioni vietate dalla legge”.
Per i censori russi, Tor rappresenta un simbolo potente. Mentre la maggior parte delle tecnologie progettate per evitare la censura erano strumenti commerciali, Tor era un progetto politico, sviluppato a metà degli anni ’90 presso il Naval Research Laboratory degli Stati Uniti. A metà degli anni 2000 l’esercito statunitense ha rilasciato il codice di Tor, e la ong Electronic Frontier Foundation ha finanziato gli sviluppatori per continuare il progetto. Ma il Cremlino ha percepito Tor come una tecnologia sviluppata e mantenuta da paesi democratici per aiutare gli attivisti.
A lungo è parso che Tor fosse un software inaffondabile, anche in Russia. Già nel 2014, Mosca ha sfidato il servizio, offrendo 3,9 milioni di rubli (86.000 dollari) per la ricerca sul cracking del software. Lo sforzo è fallito. Ma la Deep Packet Inspection ha superato le formidabili difese di Tor. Con la nuova cortina di internet nazionale sul posto, la Russia era pronta per una resa dei conti con i titani della tecnologia della Silicon Valley.
L’articolo originale in lingua inglese è apparso sul sito del Center for European Policy Analysis (CEPA) con il titolo “The New Iron Curtain Part 4: Russia’s Sovereign Internet Takes Root”.
Andrei Soldatov è nonresident senior fellow del CEPA, un giornalista investigativo russo, ed è cofondatore ed editore di Agentura.ru, un osservatorio sulle attività dei servizi segreti russi. Si occupa di servizi di sicurezza e terrorismo dal 1999.
Irina Borogan è nonresident senior fellow del CEPA, una giornalista investigativa russa, ed è cofondatrice e vicedirettrice di Agentura.ru.