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Via Crucis, la scelta del Papa è l’immagine del Vangelo. Parla Don Sacco (Pax Christi)

“Quel segno di due donne, in rappresentanza delle vittime di entrambe le parti della guerra, è un segno che parla da solo. È l’umanità in mezzo alla guerra, simbolo della lontananza tra la gente e il potere”. Conversazione di Formiche.net con Don Renato Sacco, membro del consiglio nazionale di Pax Christi. “Se dimentichiamo che siamo Fratelli tutti non si esce dalla guerra”

“L’odio, prima che sia troppo tardi, va estirpato dai cuori. E per farlo c’è bisogno di dialogo, di negoziato, di ascolto, di capacità e di creatività diplomatica, di politica lungimirante capace di costruire un nuovo sistema di convivenza”. Lo scrive il Papa nell’introduzione inedita al libro Contro la guerra. Il coraggio di costruire la pace, edito da Solferino e Libreria Editrice Vaticana. Con la stessa logica Bergoglio ha deciso di scegliere una donna russa e una ucraina per portare la croce, insieme con le loro famiglie, durante la Via Crucis del prossimo Venerdì Santo al Colosseo. Lo faranno senza pronunciare nemmeno una parola, ma solo contemplando la Passione di Cristo, proprio come Maria ai piedi della croce.

LE PROTESTE DELL’AMBASCIATORE UCRAINO

La scelta ha però scatenato la protesta dell’ambasciatore di Kiev presso la Santa Sede, Andrii Yurash, che ha sorpreso tutti su Twitter scrivendo che si sta “lavorando sulla questione cercando di spiegare le difficoltà della sua realizzazione e le possibili conseguenze”. Ma anche dell’arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyc, Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, che ha criticato la scelta della Santa Sede bollandola come “inopportuna e ambigua”. Dalle parti del pacifismo cattolico, però, ci si chiede cosa ci sia di così ambiguo nella logica della fraternità tra gli uomini e i popoli.

“Io non mi permetto di giudicare chi è sotto le bombe, anche se non condivido questa valutazione dell’Arcivescovo. Però credo che il compito nostro, e anche quello del Papa, essendo fuori dal conflitto è proprio di non essere travolti e di dare dei segnali che possano fare finire il conflitto, non alimentarlo”, risponde a Formiche.net Don Renato Sacco, membro del consiglio nazionale di Pax Christi, associazione capofila del pacifismo forse più “intransigente” della Chiesa cattolica, o almeno di quella parte che fin dai primi anni ha recepito il messaggio del Concilio Vaticano II come una vera e propria missione, quella di portare la Parola di Dio tra le persone, e anche tra gli Stati, promuovendo la pace ad ogni costo.

IL COMMENTO DI DON RENATO SACCO (PAX CHRISTI)

“La gente non la vuole la guerra”, è il commento di Don Sacco, che da un lato bolla l’intervento dell’ambasciata ucraina come “un intervento di potere”, ma dall’altro invita a porre l’attenzione sulle donne. Le donne del Vangelo, così centrali nella Resurrezione, e le due donne russe e ucraine al centro delle polemiche, due amiche, Irina e Albina, rispettivamente un’infermiera ucraina e una studentessa russa di infermieristica, che di certo non hanno colpe rispetto a quanto sta accadendo in Ucraina. “Quel segno di due donne, in rappresentanza delle vittime di entrambe le parti della guerra, è un segno che parla da solo. È l’umanità in mezzo alla guerra, simbolo della lontananza tra la gente e il potere”, commenta don Sacco.

“Siamo in Settimana Santa, e c’è un Vangelo che leggiamo che ci mette di fronte al potere di allora, di tutti coloro che vogliono la morte. Ma ai piedi della croce ci sono proprio le donne”. Per questo, “credo che le donne in questi giorni di Pasqua siano il segno del dolore, perché sono vittime della guerra, ma anche della forza della speranza e della lotta”, è il commento del sacerdote, che allarga l’orizzonte della scelta del Papa a tutte le donne del mondo. Comprese “quelle che piangono in Palestina o le donne yazide del nord dell’Iraq che la guerra ha reso schiave sessuali. C’è un mondo che deve aiutare a fare riflettere, anche in questi giorni”.

IL RISCHIO DI SOVRAPPORRE FEDE E POLITICA 

C’è insomma il rischio di sovrapporre il messaggio di Cristo a logiche politiche e geopolitiche, e di non vedere questi due diversi piani, che cioè il Papa agisca non da politico ma da cristiano. E non c’è un momento migliore della Settimana Santa, e della Via Crucis, per rimettere al centro la logica profondamente “anti-mondana” del cristianesimo. “Cristo, pur potendo, non ha mai voluto diventare Cesare, il più grande re di questo mondo, preferendo lasciare libero l’uomo anziché soggiogarlo e risolverne i problemi con la forza”, ha ricordato Papa Francesco durante l’ultima udienza del mercoledì, citando lo scrittore russo Fëdor Dostoevskij, come noto uno dei suoi autori preferiti, e la Leggenda del Grande Inquisitore in cui il grande autore russo immagina il ritorno di Gesù in Terra Santa, che viene però arrestato da parte dell’Inquisitore. Anche qui, chi vuole, potrebbe vederci una provocazione.

“È proprio nell’essenza del cristianesimo essere contro la guerra, la violenza e favorire l’incontro delle vittime. Perché la Russia, Putin, ha fatto l’aggressione, ma le donne sono vittime. Quindi la proposta di Papa Francesco di due donne che portano la croce, senza dire niente, è proprio l’immagine del Vangelo. Lo specifico del Vangelo è annunciare questo, e il Vangelo si scontra sempre con il potere, da qualsiasi parte”, commenta il sacerdote. Eppure le parole della meditazione letta nella XIII stazione della Via Crucis, che l’arcivescovo Shevchuk ha giudicato “incomprensibili e persino offensivi”, sono per molti al contrario parole di riconciliazione, di speranza.

“SOTTO LA CROCE SIAMO TUTTI FIGLI DI DIO”

Come per il nunzio apostolico a Kiev, monsignor Visvaldas Kulbokas, che ha subito ricordato che “sotto la croce siamo tutti figli e figlie di Dio: sia l’aggressore che l’aggredito. In questo contesto, ci sono Russia e Ucraina”. Come ha ribadito anche padre Antonio Spadaro in un post su Facebook, in cui ha spiegato ancora una volta che “Francesco è un pastore non un politico”, e che “agisce secondo lo spirito evangelico”. “Parla nel silenzio della morte e della divisione ed insegnaci a fare pace, ad essere fratelli e sorelle, a ricostruire ciò che le bombe avrebbero voluto annientare”, così si conclude la meditazione della stazione incriminata, quella in cui Gesù muore sulla croce. Forse, chiediamo in conclusione a don Sacco, quello che manca in tutta questa disputa, specialmente quando si parla della Chiesa, non è tanto la diplomazia, o l’impegno a tal proposito della Santa Sede, ma il senso del messaggio cristiano e della Parola di Cristo?

“Per restare sulla Via Crucis, è proprio questo il punto: se dimentichiamo che siamo “Fratelli tutti” non si esce dalla guerra. Per uscire dalla guerra bisogna cominciare a fare incontrare le persone. Il gesto della Via Crucis credo che sia umanamente realistico e profetico allo stesso tempo”, risponde il religioso. “Io credo che l’annuncio del Vangelo e il potere siano due cose diverse. Qui invece siamo in una situazione in cui il potere vuole condizionare il Vangelo”, conclude. “Il gesto del Papa è quindi di una potenza e di un valore umano grandissimo, ma questo è il Vangelo e la sua forza che non è devozione e pietismo ma la sostanza. Forse ci dobbiamo mettere alla scuola del Vangelo”.



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