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L’ex capo della Gendarmeria vaticana in Ucraina. La missione di Giani

Di Alessia Ardesi

“Il tema resta la pace. La necessità di forgiare in tutte le generazioni la cultura della riconciliazione, la capacità di relazionarsi e di anteporre il bene comune, quello della gente, ad interessi di parte”. Ucraina ma non solo, conversazione con Domenico Giani, già comandante della Gendarmeria Vaticana con tre Papi e ora presidente delle Misericordie

Domenico Giani (nella foto) è stato il comandante della Gendarmeria Vaticana con tre papi, li ha protetti e seguiti in ogni momento,  in ogni spostamento o viaggio con grande discrezione. Oggi è il presidente delle Misericordie, un’organizzazione di oltre 100mila volontari e 700mila soci, un “esercito” del bene che si adopera in Italia e nel mondo per i bisognosi e le emergenze.

Presidente Giani, cosa avete fatto e state facendo come Misericordie per aiutare gli ucraini?

Ad oggi abbiamo raccolto, trasportato e consegnato con diverse missioni tonnellate di beni di prima necessità – farmaci, medicine, cibo, vestiti. Abbiamo attivato con L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) una modalità per donare in favore del popolo ucraino. E poi evacuato rifugiati, tra cui molti bambini, e inviato Disevac.

Cosa sono?

Sono moduli di pronto intervento, disability evacuation, realizzati insieme al Dipartimento della Protezione Civile. Li abbiamo posizionati per nove settimane vicino a Rzegzow – tra Polonia e Ucraina – per trasferire pazienti non deambulanti e barellati negli ospedali e all’aeroporto, per poi farli arrivare in Italia. stanno terminando. In questa zona si sono alternati 120 volontari e 9 mediatori culturali ucraini, di tutte le Misericordie d’Italia e coordinati dall’Area Emergenze Nazionali, che hanno offerto il loro servizio per i profughi con abnegazione e generosità.

Qual è stata la sua ultima missione per la pace?

Sono andato in Lituania, dove ho incontrato a Vilnius e a Klaipeda il capo della Polizia e lo Stato Maggiore del Corpo Militare con i più alti ufficiali, cappellani e autorità ecclesiastiche. Con loro abbiamo affrontato il tema della guerra e degli aiuti umanitari – in particolare sul modello delle Misericordie -, della sicurezza, della difesa, dell’importanza del dialogo interreligioso e interculturale.

Crede si possa arrivare al dialogo tra Putin e Zelensky?

Questo è quello per cui prego intensamente. E anche gli incontri che ho avuto a Vilnius e a Klaipeda sono stati un’interessante occasione di confronto per ricordare come il dialogo, la fede, il rispetto e l’apertura alle reciproche culture possano avere un effetto positivo. Di fronte a alla guerra in Ucraina, così vicina alla Lituania, questa è la risposta per sostenere il cammino verso la pace.

Vi state prendendo cura anche dei bambini ucraini?

All’inizio di aprile abbiamo evacuato da Lublino molti bambini che erano stati assistiti da una fondazione ucraina ma non erano più al sicuro. Li abbiamo accolti nelle nostre strutture in Toscana dove, in attesa di tornare dai loro genitori, potranno continuare il percorso di crescita scolastica e sociale in un ambiente protetto, anche insieme ad alcune delle loro educatrici. È un programma che stiamo portando avanti in sinergia con ministero dell’Interno, prefetture, Protezione Civile.

Lei è stato a Leopoli in giorni molto aspri del conflitto qualche settimana fa. Come l’ha trovata?

Una città provata e con tante persone pronte a andarsene. Ho incontrato il vescovo e il sindaco, visitato il centro di accoglienza e fornito il nostro contributo. Il primo cittadino ha mandato in Italia una ragazza per organizzare al meglio i ponti di aiuto che sono fondamentali anche per il dopo. Infatti il Santo Padre ha ricordato che la guerra dovrà finire, speriamo prestissimo, ma gli ucraini non vanno lasciati soli.

Ci descrive la parte di Ucraina che ha visto in quella occasione?

È un Paese di sole donne, bambini e anziani. Gli uomini sono tutti al fronte a combattere. Si respira un profondo desiderio di tornare a casa: nell’immensa tragedia che stanno vivendo preferiscono rimanere in un territorio il più vicino possibile all’Ucraina sperando di raggiungere presto i loro figli, nipoti, mariti.

Avete anche fatto un pellegrinaggio in Lituania. Dove? 

Alla Collina delle Croci, vicino a Šiauliai, un luogo simbolo dell’identità nazionale, visitato da San Giovanni Paolo II che lo considerava, insieme al Monte della Verna, una meta privilegiata per un cammino di conversione personale e collettivo. Un pellegrinaggio molto toccante. A Vilnius ho incontrato anche l’arcivescovo della città, Gintaras Linas Grusas, Ordinario Militare per la Lituania e presidente del Consiglio delle Conferenze dei Vescovi d’Europa. Ha espresso verso le Misericordie parole di grande generosità riconoscendoci un ruolo chiave in questa fase storica. Non solo per il supporto che offriamo ai sofferenti ma anche per gli altri servizi che diamo mettendo sempre al centro la persona.

C’è una storia che l’ha colpita più delle altre e che ha visto a Leopoli?

Di storie ce ne sono tante e tutte molto toccanti. Ho incontrato una signora di 94 anni, ad esempio, che era sostenuta dal suo medico di base, fortemente provato da un hadicap fisico. Vivevano a Irpin, nella provincia di Kiev, e dopo che è stata bombardata, il dottore, nonostante le sue cattive condizioni, si è preso cura di lei e insieme sono arrivati a Leopoli. E poi mi hanno impressionato i volontari.

Quali?

Non solo quelli che come noi delle Misericordie erano lì per portare aiuti, un “esercito” di carità e prossimità, ma anche ragazzi, dal Nord Europa, che entravano per combattere al fianco di un popolo ingiustamente attaccato. Ma mi faccia sottolineare una cosa.

Mi dica.

Il tema resta la pace. La necessità di forgiare in tutte le generazioni la cultura della riconciliazione, la capacità di relazionarsi e di anteporre il bene comune, quello della gente, ad interessi di parte. Credo ci sia anche bisogno di passare da una fase di globalizzazione geopolitica  a una di riorganizzazione geo-economica, che riveda tutta una serie di fattori e permetta una rapida ripresa internazionale. Ma senza dimenticare la parte geo-sociale: i fragili, i poveri, gli indifesi, gli ultimi. E ancora, quella geo-spirituale.

Cosa intende con geo-spirituale?

Quel vasto mosaico non solo di religioni storiche, ma anche di modi nuovi e diversi di vivere la spiritualità e le grandi domande dell’Umanità. C’è oggi una pericolosa tendenza a impoverire e appiattire in modo indifferenziato ogni aspetto della vita politica, sociale, morale e soprattutto religiosa. Ecco manca spesso nell’uomo del nostro tempo il discernimento, ovvero la capacità di scegliere, di conoscere la nostra posizione, sapere qual è il nostro posto nel mondo, mantenendo però il pieno rispetto di tutte le diversità. E su questo le Misericordie, e le tante realtà di servizio al prossimo, non potranno non far sentire la propria voce. Anche sulla scia dell’esempio e delle parole dei grandi papi degli ultimi decenni.

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