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Crollano le stablecoin e ballano gli Nft? Così si tuteleranno gli investitori

Di Paolo Ciocca e Irene Tagliamonte

Nell’Ue è in corso l’iter legislativo per introdurre il regolamento Mica sui mercati delle cripto-attività, che sarà direttamente applicabile in Italia. Come il decreto presidenziale Usa, mira a regolamentare l’innovazione e a introdurre una disciplina dei beni digitali, proprio mentre il crollo della stablecoin Terra Luna e la volatilità di Bitcoin e Nft spaventano risparmiatori e investitori. L’analisi di Paolo Ciocca, commissario Consob e Irene Tagliamonte, consigliere Consob, pubblicata dalla rivista Formiche

La capitalizzazione mondiale dei mercati delle cripto-attività è esplosa nell’ultimo anno e continua a crescere a ritmi serrati. Si ampliano i prodotti e servizi disponibili su blockchain con funzioni simili a quelli della finanza tradizionale, ma in larga parte fuori dalla regolamentazione di settore. Il Fmi, l’Ocse e il Fsb hanno acceso un faro sui potenziali impatti sistemici. Sebbene sia ormai condivisa la necessità di risposte regolatorie coordinate su scala globale, al momento si tratta di un percorso ancora da costruire.

È verosimile che la crisi ucraina segnerà un punto di svolta. Le cripto-attività possono essere usate per donazioni, ma anche per aggirare sanzioni. Il 9 marzo 2022 il presidente statunitense Joe Biden ha firmato un’ordinanza con cui chiede alle autorità del Paese di contribuire alla definizione di una politica per lo sviluppo responsabile dei beni digitali, in modo da rafforzare la leadership tecnologica e regolatoria. Il tempo di questa misura non è casuale.

L’iniziativa si contrappone alla decisione delle autorità cinesi di lanciare la propria valuta digitale e vietare il mining di cripto-attività. Nell’Unione europea è in corso ormai da oltre un anno e mezzo l’iter legislativo per introdurre il regolamento Mica (Markets in crypto assets) sui mercati delle cripto-attività, che sarà direttamente applicabile in Italia. Il recente rapporto adottato dalla commissione del Parlamento europeo segna l’avvio di un confronto inter-istituzionale conclusivo.

L’ordinanza statunitense e la proposta Mica condividono obiettivi generali e perimetri. Entrambe mirano a regolamentare l’innovazione, senza reprimerla; entrambe mirano a introdurre una disciplina dei beni digitali ad ampio raggio. È una base comune da valorizzare per costruire un’impostazione condivisa tra le due sponde dell’Atlantico, per evitare disposizioni frammentate riguardo mercati autenticamente aterritoriali.

Vi è da chiedersi, tuttavia, se la direzione intrapresa dall’Unione sarà in grado di far fronte alle sfide di un settore che nel frattempo evolve velocemente. In particolare, il regolamento europeo appare tarato su modelli tradizionali, su una classica vigilanza per soggetti adatti per operatori e piattaforme centralizzate. Si stanno però diffondendo piattaforme decentralizzate, che tramite applicazioni (cosiddette Dapp) e interfacce web danno accesso ad attività finanziarie complesse senza l’intervento di intermediari.

Le transazioni sono eseguite in modo automatico secondo regole predefinite tramite smart contract e registrate su una blockchain. Sebbene presentate come decentralizzate, le Dapp e le interfacce sono spesso controllate tecnologicamente da un numero ristretto di sviluppatori anonimi, che gestiscono le chiavi di accesso ai codici sorgente di questi software e possono rilasciare aggiornamenti o bloccarne l’operatività.

Talvolta la gestione interviene attraverso organizzazioni autonome decentralizzate, le cosiddette Dao, ovvero community di utenti non necessariamente riconducibili alla nozione di persona giuridica assoggettabile al Mica. Non è chiaro come la proposta Mica dovrebbe applicarsi alla finanza decentralizzata. È perciò auspicabile che in queste fasi negoziali siano apportati emendamenti per individuare centri d’imputazione delle responsabilità e criteri per l’allocazione dei rischi conferenti rispetto a questi ecosistemi, in modo da garantire trasparenza e accountability.

Servirebbero poi regole più orientate alle attività, che possano essere tradotte in smart contract, per poter creare protocolli già all’origine in linea con la normativa, favorendo la cosiddetta compliance by design. Andrebbe sperimentata una vigilanza tramite la partecipazione delle autorità a un nodo del network, per sfruttare al meglio i benefici di trasparenza, verificabilità e tracciabilità delle informazioni disponibili on chain.

Per incentivare l’innovazione senza indebolire i controlli, per rendere la piazza europea attrattiva evitando una migrazione di risorse all’estero, abbiamo bisogno di norme Ue ampie e flessibili, capaci di catturare le peculiarità della finanza decentralizzata e di una realtà tecnologica in continuo cambiamento. D’altronde nulla impedirebbe agli utenti dell’Unione di avvalersi di propria iniziativa di Dapp e servizi extra-Ue, scelta che causerebbe evidenti spillover dei rischi, da cui l’importanza di evitare soluzioni isolate.


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