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Nancy Pelosi a Varsavia. Polonia e America mai state più vicine

Di Giulia Gigante

L’incontro tra Nancy Pelosi e il presidente Andrzej Duda, svoltosi all’interno del palazzo presidenziale di Varsavia, suggella un antico sogno polacco: tornare ad essere l’ago della bilancia e non più l’oggetto di contesa del Vecchio continente

Alta tensione. È la sintesi migliore per riassumere le dinamiche, i proclami dei Capi di Stato delle potenze occidentali, le reazioni dell’apparato militare russo e il traffico propagandistico che dilaga su scala planetaria.

Ieri, in Polonia, si è svolto un incontro tra Nancy Pelosi, speaker della Camera dei rappresentanti degli Usa, e il Presidente Andrzej Duda. Nei giorni precedenti, il sindaco di Varsavia Rafał Trzaskowski era negli Stati Uniti dove, durante un’intervista con la Cnn, ha ribadito che la capacità della capitale di accogliere i rifugiati ucraini è giunta al limite (quasi 3 milioni di persone hanno già attraversato il confine con la Polonia dall’inizio dell’invasione russa), perciò ha sottoposto ad alcuni componenti dell’Amministrazione Biden la necessità di creare un sistema di ricollocazione e un supporto finanziario per i governi locali del territorio polacco. A Washington e a New York ha preso parte a una serie di incontri con i rappresentanti del governo e del Congresso degli Stati Uniti, nonché con leader di think tank e organizzazioni non governative, tra cui National Endowment for Democracy, Open Society Foundations e German Marshall Fund.

Nel merito Trzaskowski dichiara: “Sono qui per spiegare la situazione in Polonia e convincere i miei amici americani che i soldi dovrebbero essere destinati direttamente ai rifugiati, alle ONG e ai governi locali. In realtà gli Stati Uniti stanno aiutando principalmente l’Ucraina, e questo è positivo, ma dovrebbero esserci più aiuti per gli Stati in prima linea. Perché se, ad esempio, non rafforziamo le opportunità di apprendimento a distanza, questo è un peso anche per l’Ucraina, se non rafforziamo il sistema sanitario polacco, queste persone non potranno godere di un’assistenza medica adeguata. Inoltre, è necessario affrontare il tema inerente al sistema di ricollocazione dei rifugiati. Questo è un passaggio fondamentale affinché l’onere possa essere condiviso anche con altri, compresi gli Stati Uniti, dato che gli ucraini stanno combattendo per la nostra libertà e per la stabilità delle relazioni transatlantiche”. Tuttavia, perché i polacchi non erano così bendisposti ad accogliere i rifugiati che lo scorso anno hanno cercato di raggiungere l’Europa attraverso la Bielorussia? Una domanda poco accomodante che viene posta a Trzaskowski prima della fine dell’intervista.

“È diverso”, obietta il sindaco di Varsavia senza impelagarsi in argomentazioni dettagliate “parliamo di una situazione che è stata innescata da Lukašėnka e Putin per destabilizzare la Polonia. Quindi non ritengo giusto condannare il governo polacco per come ha reagito a quella crisi”.

In queste settimane, abbiamo registrato un susseguirsi di avvertimenti e meeting preventivi: dal titolone che impera sulle pagine del Financial Times riguardo l’incontro tra i funzionari americani e britannici sulla cooperazione per ridurre le possibilità di una guerra con la Cina per Taiwan e per valutare piani di emergenza in vista di un potenziale conflitto, alle richieste del Ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba che invoca un’entrata in scena da parte di Pechino in qualità di garante della sicurezza dell’Ucraina. L’agenzia cinese Xinhua si è interfacciata, nello stesso giorno, con Lavrov e Kuleba, raccogliendo l’appello del ministro del Cremlino che auspica una collaborazione sempre più fitta con il dragone cinese per la costruzione di un nuovo ordine mondiale, e quelle di Kiev. Quest’ultime si sostanziano nel bisogno di coinvolgere i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, inclusa la Cina, in una strategia che mira al rafforzamento della safety net; nel rimarcare le responsabilità di Putin e il sacrosanto esercizio del diritto di autodifesa applicato dall’Ucraina che non intende essere ridotta al ruolo di stato-cuscinetto, e nell’opera di persuasione per spronare il governo cinese al fine di ottenere il cessate il fuoco da Mosca, il the end definitivo dell’aggressione e il rispetto dell’ integrità territoriale.

“Questa guerra non rispecchia gli interessi della Cina. La crisi alimentare globale, i problemi dell’economia rappresentano una grave minaccia per la Cina. Considerate anche che la Russia sta paralizzando la Belt and Road Initiative lanciata dalla vostra leadership” avverte Kuleba.

Alta tensione, sì. Ed è in questo clima che Nancy Pelosi stringe la mano del Presidente Duda, di ritorno da Kiev, in cui ad un Zelenskyj esausto e in tenuta da guerrigliero sudamericano aveva promesso: “La vostra battaglia è per tutti; perciò, l’impegno è essere qui fino a quando non cesserà il conflitto”.

Al termine del confronto con Duda, tenutosi tra le stanze del palazzo presidenziale immerso nella suggestiva ed essenziale eleganza della Krakowskie Przedmieście, la speaker italo-americana afferma: “La mia presenza e quella di una delegazione del Congresso in Polonia lancia un messaggio inequivocabile al mondo: l’America è fermamente con i nostri alleati della Nato nella difesa dell’Ucraina. I colloqui con Duda hanno riguardato il sostegno umanitario ed economico alle realtà regionali e l’assistenza in materia di sicurezza. Per di più, abbiamo approvato una legislazione nel Congresso degli Stati Uniti per congelare i beni russi e per reinvestirli nella ricostruzione dell’Ucraina. Infine, permettetemi di esprimere la mia gratitudine al popolo e al governo polacco per la vostra generosità, per la vostra magnanimità e il vostro impegno nella difesa della democrazia”. Alla domanda se la Polonia stesse cercando un aumento delle basi Nato ha ammesso che la questione è stata già discussa con l’ambasciatore americano in Polonia Marek Brzezinski, e che tale tema è strettamente connesso alla visione statunitense della global security.

Inoltre, Nancy Pelosi è giunta in piazza Pilsudski per deporre dei fiori ai piedi della Tomba del Milite Ignoto prima di raggiungere la Presidente Elżbieta Witek al palazzo del Sejm. Un gesto altamente simbolico ed evocativo che oggi, nel giorno delle celebrazioni della Costituzione del 1791 (la carta fondamentale adottata dal Grande Sejm, nota per la modernità dei propri principi e delle disposizioni generali, e modello di architettura costituzionale per le corti europee dell’epoca) sembra suggellare il posto d’onore che la Polonia intende ritagliarsi nel contesto europeo, incoronata dai vicini atlantici come la nazione di punta del vecchio continente nella rete di difesa benedetta dalla Nato.

Una narrazione e una rivincita storica, giuste o sbagliate che siano, che i polacchi agognavano dalle umilianti spartizioni inflitte alla Confederazione.

(Foto: @SpeakerPelosi Twitter)

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