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Chi è Ahmadreza Djalali, il ricercatore (anche in Italia) che rischia l’esecuzione in Iran

È stata fissata per il 21 maggio l’esecuzione di Ahmadreza Djalali, ricercatore esperto di Medicina dei disastri, con esperienza all’Università del Piemonte Orientale con sede a Novara. L’accusa di spionaggio a favore di Israele, l’appello di Amnesty International e gli altri processi di terroristi iraniani collegati

È stata fissata per il 21 maggio l’esecuzione di Ahmadreza Djalali, ricercatore esperto di Medicina dei disastri, condannato a morte per spionaggio in Iran. Djalali, che ha il passaporto iraniano e anche svedese dal 2018, è stato arrestato nel 2016 dai servizi segreti mentre si trovava in Iran per partecipare a una serie di seminari nelle università di Teheran e Shiraz. L’annuncio della fatidica data è stato diffuso dall’agenzia statale iraniana ISNA.

L’accusa è di essere uno spia del Mossad, servizio di intelligence israeliano, e di avere procurato informazioni su diversi scienziati nucleari di alto livello che sono stati uccisi. Alla fine di ottobre del 2017, dopo un processo considerato inquinato da molti esperti, Djalali avrebbe fatto una “confessione forzata” sotto tortura.

Nato a Sarab, Iran, nel 1972, Djalali ha collaborato con diverse università europee, tra cui l’Università Libera di Bruxelles, l’Istituto Karolinska di Stoccolma e anche l’Università del Piemonte Orientale con sede a Novara.

Organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno denunciato l’isolamento a cui è stato costretto il ricercatore. E persino le Nazioni Unite hanno chiesto la liberazione per problemi di salute fisica e mentale.

Secondo Amnesty International, da novembre 2020 Djalali non può comunicare con la moglie e i due loro figli, che vivono in Svezia. Il ricercatore si è visto ricusare per due volte un avvocato di sua scelta: “Le autorità iraniane hanno fatto forti pressioni su di lui affinché firmasse una dichiarazione in cui ‘confessava’ di essere una spia per conto di un ‘governo ostile’. Quando ha rifiutato, è stato minacciato di essere accusato di reati più gravi”.

Così nel 2017 è stato condannato in via definitiva a morte con l’accusa di spionaggio in favore di Israele. L’esecuzione è stata più volte annunciata e poi sospesa a seguito delle pressioni internazionali.

In favore della liberazione di Djalali si sono pronunciati oltre 120 premi Nobel in discipline scientifiche. Alcuni media internazionali sostengono che l’annuncio dell’esecuzione del ricercatore è indizio di uno sforzo di Teheran per spingere allo scambio di cittadini con la doppia cittadinanza arrestati in Iran con cittadini iraniani che si trovano in carcere all’estero. Tuttavia, il governo iraniano ha ribadito che non c’è alcuna trattativa possibile.

Il quotidiano De Morgen ricorda i processi contro terroristi iraniani in Belgio, tra cui quello contro l’ex funzionario della procura persa Hamid Noury, che rischia la condanna all’ergastolo a Stoccolma, e la condanna in Belgio a 20 anni di carcere contro il diplomatico iraniano Assadolah Assadi.

Ieri a Novara si è svolta una manifestazione per lanciare un nuovo appello affinché la condanna a morte sia annullata e Djalali sia scarcerato. L’iniziativa è stata organizzata da Amnesty International, Comune di Novara, provincia di Novara, Università del Piemonte Orientale e CRIMEDIN (Centro per la ricerca e la formazione in Medicina dei disastri, Aiuto umanitario e Salute globale dell’Università del Piemonte Orientale). Oggi è prevista a Roma un’altra manifestazione in sostegno a Djalali.

Riccardo Nuri, portavoce di Amnesty Italia, ha spiegato che “siamo di fronte a una banda di sequestratori che punta a scambiare Djalali, ingiustamente condannato, con dei veri e propri criminali iraniani sotto processo in Svezia o altri Paesi. Dobbiamo rifiutare questa logica contraria a ogni regola del diritto”.

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