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Gas e transizione, la partnership Ue-Golfo secondo Zumbrägel (Carpo)

Di Emanuele Rossi e Otto Lanzavecchia
Gnl

All’Ue servono gas liquefatto e idrocarburi, e come i Paesi del Golfo sta studiando la conversione della propria economia secondo la transizione ecologica. Tobias Zumbrägel (Carpo di Bonn) si addentra nella corsa verso l’energia verde e dei suoi effetti sugli equilibri geopolitici

Il partenariato tra Unione europea e Consiglio della Cooperazione del Golfo (Gcc) sarà “essenziale” nel contesto della sicurezza energetica sostenibile, a livello sia globale che regionale, e di una transizione verde senza intoppi. L’asse riecheggia nella Strategia energetica esterna dell’Ue (parte del piano RePowerEu), pubblicata parallelamente alla comunicazione congiunta sulla partnership strategica tra Ue e Golfo.

La crescente domanda dell’Ue di forniture di gas naturale liquefatto (Gnl) dal Golfo per ridurre la dipendenza dalla Russia è attualmente la spinta per l’approfondimento di quella partnership che però potrebbe basarsi su nuove consapevolezze reciproche. Contemporaneamente, però, la ricerca europea di approvvigionamenti rapidi di idrocarburi potrebbe andare a svantaggio dell’azione globale sul clima, spiega Tobias Zumbrägel (del Center for Applied Research in Partnership with the Orient di Bonn) a Formiche.net, anche se gli Stati del Golfo investono sempre più in energie verdi parallelamente all’espansione delle loro capacità di produrre petrolio e gas.

“Il Gnl — continua Zumbrägel — è visto come un combustibile di transizione. E da qui ci sono due considerazioni da fare: in primo luogo, i ricavi del settore degli idrocarburi sono necessari per finanziare la transizione energetica del Golfo. Inoltre, nella loro equazione non si tratta di petrolio e gas, ma di emissioni e di come limitarle nel processo di combustione quando si vendono petrolio e gas”.

Nel complesso, gli Stati del Golfo hanno capito che la dipendenza dal business as usual e dall’economia basata sugli idrocarburi non funzionerà ancora a lungo. Perciò hanno lanciato investimenti importanti, sfruttando le ingenti risorse locali, per progetti che hanno anche una necessità strategica di fondo: sganciarsi dalle definizioni stereotipate di petromonarchie. Necessità d’immagine per rappresentare altro a livello globale, ma anche chiaramente per mostrarsi pronti ad affrontare la transizione energetica avviata.

“Con obiettivi ambiziosi di net zero, concetti come l’economia circolare del carbonio e tecniche come la Ccs (cattura e stoccaggio del carbonio, ndr), gli Stati del Golfo sono impegnati in uno sviluppo a basse emissioni e hanno compreso l’importanza della decarbonizzazione”, continua Zumbrägel. Secondo il ricercatore, e come spiega la comunicazione congiunta dell’Ue, “esiste una potenziale finestra di opportunità conseguente in cui l’Ue e il Gcc possono unire le forze per lavorare insieme verso una transizione verde. E questo nonostante il fatto che l’Ue abbia bisogno di più petrolio e gas dal Golfo”.

Se il documento strategico offre una serie di buone intenzioni, rimane da verificarne la concretezza nell’applicazione. In più restano alcune questioni aperte e non affrontate. “La regione — continua Zumbrägel — presenta molte  condizioni di rilievo che devono essere prese in considerazione, ad esempio la polvere e la sabbia sui pannelli solari fotovoltaici, oppure l’operatività dei pannelli solari in condizioni di grande calore”.

Si parla anche molto di idrogeno verde e dell’interesse comune dell’Ue e del Gcc, ma i Paesi aridi e semiaridi del Golfo hanno l’incognita dell’acqua per produrlo, fa notare il ricercatore del centro studi tedesco. Il problema potrebbe essere aggirato con la desalinizzazione, e secondo l’ultimo rapporto Irena l’intero processo potrebbe comunque essere ecologicamente virtuoso. “Su questo un altro aspetto riguarda le conseguenze ecologiche più ampie dell’idrogeno: se non viene prodotto in modo sicuro, durante il processo si può produrre metano, che è molto più dannoso della CO2”.

Mentre da un lato è in corso l’approfondimento delle relazioni con l’Europa, il Golfo guarda anche alla Russia. Parte del motivo per cui i Paesi del Golfo mantengono buone relazioni con Mosca e interfacciarsi tramite il formato Opec+ – nonostante la pressione occidentale a seguito dell’invasione dell’Ucraina – è il nucleare di Rosatom. Assieme alle alternative internazionali, i reattori e il combustibile russi potrebbero rivelarsi essenziali per sostituire la forte dipendenza dagli idrocarburi con una fonte di elettricità pulita e costante. E diversi Paesi del Golfo hanno già avviato il processo per integrare il nucleare nel loro mix energetico.



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