Dal prossimo maggio è probabile che la sigla e il marchio di fabbrica della politica monetaria Usa sarà il QT (Quantitative Tightening), ossia misure “non convenzionali” per restringere gradualmente l’offerta di moneta di fronte all’impennata di inflazione. Prima o poi la Banca centrale europea la seguirà. Il commento di Giuseppe Pennisi
Dal 2010 negli Stati Uniti e dal 2012 (dopo il whatever it takes di Mario Draghi) nell’Unione europea, la sigla Q.E. (Quantitative Easing) è stata, al tempo stesso, la cifra e il marchio di fabbrica delle “politiche monetarie non convenzionali”, ossia fuori dal binario normalmente tracciato nei testi, e nella prassi.
Q.E. vuol dire una politica monetaria espansiva in cui le banche centrali e i Tesori inondano il mercato di titoli per stimolare la domanda per poi tenerli in cassaforte al fine di non attizzare inflazione. Le autorità monetarie americane (come sempre) hanno fatto da apripista in materia di Q.E., come peraltro avviene spesso in materia di politica monetaria, e non solo.
Dal prossimo maggio, è probabile che la sigla e il marchio di fabbrica della politica monetaria Usa sarà Q.T. (ossia Quantitative Tightening), ossia misure “non convenzionali” per restringere gradualmente l’offerta di moneta di fronte all’impennata di inflazione. Prima o poi la Banca centrale europea la seguirà.
Ciò avviene proprio mentre i consiglieri economici dei governi Draghi e Macron propongono, in lavori accademici e seminari, un Q.E. forever , ossia di estendere per sempre le “politiche monetarie non convenzionali” degli ultimi anni, parcheggiando parte del debito della Pubblica amministrazione (quello da imputarsi alla pandemia) o presso un’apposita agenzia da crearsi ad hoc (anche se gli altri partner europei si convincono che sarebbe una buona idea, ci vorrebbero almeno sei anni tra accordi intergovernativi, ratifiche parlamentari, avvio della struttura e sua operatività) oppure ancora trasformando la Banca centrale europea in “stazione di parcheggio a lungo termine”. Del tema ci siamo già occupati su questa testata evidenziandone i difetti. Utile, invece utilizzare a questi fini il Meccanismo europeo di stabilità (Mes), che proprio per questo è stato creato; un lavoro interessante è stato presentato dall’economista Stefano Micossi.
L’arrivo del Q.T. rende ancora meno proponibili le varie forme di Q.E. forever. Vediamo come funzionerà il Q.T. che il mese prossimo verrà iniziato dalle autorità monetarie americane. La tecnica è semplice: non rinnovare i titoli di stato che giungono a maturity e quelli per mutui edilizi (garantiti dallo Stato) alla scadenza e non investirne eventuali ricavi (in gergo no roll off). In maggio, il Federal Reserve Board conta di porre un massimale di 95 miliardi di dollari al mese per il roll off (60 miliardi di obbligazioni del Tesoro e 35 miliardi di mutui immobiliari). In un anno si potrebbe sterilizzare più di un trilione di dollari finiti nelle casse delle autorità monetarie americane ai tempi del Q.E., un grande aggiustamento per il mercato dopo anni di impegno per tenere i tassi di interesse a breve prossimi alle zero e fare sparire in effetti la differenza tra tassi a breve e tassi a lungo termine.
In effetti, il Q, T opera come un Q.E alla rovescia. In primo luogo, si dà un segnale di forte di cambiamento: il verbale della seduta di gennaio dell’Open Market Committee (l’organo deliberante delle autorità monetarie americane), pubblicato la settimana scorsa, è esplicito a riguardo. In secondo luogo, si fa una stima dell’impatto della misura sui tassi: uno studio di Kristin Forbes del Massachusetts Institute of Technology suggerisce che quello del Q.T. sull’interbancario potrebbe essere più forte di quello del Q.E., anche se è difficile fare previsioni sul no roll off per i mutui, gran parte dei quali sono a lungo termine.
In terzo luogo, si sterilizza parte della liquidità ai (ormai vecchi) tempi del Q.E.
Al di là degli aspetti tecnici, si può discettare di Q.E. forever, mentre da oltre Atlantico sta arrivando il Q.T.?
I “consiglieri” dei principi si aggiornino.