Nel 2002 l’ateneo umbro ha consegnato una laurea honoris causa in Scienze politiche al patriarca della Chiesa ortodossa russa, strenuo difensore della guerra di Putin contro l’Ucraina. Ora la mossa di Bruxelles dà nuovo slancio a chi da settimane si batte affinché quel titolo venga ritirato
Colui che, per dirla con le parole di papa Francesco al Corriere della Sera, “non può trasformarsi nel chierichetto di [Vladimir] Putin”, rischia di finire sanzionato dall’Unione europea. La Commissione europea ha proposto di inserire Kirill, il patriarca della Chiesa ortodossa russa, tra le 58 alte personalità russe colpite dal sesto pacchetto di misure in risposta alla guerra in Ucraina.
Il patriarca Kirill ha sempre appoggiato quella che le autorità russe definiscono “operazione militare speciale” per la “denazificazione” dell’Ucraina. “La Russia non ha mai attaccato nessuno, ma ha sempre difeso i suoi confini”, ha affermato di recente. Aggiungendo: “Non vogliamo combattere con nessuno”. Per lui, che con Putin ha un legame di ferro, è una guerra di civiltà: “La maggior parte dei Paesi del mondo è ora sotto l’influenza colossale di una forza, che oggi, purtroppo, si oppone alla forza del nostro popolo”, ha detto in una celebrazione con le forze armate a inizio aprile. “Allora dobbiamo essere anche molto forti. Quando dico noi, intendo, in primis, le forze armate ma non solo. Tutto il nostro popolo oggi deve svegliarsi”. Un mese prima, durante il sermone della Domenica del Perdono, aveva sostenuto che “se l’umanità riconosce che il peccato non è una violazione della legge di Dio, se l’umanità concorda sul fatto che il peccato è una delle opzioni per il comportamento umano, allora la civiltà umana finirà lì”. Per questo, aveva continuato, le parate gay “sono progettate per dimostrare che il peccato è una delle variazioni del comportamento umano”. Oggi esiste, aveva aggiunto, “un test per la lealtà a questo governo, una specie di passaggio a quel mondo felice, il mondo del consumo eccessivo, il mondo della libertà visibile”.
La proposta della Commissione europea andrà approvata dagli Stati membri. Ma non intimidisce il patriarca, secondo quanto riferito da un portavoce della Chiesa ortodossa. Rischia però inevitabilmente di riaccendere le polemiche sulla laurea honoris causa in Scienze politiche che nel 2002 l’Università degli studi di Perugia aveva consegnato all’allora metropolita Kirill. “La laurea era stata data a quel Kirill”, precisavano meno di due mesi dal dipartimento di Scienze politiche fonti citate dal Corriere dell’Umbria riferendosi all’idea di un grande teologo, fautore del dialogo interreligioso, dell’ecumenismo.
Nelle scorse settimane, raccontava lo stesso giornale locale, il dipartimento è tornato a interrogarsi di nuovo sull’opportunità di quella laurea. “La discussione è in fieri”, specificava il direttore, Giorgio Eduardo Montanari. “Ma sarà il rettore, l’ateneo ad esprimersi se lo riterrà opportuno. I passaggi, inoltre, implicano anche il coinvolgimento del Ministero. Stiamo comunque parlando di casi eccezionali: il ritiro di titoli di studio implica una procedura anomala che va esaminata in tutti i suoi passaggi e implicazioni”. Fausto Elisei, pro rettore dell’Università degli studi, parlava di discussione non aperta in seno alla governance di ateneo.
Con l’ipotesi sanzioni europee per Kirill, il dossier è tornato a scottare. Merito anche di una diocesi molto vicina alla comunità ucraina. “La drammaticità della situazione, che stiamo vivendo per l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, pone delle domande e apre prospettive e scenari molto pesanti non solo per l’economia mondiale, a cui tutti facciamo attenzione, ma soprattutto per il livello del dramma umano vissuto dal popolo ucraino”, diceva all’indomani dell’invasione il vescovo ausiliare di Perugia-Città della Pieve, monsignor Marco Salvi, mandando alla numerosa comunità ucraina in Umbria (circa 5.000 persone) la vicinanza spirituale e la solidarietà concreta della Chiesa diocesana.