Skip to main content

L’orrore di Bucha, il papa a Kiev e l’oblio dei migranti. Parla Impagliazzo

Una visita di Bergoglio a Kiev potrebbe essere rischiosa, ma la Santa Sede sa come muoversi. C’è però un divario tra la voce del Papa e quelle delle Conferenze episcopali nazionali. Conversazione di Formiche.net con il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo. “C’è un’escalation di violenze, e l’unica cosa è fermare la guerra in ogni modo. Perché è sempre un’avventura senza ritorno”

I drammatici fatti di Bucha interrogano l’Occidente. Immagini dell’orrore, cinquantasette corpi trovati in una fossa comune. Si parla di crimini di guerra, e l’Unione Europea ha annunciato nuove sanzioni. “Sono fatti drammatici e terribili, la scoperta di queste fosse comuni e di questi morti legati per strada è una delle tragiche conseguenze della guerra, come di ogni guerra. Perché bisogna ricordare che la maggior parte delle vittime delle guerre sono i civili”, spiega a Formiche.net il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo. “C’è un’escalation di violenze, e l’unica cosa è fermare la guerra in ogni modo. Particolarmente importante è insistere sulle trattative tra i due contendenti. Io guardo con fiducia a ciò che sta accadendo in Turchia, e al ruolo della diplomazia turca. Ma ci appigliamo a qualsiasi tentativo, perché l’unica questione, come dice il papa, è fermare la guerra, che vuol dire sempre distruzioni e morte. Naturalmente con i mezzi che ci danno la diplomazia, le relazioni internazionali e il diritto internazionale”.

La Chiesa sta lavorando e pregando intensamente per la pace fin dal primo giorno dello scoppio del conflitto. Francesco potrebbe incontrare già entro l’estate il Patriarca Kirill, dopo la prima storica riunione a Cuba nel 2016. Anche stamattina, nel corso dell’omelia della Messa celebrata nel piazzale di Granai a Floriana, fuori le mura de La Valletta a Malta, Bergoglio ha avvisato i cristiani dal rischio di “innalzare vessilli con la croce. Difficile non vederci un richiamo indiretto alle parole del primate russo a pochi giorni dallo scoppio del conflitto, che hanno sconvolto e allarmato molti, compreso il pontefice.

LE DIFFERENZE TRA LA VOCE DELLA SANTA SEDE E QUELLA DEGLI EPISCOPATI NAZIONALI

“Il Papa e la Santa Sede, con i suoi appelli per la pace ha espresso una condanna inequivocabile della guerra mentre le Conferenze episcopali nazionali e dei vescovi, a livello europeo, hanno avuto poche parole. E’ importante, soprattutto in un momento storico come questo, che la Chiesa si mobiliti tutta dietro il papa, mettendo da parte tanti piccoli o grandi problemi. Occorre che sia chiaro quanto la guerra sia il male assoluto”. Qui il discorso del presidente della comunità trasteverina si fa polemico. D’altronde, è un dato di cronaca l’acceso dibattito dei vescovi tedeschi ed europei sul tema, ad esempio, dell’omosessualità, che stona con le logoranti immagini che fanno irruzione ogni sera nelle case delle famiglie europee, che passando dalla porta dei telegiornali mostrano morte, distruzione e sofferenza. “C’è troppo silenzio da parte di certi episcopati”, chiosa Impagliazzo. Soltanto ieri durante il tragitto verso Malta papa Francesco ha letteralmente spiazzato tutti, confidando che è “allo studio” una sua prossima visita a Kiev che fino a poche ore prima si pensava impensabile, fuori da ogni programma.

Bergoglio però, come noto, è non poco avvezzo ai “fuoriprogramma”. “Dobbiamo sperare che la Santa Sede stia avviando qualche iniziativa di cui non siamo a conoscenza, perché naturalmente tutto sarà riservato”, commenta Impagliazzo. “Una visita del papa a Kiev potrebbe essere un’opzione, anche se oggi la vera opzione è quella di mettere i due contendenti attorno a un tavolo, e il papa ha già mostrato tanta solidarietà verso la popolazione ucraina. Non è detto che serva aggiungere una visita a Kiev, che sarebbe una visita al Presidente e alla comunità, ma le parole del papa e la sua azione sono talmente forti che, a mio avviso, non cambierebbe molto”. Rischierebbe di essere una visita divisiva, rischiando cioè di complicare le trattative e di creare malumori a Mosca? “Il papa va per la gente, penso che la Santa Sede stia calcolando i rischi politici e diplomatici di una visita del papa”, risponde Impagliazzo. “Quando il papa dice che è allo studio vuol dire che non è decisa. La stampa italiana ha detto che il papa va a Kiev, io direi che si sta studiando l’eventualità, ma non si è ancora deciso nulla”.

L’APPELLO DEL PAPA A MALTA PER I MIGRANTI E LE GUERRE DIMENTICATE

Nella sua visita a Malta, Bergoglio ha messo al centro il tema dei migranti, e la Comunità di Sant’Egidio proprio oggi ha lanciato un appello in cui invoca maggiore attenzione alle politiche sull’immigrazione, dopo le tragedie che nelle ultime ore hanno ripreso il via nel Mediterraneo centrale, in cui più di 90 persone hanno perso la vita in acque internazionali nel naufragio di un barcone sovraffollato partito dalla Libia. Ci sono, in sostanza, guerre e tragedie dimenticate dai riflettori dei media? “La visita del papa è purtroppo coincisa con l’ennesimo naufragio mediterraneo, e il suo grido di dolore insieme a quello di tante organizzazioni che lavorano con i migranti è sempre più forte. Ma d’altronde se non si interrompe questo sistema della illegalità a cui sono costretti a ricorrere i migranti, quindi a essere preda dei trafficanti di esseri umani, e finché l’Europa non apre vie legali per l’immigrazione, queste tragedie continueranno ad esserci”.

Quindi, conclude lo storico, “il problema è un altro, e l’esperienza ucraina ci può insegnare proprio questo: come è stato possibile immaginare giustamente questa grande solidarietà europea verso gli ucraini, che è giusto che sia così, dimenticandosi che ci sono popoli che fuggono da altre guerre, magari più lontane, ma che portano a vivere la stessa situazione degli ucraini?”. “Bisogna cambiare il sistema e aprire vie legali, che fossero l’allargamento delle quote dei vari Paesi europei, l’apertura di nuovi corridoi umanitari, la facilitazione dei ricongiungimenti familiari. Ma anche il cambiamento delle regole di Dublino, che impongono un peso eccessivo sulle spalle dei Paesi di frontiera, come l’Italia. Tutto questo si può fare, ma il problema non è riformare Dublino, che per le regole europee non si riuscirà mai a farlo. Il problema è di superare Dublino, e fare un altro tipo di accordo. Altrimenti staremmo qui vent’anni a discuterne senza trovare una soluzione”.

IL RISCHIO UCRAINO E LA PREOCCUPAZIONE DI IMPAGLIAZZO PER L’ESCALATION VERBALE 

Lo stato d’animo che trapela dalle parole del professor Impagliazzo, nel parlare di Ucraina, è a dir poco concitato. “Questa guerra mi preoccupa tantissimo”, ammette. “È una guerra in cui per la prima volta dal ’45 a oggi è protagonista una potenza nucleare, e questo è un fatto totalmente inedito nel nostro mondo da allora. È ‘un’avventura senza ritorno’, per lasciare parlare il grande santo Giovanni Paolo II, e immaginiamoci cosa voglia dire”. Giovanni Paolo II che tra l’altro è tornato alle cronache non solo per l’anniversario dei diciassette anni dalla sua morte, ma anche e soprattutto per la citazione di Joe Biden in Polonia delle parole simbolo del suo Pontificato, quel ricordo del suo “Aprite le porte a Cristo” che ha fatto arrabbiare più di una persona, tra cui il teologo Pino Lorizio su Famiglia Cristiana o il gesuita direttore della Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, che ha twittato al vetriolo a proposito delle parole del presidente dem.

“Un uso veramente sbagliato delle parole del papa che erano di tutt’altro sentire, che erano parole spirituali che invitavano ad aprire il cuore al Vangelo, all’incontro e alla convivenza tra i popoli, e non c’entrava nulla con il contesto in cui le ha pronunciate il presidente Biden”. C’è in sostanza un uso delle parole che di giorno in giorno sembrano farsi sempre più aspre, in un’escalation verbale preoccupante. Il ministro degli esteri ucraino ha sostenuto che la Russia sarebbe “peggio dell’Isis”, e il premier Zelensky ha accusato di Mosca di stare commettendo un “genocidio” in Ucraina. Dal punto di vista dello storico, è la domanda rivolto al professore, pensa sia lecito utilizzare questo termine? “La parola genocidio è una parola molto pesante e preoccupante, che ha avuto una sua elaborazione dopo la Seconda guerra mondiale fino all’adozione da parte dell’Onu, ma aspetterei a usarla”.



×

Iscriviti alla newsletter