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Il fronte si sposta nel Donbass. Dal vertice Nato, l’allarme di Stoltenberg

La guerra non accenna a concludersi e le forze russe si stanno riorganizzando per una possibile grande offensiva nel Donbass. Nonostante la mediazione rimanga la via preferibile, Putin non sembra aver cambiato il suo obiettivo e dunque la Nato risponde intensificando gli aiuti (anche l’invio di armi), e proseguendo lungo la via delle sanzioni, il tutto preservando la natura difensiva dell’Alleanza e nella cornice di una sempre maggior sinergia tra i partner

Spostamenti russi e offensiva nel Donbass (ma anche il ruolo della Cina) sono le direttrici dell’intervento del segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, nel corso della conferenza stampa a conclusione della due giorni del vertice dei ministri degli Affari esteri dei Paesi Nato. La guerra non è finita, aveva già anticipato il segretario e ora bisogna supportare l’Ucraina, mantenendo sinergia e unità tra gli alleati.

Spostamenti russi nella regione orientale

Ciò che si aspetta l’occidente è “una grande battaglia nel Donbass”, ha spiegato Stoltenberg. Lo scenario possibile è “il raggruppamento e il riposizionamento delle forze russe, che si spostano fuori dall’Ucraina settentrionale, ma allo stesso tempo spostano quelle forze a est”. Una previsione non rassicurante per coloro che confidano in una conclusione del conflitto. Ma una fine della guerra è ancora possibile? Secondo il segretario sì ma per porle fine “il presidente Putin deve ritirare le sue truppe dall’Ucraina e mettersi al tavolo dei negoziati”.

La via della mediazione rimane l’opzione preferibile, tuttavia secondo il numero uno della Nato “dobbiamo essere realistici: non abbiamo indicazioni che la Russia abbia cambiato l’obiettivo di controllare l’Ucraina e ottenere vittorie sul campo”. Dal momento che i negoziati non parrebbero portare per ora a risultati significativi, gli alleati continueranno a percorrere la via degli aiuti e delle sanzioni che “sono senza precedenti e stanno danneggiando la macchina da guerra del presidente Putin. Abbiamo bisogno di continuare la pressione coordinata per aiutare a porre fine a questa guerra insensata”. E forse lunga. Come aveva detto già il segretario generale, potrebbe “durare ancora mesi o anni” e una riorganizzazione delle forze russe sul campo di battaglia era la fotografia che ci aveva lasciato la prima giornata della ministeriale Nato.

Rafforzare gli aiuti all’Ucraina

Perseguendo la volontà di concludere al più presto la guerra, gli alleati già durante il primo giorno si erano mostrati uniti nel supportare l’Ucraina contro l’invasione, volontà emersa anche a conclusione della ministeriale Nato. “Abbiamo concordato che dobbiamo rafforzare l’aiuto all’Ucraina”, ha promesso infatti Stoltenberg. Aggiungendo inoltre che il sostegno dell’Alleanza Atlantica a Kiev non è cosa nuova, dal momento che è “da molti anni, dall’annessione illegale della Crimea del 2014 che la Nato e i suoi alleati hanno contribuito con un importante sostegno in termini di equipaggiamento e di addestramento di decine di migliaia di soldati, e quando l’intelligence ha indicato un’alta probabilità di invasione abbiano intensificato la nostra azione”.

Uno sforzo pronto a intensificarsi dal momento che secondo le parole di Stoltenberg “gli alleati della Nato sono pronti a fornire con urgenza più armi all’Ucraina”. Questa decisione non vuole tuttavia avere l’effetto di intensificare il conflitto, al contrario è bene tenere a mente che “la principale responsabilità della Nato è quella di proteggere e difendere, permettendoci di impedire che questo conflitto si trasformi in una vera e propria guerra tra Nato e Russia”. Gli alleati devono concentrarsi “su come gestire il rischio di escalation” anche per inviare “un messaggio chiaro che siamo lì per difendere e proteggere tutti gli alleati, non per provocare un conflitto, ma per prevenire il conflitto. Ed è il motivo per cui abbiamo dispiegato 40mila soldati al comando diretto della Nato nella parte orientale dell’Alleanza”.

L’importanza delle partnership

Nella prima giornata Jens Stoltenberg aveva ringraziato gli alleati per gli sforzi profusi per contrastare l’invasione di Putin, concetto ribadito anche a conclusione del vertice e che pone ancora maggior attenzione sul ruolo dei partner e dei Paesi che ancora non fanno parte della sfera Nato. Nel corso del vertice gli alleati sono stati raggiunti anche da “Georgia, Finlandia, Svezia e Unione europea. Così come i partner Nato dell’Asia-Pacifico: Australia, Giappone, Nuova Zelanda e Repubblica di Corea”, questo “perché le implicazioni delle invasioni della Russia sono globali, e saranno di lunga durata”, ha osservato il segretario generale. A riprova del clima collaborativo che si sta andando a delineare a livello globale contro l’invasione di Putin. “La Nato e i nostri partner dell’Asia-Pacifico hanno deciso di intensificare la nostra cooperazione pratica e politica in diverse aree”, dal cyber alle tecnologie, dalla sicurezza marittima alla resilienza.

Il ruolo della Cina

Tuttavia, in questo clima di sinergie, rimane grande assente la Cina. “Abbiamo visto che la Cina non è disposta a condannare l’aggressione della Russia” e “si è unita a Mosca nel mettere in discussione il diritto delle nazioni di scegliere la propria strada. Questa è una seria sfida per tutti noi e rende ancora più importante che noi stiamo insieme per proteggere i nostri valori”, così Stoltenberg ha commentato il ruolo del Dragone nel conflitto. Il voler avvicinare sempre più Paesi dell’area Asia-Pacifico all’Alleanza Atlantica e puntare a consolidare la postura internazionale della Nato è una strategia che mira a creare una comunità di Stati uniti dai valori democratici sia nell’occidente sia in Asia, così come accaduto con la firma del patto di sicurezza trilaterale tra Australia, Regno Unito e Usa, il cosiddetto Aukus.

 



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