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Il lavoro come strumento di inclusione. La nuova Legge delega sulla disabilità

Le persone con disabilità vedono allargarsi l’orizzonte della garanzia dei propri diritti grazie alla nuova Legge delega in materia approvata dal Consiglio dei Ministri. Delle nuove prospettive che si aprono si è parlato nel live talk di Formiche “Inclusione e Disabilità: il lavoro come strumento di autonomia e partecipazione”, a cui hanno partecipato Claudia Pallanca, Matilde Marandola, Stefano Carmenati, Mons. Renzo Pegoraro, Giuseppina Versace e Lisa Noja

Nuovi spazi di intervento per le politiche a sostegno delle persone con disabilità, non solo sotto il profilo clinico ma anche e soprattutto per l’inserimento nel mondo del lavoro: sono gli obiettivi che si prefissa la nuova Legge delega in materia di disabilità approvata dal Consiglio dei Ministri, che avrà bisogno di un’attuazione concreta che possa venire realmente incontro alle esigenze di questa parte di cittadini. Per parlare delle possibilità che si aprono adesso grazie a questo intervento Formiche ha organizzato uno spazio di discussione, a cui sono intervenuti Claudia Pallanca, account pubblicitario, Danilo Devigili, founder Collectibus, Matilde Marandola, presidente nazionale AIDP (Associazione Italiana Direttori del Personale), Stefano Carmenati, amministratore unico comunità di Sant’Egidio, Mons. Renzo Pegoraro, cancelliere della Pontificia Accademia per la vita; Giuseppina Versace, deputato XII commissione Affari sociali e Lisa Noja, deputato XII commissione Affari sociali. A moderare il live talk, intitolato, “Inclusione e Disabilità: il lavoro come strumento di autonomia e partecipazione”, è stata la giornalista Lorella Bertoglio.

La prima a portare la propria testimonianza è Claudia Pallanca, che ha raccontato come la disabilità sia parte integrante della sua vita, una sfida quotidiana soprattutto nella reazione delle persone: “Il nostro paese vive ancora di una mancanza di educazione civica che potrebbe aiutare molto di più ad integrarsi persone con disabilità lievi. All’estero c’è una maggior capacità di accettare la diversità, per cui la disabilità è valutata secondo il bisogno della persona. Si dovrebbe aiutare innanzitutto le famiglie a comprendere che nella vita nessuno è normale, siamo tutti particolari e speciali. Anche noi disabili dobbiamo uscire dalla nostra zona di comfort e cominciare noi ad avere un po’ più di coraggio”.

Nel descrivere la sua esperienza, Danilo Devigili ha parlato di dover provare a mettere le risorse aziendali a disposizione delle cause della disabilità, per far progredire la cultura dell’accettazione e della convivenza con persone preziosissime anche per il mondo del lavoro. “Basta parole, servono fatti: anche i disabili devono poter lavorare, a scapito della cultura dell’efficienza produttivistica che ancora regna in molte aziende. Le leggi servono ma bisogna cambiare la testa delle persone che animano le imprese”. Uno stereotipo, quello del criterio della produttività, che anche la cultura della sostenibilità sta contribuendo ad abbattere, secondo Devigili.

Occorre capire quali sono le diverse istanze: ogni persona ha le sue unicità e servono percorsi personalizzati. Questo il concetto da cui è voluto partire Monsignor Renzo Pegoraro, che in merito della promozione della cultura dell’inclusione ha invocato la necessità di tradurla in pratica affinché si realizzi: “Ci sono realtà positive, ne abbiamo fatta di strada in cinquant’anni. C’è però ancora molto da fare per altre sfide che si affacciano, come la questione degli anziani che diventano disabili: serve una inclusione che prosegua nel tempo attraverso le diverse stagioni della vita, questo cammino necessita di dinamismo e flessibilità”.

Stefano Carmenati ha poi raccontato come la comunità di Sant’Egidio abbia scoperto un mondo al di là delle apparenze nell’approcciarsi alle disabilità, che sembrano limitare le persone in una società abituata alla produttività come standard ma che invece vanno davvero oltre le categorie a cui siamo abituati. “Riconoscere che siamo tutti sulla stessa barca è fondamentale” dice Carmenati. “La multiculturalità forse aiuta sul piano dell’inclusione delle persone con disabilità per certi versi, ma non sempre. Qui in Italia spesso facciamo cose anche straordinarie ma poi non riusciamo a valorizzarle, come succede con gli insegnanti di sostegno. Quello del lavoro è un tema fondamentale e che può essere decisivo nell’abbattere certe barriere”.

L’On. Giuseppina Versace ha portato la sua testimonianza molto particolare, immersa nel mondo dello sport da “versione italiana di Pistorius”, come si è autodefinita lei stessa: “Nell’ottica di inclusione e integrazione le persone vanno aiutate a vedere alla disabilità con occhi nuovi e in Parlamento ho trovato un’incredibile alleata in Lisa Noja. La comunicazione ha un peso importante e noi abbiamo fatto un lavoro sinergico; ci sono decreti attuativi che ci impegneremo a portare a termine insieme al ministro Stefani”.

Anche Matilde Marandola ha messo l’accento sulla necessità di percorsi personalizzati, come già fatto in precedenza da Monsignor Pegoraro: “Dobbiamo imparare ad ascoltare ogni persona, con le sue caratteristiche e la sua storia: solo così riusciremo a trovare nelle organizzazioni di lavoro delle soluzioni che ci permettono di valorizzare tutti. Se andiamo su soluzioni standard, come succede nel campo dello smart working adesso, semplifichiamo troppo situazioni che in realtà sono diversificate”.

Infine, ad entrare più nel merito della nuova Legge delega è stata l’On. Lisa Noja: “La grande piccola rivoluzione è che il governo non ha voluto fare un codice delle disabilità, un lavoro velleitario che non sarebbe neanche positivo, ma ha voluto invece fare il primo passo capendo come si accerta la disabilità e quali sono i modi per far accedere tutti ai sostegni del caso. L’autorità garante non deve avere potere di advocacy, è un’autorità indipendente come il garante per la privacy o per la concorrenza e avrà il compito di essere un soggetto che si assicuri che i diritti delle persone con disabilità vengano rispettati, soprattutto dalle istituzioni. Finalmente c’è un garante nazionale a cui tutti potranno rivolgersi e che potrà far valere la sua moral suasion”. “La disabilità ha avuto uno spazio importante in questa legislatura” prosegue Noja, “sono state affrontate tante tematiche e si sta facendo un lavoro culturale per passare dall’idea che la persona con disabilità sia una vittima da salvare a quella che invece si tratti di cittadini con pieni diritti che vanno rispettati e che hanno bisogno però di aiuto per esercitarli. Dopo le scuole dell’obbligo le famiglie con figli con disabilità vengono abbandonate, che si tratti di università o di inserimento nel mondo del lavoro. Servono percorsi mirati gestiti da persone competenti”.

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