Carfagna ha dato a De Luca una lezione di deluchismo, l’ha sfidato sullo stesso terreno arrivando a contendergli ai punti il verdetto finale, ma soprattutto ha confutato il mito dell’imbattibilità comunicativa dello Sceriffo. L’analisi di Domenico Giordano, Arcadia
Da adesso in poi nella scansione cronologica di chi vorrà mettere passare in rassegna le intemerate di Vincenzo De Luca ci sarà un a.C. o un d.C., ovvero un avanti e un dopo Carfagna.
Un prima e un dopo Mara Carfagna, attuale ministra per il Sud nel governo Draghi macchiatasi, a detta del presidente della Regione Campania, di un “eccesso di propagandismo e demagogia criptopartitica. Mi sa – chiosa il governatore a proposito del Forum sul Mediterraneo promosso dalla Carfagna a Sorrento qualche giorno fa – più di marchio Forza Italia che istituzionale”.
Questa speciale datazione temporale mette al centro un passaggio che potremmo definire epocale, che non riguarda però la scelta affatto nuova del presidente di lanciarsi alzo zero contro un avversaria donna, tant’è che nell’elenco dei nemici fustigati e bersagliati negli anni la presenza del gentile sesso è alquanto corposa.
Da questo punto di vista, il genere non ha mai rappresentato per De Luca una discriminante al risparmio, un salvacondotto politico da concedere a cuore leggero.
Si passa così dalle accuse nei confronti di Rosy Bindi allo sberleffo sulle curve di Valeria Ciarambino, dalla messa al pubblico ludibrio dell’ex ministra Lucia Azzolina, “una che ripete a pappagallo”, all’ironia tagliente, per restare ancorati a tempi più recenti, riservata alla dirigente dell’Ufficio legislativo del ministero dei Beni culturali, Annalisa Cipollone. Ma a spulciare con attenzione il lungo periodo a.C. del repertorio deluchiano ritroviamo la stessa Carfagna che nel 2015 dovette subire l’affondo di De Luca, eravamo a un mese dall’elezioni regionali della Campania che lo avrebbero poi consacrato successore di Stefano Caldoro a Palazzo Santa Lucia, che per rispondere alle domande dei giornalisti sulla presenza di alcune candidature scomode nelle sue liste risponde: “Chi è che dice queste imbecillità? La Carfagna? Che dice la Carfagna? Comunque chiedete alla Carfagna, non lo so da dove prenda queste notizie, non so che cosa abbia fumato negli ultimi tempi”.
La datazione del prima e del dopo Carfagna invece è la conseguenza delle due risposte, in particolare, del modello di replica con il quale la ministra ha voluto rintuzzare e rispedire al mittente gli attacchi. In questa scelta, di adottare le regole e i canoni della comunicazione deluchiana, di sfidarlo sullo stesso terreno, quello del sarcasmo al vetriolo, c’è la vera svolta.
Sul ring digitale lo Sceriffo si è ritrovato, con sua somma sorpresa, non uno sparring partner qualunque, qualcuno da far crollare al tappeto solo con lo sguardo e il ghigno aggressivo, ma una rivale pronta a restituirgli, a mezzo social e con velocità inattesa, colpo su colpo i fendenti. Carfagna non ha avuto paura di attaccarlo a viso aperto, in verità non tanto apprezzato se leggiamo i numerosi ai post pubblicati su Facebook e Twitter da entrambi, scegliendo di rinunciare al bon ton istituzionale, abdicando per una volta a quelle regole d’ingaggio che proprio Vincenzo De Luca ha costantemente eluso, stracciato e vilipeso.
Insomma, Carfagna ha dato a De Luca una lezione di deluchismo, l’ha sfidato sullo stesso terreno arrivando a contendergli ai punti il verdetto finale, ma soprattutto ha confutato il mito dell’imbattibilità comunicativa dello Sceriffo.