Al seminario organizzato dalla Scuola politica Vivere nella comunità, moderati da Paolo Boccardelli, il professore Sabino Cassese e l’ambasciatore Giampiero Massolo hanno animato un dibattito sul conflitto tra Russia e Ucraina sotto il profilo del diritto e delle relazioni internazionali. Il ruolo dell’Italia e del nuovo ordine di sicurezza europeo
Come cambia l’ordinamento internazionale dopo (e anche durante) la guerra in Ucraina? Ne hanno discusso il professor Sabino Cassese e l’ambasciatore Giampiero Massolo all’incontro della Scuola politica Vivere nella comunità, moderati da Paolo Boccardelli, direttore della Luiss business school.
Per Cassese, siamo di fronte a tre problemi che rendono il conflitto più complesso di altri: la Russia è una potenza nucleare; è uno Stato autocratico senza organismi di controllo, dei tribunali indipendenti, né libera partecipazione popolare alle decisioni pubbliche; è uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza Onu e dunque ha potere di veto sulle risoluzioni che potrebbero far scattare una difesa collettiva dell’Ucraina.
Per questo, pur essendoci molte istituzioni coinvolte, dall’Osce al Consiglio d’Europa, dalla Corte internazionale di giustizia alla Corte penale internazionale, queste non hanno i “denti”, non riescono a incidere concretamente per fermare l’aggressione russa.
Le sanzioni dal commercio alla guerra
“Anche le sanzioni – che si ispirano al sistema regolamentato dall’Organizzazione mondiale del commercio, le cosiddette retaliatory measures – non hanno un risultato garantito. In Europa sono state adottate sulla base di un regolamento del 2014 che consente di colpire istituzioni, persone e beni. Leggendo la Gazzetta ufficiale dell’Ue, si capisce che vengono decise con grande precisione e cura, documentando i legami con il regime di Putin di tutti i soggetti coinvolti. Ma il fatto di essere adottate senza un processo le espone a ricorsi, come quello che un oligarca ha presentato alla Corte di giustizia del Lussemburgo e che potrebbe anche vincere”.
Peraltro non è chiaro come debbano essere considerate in Italia, dove non esiste il concetto dell’asset freeze, il congelamento dei beni. Il nostro ordinamento prevede sequestro e confisca. E se vanno considerati sequestri, come sostiene Cassese, si apre la questione di chi è responsabile del bene sottratto agli oligarchi o alle loro società, e di come vada gestito.
Fornire armi all’Ucraina è compatibile con la nostra Costituzione
Parlando di un altro “istituto” controverso, il trasferimento a titolo gratuito delle armi all’esercito ucraino è compatibile con la nostra Costituzione? Molti citano impropriamente l’articolo 11, l’Italia ripudia la guerra, ma si fermano troppo presto nella lettura. Per il giurista non c’è dubbio su questa legittimità: l’Italia aderisce alle organizzazioni internazionali “che assicurano pace e giustizia” come le Nazioni Unite, la cui carta all’articolo 51 sancisce il diritto di difesa degli Stati aggrediti. Consentendo dunque che Stati non belligeranti forniscano strumenti in un conflitto.
Esportare la democrazia o limitarsi a impedire l’anarchia?
Cassese cita poi l’articolo di Robert Skidelsky, storico, economista e biografo di Keynes, sulla “falsa promessa della pace democratica”. Sostiene che è più importante, per assicurare la pace, “che non ci sia anarchia internazionale, piuttosto che assicurarsi (come molti in Occidente credono) di avere dei vicini democratici, perché meno orientati alla guerra. Secondo Skidelsky, l’esportazione della democrazia ha portato molti danni e non è basata sulla storia, oltre a costare molto in termini umani, militari ed economici”.
E in effetti un’anticipazione di quello che è successo si ritrova nel discorso di Putin per i 70 anni delle Nazioni Unite, nel 2015. Che era un inno alla Carta dell’Onu ma solo alla parte che interessava a lui, ovvero il principio dell’autodeterminazione dei popoli. Per il presidente russo, bisognava opporsi all’esportazione delle cosiddette rivoluzioni democratiche. Conclude Cassese: “Su questo pianeta siamo oltre otto miliardi e più della metà vive in ordinamenti non democratici. Come si fanno a sviluppare organizzazioni internazionali e di cooperazione se alla base non c’è un insieme di principi comuni. Se mancano le basi, libertà di espressione, associazione, riunione ed elezioni ripetute, è difficile creare un ente sopranazionale. Si può lavorare di bisturi ripensando alla Carta Onu e al Consiglio di Sicurezza. Ma la situazione non è buona…”.
Massolo e l’umiliazione della Guerra fredda
Quando prende la parola Giampiero Massolo, presidente dell’Ispi, già segretario generale della Farnesina e capo del Dis, inizia spiegando come la Russia avesse come obiettivo innanzitutto sconvolgere l’equilibrio globale che andava verso un bipolarismo Usa-Cina, costringendo il mondo a fare i conti con essa. Mosca non era più una grande potenza, né militare né politica, né capace di influire sull’agenda globale. Quello che le resta è il fattore ricatto: le testate nucleari e la capacità di paralizzare l’Onu, come ha ricordato Cassese. Putin entra a piedi uniti sulla cartina perché vive male gli anni dalla caduta del Muro a oggi, vuole riparare l’umiliazione della Guerra Fredda e vive come minaccia le libere scelte di governi eletti intorno a lui. Così ammassa soldati al confine con l’Ucraina, pone delle condizioni manifestamente inaccettabili e coglie il pretesto per invadere. Cosa che da parte occidentale – a parte Cia e servizi britannici – sembrava inconcepibile.
Si considerava la Russia non più un nemico credibile ma un avversario credibile – spiega Massolo – che si poteva blandire ingaggiandolo su qualche dossier come Siria, Libia, cambiamento climatico, solo per impedire che si schierasse e compattasse la “lega degli autocrati”, con la Cina in testa, cosa che invece potrebbe succedere ora.
I quattro livelli del conflitto: partire dal terreno
Massolo poi spiega che la prospettiva ucraina “va vista su quattro livelli: 1. il terreno; 2. l’arrivo a una forma di assestamento della crisi; 3. il modo in cui si arriverà a questo assestamento e gli effetti sul futuro (e auspicabile) ordine di sicurezza in Europa; 4. la rimodulazione dell’ordine complessivo mondiale, ammesso che di ordine si possa tornare a parlare”.
Guardando al terreno, oggi, una soluzione non c’è. È vero che la Russia è in difficoltà e ha scalato al ribasso i suoi obiettivi, ma Putin non può lasciare il campo ora. Ha bisogno di qualcosa da vendere alla propria opinione pubblica. C’è chi dice che lui non sappia (o non gli venga detto) come sta andando la guerra, ma Massolo non ci crede. E in ogni caso Putin non si fermerà finché nel conflitto non arriva a un punto da lui considerato desiderabile.
“Gli ucraini sono tosti e hanno tutto il diritto di difendersi e di chiedere ai Paesi amici di aiutarli a farlo. E finché non riterranno, non dico di ricacciare i russi a casa loro (vasto programma) ma di limitarne seriamente l’espansione, beh, lo faranno. In questo sono fondamentali le forniture di armi e le sanzioni, e di distinguo tra offensive e difensive non vogliono dire niente. Il terreno conta ed è determinante. Nei primi giorni si è combattuto in spazi angusti e nelle città, ora nel Sud-est delle pianure c’è bisogno di armi a penetrazione più lunga, per questo vengono fornite”
Il negoziato impossibile
Sul negoziato, ora non sembra possibile. Quello che vediamo è il negoziato sul negoziato: quali saranno le potenze garanti, come gestire eventuali neutralità, il futuro di Donbas e Crimea, che fine farà il folle proposito della “denazificazione”. “Siamo nel campo dei buoni uffici, neanche della mediazione”.
L’ordine di sicurezza europeo
L’unica regola di ingaggio finora riconosciuta è che non ci deve essere confronto diretto tra Russia e Nato, perché farebbe scattare la Terza guerra mondiale. Però questo porta il rischio di un congelamento del conflitto. Da capire fino a che punto, se saranno coinvolte la Crimea e la Transnistria, ma tutto fa pensare a una cristallizzazione della guerra. “Che spingerà sull’ordine di sicurezza europeo: continueranno le sanzioni e si andrà verso un negoziato infinito, fatto di trattative su se e come ridurle e in cambio di cosa. Ma non si farà un negoziato su truppe, uso di nucleare cosiddetto ‘intermedio o sulle esercitazioni, e l’ordine di sicurezza europeo rischia di restare paralizzato e indefinito”.
L’ordine globale: un “resto del mondo” a geometria variabile
Massolo passa ad analizzare l’ordine mondiale e i soggetti che restano fuori dagli schieramenti Russia-fronte occidentale. Si tratta dei 2/3 della popolazione mondiale, un “resto” decisamente importante. “La Cina è disturbata nell’immediato da prezzi dell’energia che si impennano e dall’instabilità politica che porta instabilità commerciale. Però è tentata dall’avere un fornitore di materie prime a basso costo alleato nella futura lega delle autocrazie. C’è l’India, con l’interesse assoluto di contrapporsi alla Cina (anche perché c’è il Pakistan di mezzo). Ma pur essendo la più grande e popolosa democrazia del mondo, alleata con gli Stati Uniti, non si esclude da quel “resto” che quasi per definizione è ostile all’Occidente. E che sarà costituito da Stati a geometria variabile che si allineeranno seguendo interessi comuni più o meno occasionali”.
L’Italia e la sua collocazione internazionale
Sul fronte europeo, anche se l’Ue non ha la prospettiva concreta di diventare (davvero) autonoma strategicamente, deve coltivare alcuni presupposti che la trasformino da ventre molle a ventre forte che possa prendere posizioni che non necessariamente cercano una “consonanza”. “Proprio in questa fase per noi è un esercizio di consapevolezza ritrovare una bipartisanship non tanto sull’interesse nazionale ma sulla collocazione internazionale del paese. Non è più possibile che uno schieramento neghi legittimità all’altro sulla base della collocazione geopolitica, perché vuol dire minare le basi dello Stato. Il tutto parte dall’esercizio della consapevolezza: quando stasera torniamo a casa e giriamo la chiave nella serratura, il fatto che di sentirci sicuri nella nostra casa dipende anche da quello che succede molto lontano da qui”.
Al seminario, oltre agli studenti della Scuola politica guidata dal professor Marcello Presicci (Luiss) e Massimo Lapucci (fondazione Crt), hanno partecipato i membri del supervisory board, fra cui Giulio Anselmi (Ansa), Stefano Lucchini (Banca Intesa Sanpaolo), Maurizio Basile (Cassa Depositi e Prestiti), Magda Bianco (Banca d’Italia), Bianca Maria Farina (Poste Italiane), Francesca di Carrobio (Hermès), Andrea Abodi (Istituto di Credito Sportivo), gli accademici Bernardo Giorgio Mattarella, Luisa Torchia e Nicola Lupo.