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L’avanzata russa nel Mar Rosso

Di Marco Cochi

L’area dell’Africa orientale è altamente strategica e si trova oggi al centro di una competizione per definire i processi di influenza e di reciproco contenimento nella regione. Tra i singoli player coinvolti uno dei più importanti è la Russia, la cui penetrazione nel continente è principalmente guidata dall’export militare. La riflessione di Marco Cochi, analista di Nigrizia e Africa research development forum

Molti grandi player regionali e globali guardano con crescente interesse all’area del mar Rosso e del Corno d’Africa per molteplici e spesso mutevoli ragioni. La più evidente è connessa agli ingenti flussi marittimi in direzione del golfo di Suez a nord e dell’oceano Indiano a sud, che da quando venne aperto il canale di Suez determinano il valore strategico del mar Rosso. Al centro di quest’area c’è lo stretto di Bab-el Mandeb situato tra le coste occidentali dello Yemen e la zona del Corno d’Africa, dove è costeggiato da Gibuti, Somalia ed Eritrea, collegando il mar Rosso con il golfo di Aden e l’oceano Indiano.

Secondo i dati forniti nel 2019 dalla Us Energy information administration, circa 6,2 milioni di barili al giorno di petrolio greggio e prodotti consimili raffinati hanno varcato lo stretto di Bab al-Mandeb verso Europa e Stati Uniti. L’area altamente strategica è al centro di una competizione per definire i processi di influenza e di reciproco contenimento nella regione, elevando così il Corno d’Africa e il mar Rosso a terreno di competizione internazionale.

Tra i singoli player coinvolti uno dei più importanti è la Russia, la cui avanzata verso l’oceano Indiano affonda le sue radici nella consolidata presenza dell’Unione Sovietica nel Corno d’Africa. Dopo l’implosione dell’Urss si interruppero le relazioni con i Paesi africani e l’Africa è stata a lungo minimizzata dal Cremlino, che fino al 2008 l’ha relegata in fondo alle sue priorità in politica estera. Nel corso degli anni il continente ha riconquistato l’attenzione di Mosca che, motivata dalla crescente presenza di altre grandi potenze, in primis la Cina, ha intrecciato nuove relazioni con i Paesi africani su base bilaterale e regionale.

Alla fine di ottobre 2019 si è tenuto il primo forum Russia-Africa con i rappresentanti dei 54 Paesi africani. L’evento ha segnato un nuovo paradigma di collaborazione tra i due attori, rafforzando i legami diplomatici e aumentando la presenza economica russa nel continente. Mosca però non ha trascurato l’ambito militare, come dimostra il fatto che a partire dal 2020, l’agenzia statale russa per l’esportazione di armi (Rosoboronexport) rappresenta uno sbalorditivo 49% delle importazioni di armi in Africa.

Per intensificare la sua cooperazione militare con i Paesi africani, la Russia sta cercando di insediarsi stabilmente nella strategica zona del mar Rosso meridionale per competere con le altre grandi potenze presenti nella regione. Per questo, nel 2014, Mosca ha ufficialmente richiesto a Gibuti di stabilire un avamposto militare sulle sue coste a ridosso dello stretto di Bab-el-Mandeb.

La richiesta è stata però respinta dalla piccola nazione del Corno, dove sono già presenti una base americana, cinese, emiratina, francese, italiana e giapponese. Dopo il diniego gibutino, il Cremlino ha esteso il suo progetto logistico all’Eritrea, come annunciato nel giugno 2018 dal ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. L’opzione di insediare la base in Eritrea è stata poi accantonata, mentre erano circolate alcune voci su un tentativo di Mosca di impiantare una base logistica nel porto di Zeila, nell’auto-dichiarato Stato del Somaliland.

In ultimo, c’è l’alternativa del Sudan, ritenuta la più plausibile dagli osservatori, dopo che nel gennaio 2018 Mosca e Khartoum hanno siglato un accordo militare in grado di aprire la strada all’istituzione di una base russa nei pressi di Port Sudan, sul mar Rosso meridionale. La struttura, in grado di ospitare quattro navi da guerra e 300 effettivi di stanza, tra personale civile e militare, per Mosca sarebbe la prima base in Africa e le consentirebbe di proiettare la sua influenza sulle rotte marittime strategiche tra Asia, Europa e Nord America.

Tuttavia i piani russi di espansione nel mar Rosso meridionale potrebbero essere cancellati dagli effetti delle draconiane sanzioni economiche, varate dai Paesi occidentali in risposta all’invasione dell’Ucraina. Sanzioni che stanno esponendo la potenza multi-regionale al rischio di un imminente default sul suo debito estero.


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