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Nutri-score, le filiere contro l’algoritmo della patatina fritta

Il confronto sul Nutri-score è tra la Scienza, quella vera, e gli interessi particolari, rispetto al futuro del settore agroalimentare e alla salute dei consumatori di tutto il continente. Ecco il parere di Luciano Stella, fondatore della No-Nutriscore Alliance, e degli europarlamentari Marco Campomenosi, Paolo De Castro e Carlo Fidanza

Nell’autunno 2022, la Commissione Europea dovrebbe presentare una proposta legislativa, volta all’introduzione di un formato di etichettatura armonizzato in tutto il mercato unico.

Il sistema più controverso, attualmente in discussione, è quello del Nutri-score, ideato da un nutrizionista francese nel 2014, contro il quale numerosi movimenti stanno ormai crescendo sempre più in quasi tutti gli Stati Membri, Francia compresa.

Tra queste voci, una delle più attive è senz’altro quella della No-Nutriscore Alliance, un’associazione spontanea nata da privati cittadini provenienti da tutta Europa, che si batte con vigore a livello comunitario contro l’introduzione di questo algoritmo discriminatorio e scorretto.

Al contrario di quanto sostenuto da molti media o nel corso di alcune tavole rotonde, questa battaglia non contrappone l’Italia alla Francia o ad altri Paesi comunitari, bensì le filiere produttive rispettose delle materie prime e dell’origine dei loro ingredienti, contro talune multinazionali e catene di grande distribuzione, che agiscono principalmente per favorire i propri prodotti artefatti.

È difatti, al momento, da alcuni di essi e da una certa industria alimentare – e non dai Paesi Membri – che viene promossa l’applicazione di questo algoritmo malsano, in chiave transnazionale e solo su base volontaria, in determinate nazioni.

“A Bruxelles, dove vivo, il Nutri-score è ormai divenuto a tutti gli effetti uno strumento di marketing per la grande distribuzione, che applica promozioni e sconti sugli alimenti marchiati con le lettere A o B, i quali il più delle volte sono monomarca di proprietà dei supermercati stessi”, afferma Luciano Stella, fondatore della No-Nutriscore Alliance.

Accade infatti, sempre più spesso, che sugli scaffali compaiano prodotti con ricette riformulate dal comparto industriale o ancor più dai market medesimi, che lavorano sull’eliminazione degli ingredienti punibili dal Nutriscore – quali i sali o gli zuccheri, per dire – per poi utilizzare come surrogati degli additivi artificiali di vario genere, dagli edulcoranti ai conservanti (a netto vantaggio delle aziende produttrici di tali ingredienti, posizionate principalmente nel nord Europa).

In tal modo, in base al limitatissimo algoritmo su cui è costruito il Nutri-score, le ricette rielaborate con questi additivi vengono premiate dal suddetto sistema di etichettatura, mentre i prodotti naturali, al contrario, tra cui molti di origine protetta e controllata, finiscono invece con l’essere fortemente penalizzati, nonostante i loro valori nutritivi complessivi e la loro qualità certificata.

Lo scopo del Nutri-score, in teoria, dovrebbe essere quello di fungere da guida intuitiva per il consumatore, capace così di orientarsi agilmente nel momento della scelta e dell’acquisto di un determinato alimento.

Basandosi su di una scala alfa-cromatica, che prende in considerazione i 100 gr o i 100 ml dell’alimento, analizzando appunto esclusivamente parametri quali l’energia, i sali, gli zuccheri e i grassi saturi, dovrebbero in effetti essere consigliati solo gli alimenti migliori per la nostra salute.

Nella realtà, però, non va affatto così.

Il Nesquik, una bevanda artificiale per bambini, gode di una A verde e, in altre variazioni, di una B verde chiaro.

Ci sono bibite gassate ricche di dolcificanti che si fregiano a loro volta di una A verde.

E le patatine fritte surgelate, secondo voi?

Un’altra, scintillante, A verde.

Sfruttando, come stratagemma, il fatto che le calorie dell’alimento surgelato siano nettamente inferiori a quelle effettive, una volta poi fritto nell’olio.

Controllate per credere.

All’opposto, il Roquefort e il Parmigiano-Reggiano, per citare solo un paio di eccellenti prodotti DOP, rientrano nella pericolosa categoria marchiata con una E rossa.

Stessa cosa per il noto Jamon iberico e per il delizioso Comté francese.

L’olio extra-vergine d’oliva si posiziona in bilico tra una C gialla e una D arancione (come il ketchup, per intenderci).

E potremmo continuare.

Nel mentre, le distorsioni non mancano: 500 grammi di pasta ottengono a loro volta una A verde, con una valutazione positiva quindi di un quantitativo di prodotto che farebbe inorridire qualsiasi bravo nutrizionista, a evidente riprova del fatto che la volontà di contrastare un formato di etichetta così assurdo e discriminatorio non sia un interesse solamente del comparto italiano – i cui marchi del settore certo trarrebbero beneficio da questo giudizio – ma di tutti gli Stati Membri europei.

E insomma: meglio consumare mezzo chilo di pasta che un etto di prosciutto di Parma oppure una mozzarella – anche light – campana, con buona pace dei dietologi di mezzo mondo.

Le contraddizioni e i difetti del Nutri-score suscitano inoltre forti perplessità pure tra i numerosi eurodeputati italiani, presenti a Bruxelles: “Gli effetti fuorvianti del Nutri-score sono purtroppo noti a chi come me lavora a Bruxelles, dove il sistema a semaforo è già presente. In Belgio, infatti, i grandi produttori – giocando su un algoritmo che tiene conto solo di determinati nutrienti – riescono ad ottenere un semaforo verde su prodotti trasformati che nulla hanno a che vedere con una dieta salubre. La Lega auspica che la Commissione Europea non porti avanti questo progetto e si limiti a promuovere un’indicazione chiara al consumatore circa l’assunzione bilanciata di tutti gli alimenti senza discriminare prodotti tradizionali e del nostro saper fare. Spero che il Governo italiano non accetti soluzioni di compromesso lontane dall’essere accettabili per la tutela dei prodotti di eccellenza. Al riguardo, l’attività della No-Nutriscore Alliance è indispensabile, non solo per l’Italia, ma per il benessere dei cittadini europei”, spiega il Capodelegazione della Lega al Parlamento Europeo, Marco Campomenosi.

“I sistemi di etichettatura nutrizionale dovrebbero aiutare i consumatori a fare scelte più informate e corrette, contrastando le malattie legate all’alimentazione – aggiunge Paolo De Castro, del Partito Democratico e già ministro delle Politiche Agricole – ma questo non è l’obiettivo del Nutri-score che, al contrario, condiziona le scelte dei nostri cittadini con una valutazione generica, senza alcuna informazione esaustiva e specifica sui nutrienti. Come se non bastasse, tale sistema di etichettatura può rivelarsi un potente strumento nelle mani di poche aziende, che potranno dirottare le nostre abitudini alimentari e, così facendo, controllare enormi flussi commerciali. L’Europa non può diventare vittima degli interessi di pochi: per questo è arrivato il momento di mostrare un gioco di squadra a 360 gradi che, grazie al coordinamento della No-Nutriscore Alliance, coinvolga dai produttori agli attori istituzionali per spiegare le ragioni scientifiche e tecniche per cui il Nutri-score è un sistema sbagliato, capace di mettere a rischio la qualità del Made in Italy agroalimentare”.

«Questo sistema risponde a precisi interessi economici e non a evidenze scientifiche. Serve la massima coesione nazionale per difendere le nostre eccellenze», chiosa in ultimo Carlo Fidanza, europarlamentare di Fratelli d’Italia.

Il Nutri-score, dunque, inganna il consumatore europeo sconsigliando caldamente l’utilizzo di alcuni alimenti il più delle volte tradizionali o di elevata qualità – che quasi mai verrebbero utilizzati in dosi così spropositate – promuovendone all’inverso altri fittizi e artificiosi, creati ad arte da determinate multinazionali e catene di grande distribuzione, che vengono raccomandati come salutari.

Influenzando il consumatore, sviandolo e ingannandolo, invece di educarlo e di informarlo a dovere, come richiederebbe la Commissione Europea e, ancor più, il buon senso di tutti noi.

Si tratta di una discussione, in fin dei conti, che riguarda invero la difesa non soltanto del Made in Italy, ma dei prodotti naturali europei nel loro insieme e di tutto ciò che sia in grado di plasmare uno stile di vita bilanciato e corretto.

Concludendo, il confronto sul Nutri-score è tra la Scienza, quella vera, e gli interessi particolari, rispetto al futuro del settore agroalimentare e alla salute dei consumatori di tutto il continente.

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