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Ci sono novità sul Long Covid. Ecco quali

Mentre due terzi dei pazienti con questa condizione presentava problemi di salute preesistenti, quasi un terzo no. La sindrome diventerà forse una delle comorbidità più comuni in futuro. Chi ne soffre di più (anche tra uomini e donne), quali fasce di età sono più vulnerabili e cosa si farà. L’ultima ricerca Usa

Mentre la Cina e la Corea del Nord fanno i conti con un’ondata devastante, emergono ulteriori dati sul cosiddetto Long Covid. Questa complessa e misteriosa condizione, in cui pazienti che hanno superato il virus soffrono di sintomi persistenti, sembra durare mesi ed è diventato l’effetto più preoccupante della pandemia a livello sanitario.

Secondo il quotidiano The New York Times, un nuovo studio della FAIR Health, organizzazione che si dedica ai costi sanitari e problemi assicurativi, ha svelato che circa il 76% degli americani a cui è stato diagnosticato il Long Covid non era abbastanza malato da essere ricoverato in ospedale. La nuova ricerca si aggiunge alla crescente evidenza che le persone con infezioni iniziali lievi o moderate possono ancora manifestare sintomi debilitanti in seguito.

Il report dell’Ufficio per la responsabilità del governo degli Stati Uniti sostiene che tra 7,7 milioni e 23 milioni di persone negli Usa potrebbero aver sviluppato il Long Covid, e che risulta ancora poco chiaro quali siano le cause, il trattamento e le conseguenze di questa condizione, che provoca problemi respiratori, affaticamento estremo e problemi cognitivi e di memoria.

I dati sono stati raccolti grazie alle decine di migliaia di richieste di risarcimento da parte delle imprese assicurative private. “I risultati dipingono un quadro che fa riflettere sul grave e continuo impatto del Covid sulla salute delle persone e sul sistema sanitario americano”, prosegue il NYT.

Mentre due terzi dei pazienti presentava condizioni di salute preesistenti nelle loro cartelle cliniche, quasi un terzo no. “Più di tre quarti dei pazienti nello studio sono stati infettati nel 2021, la maggior parte nell’ultima metà dell’anno – spiega il quotidiano americano -. In media, i pazienti presentavano ancora sintomi di Covid che si qualificavano per la diagnosi quattro mesi e mezzo dopo la loro infezione”.

Circa il 35% dei pazienti con Long Covid aveva un’età tra i 36 e i 50 anni, mentre quasi un terzo aveva un’età compresa tra i 51 e i 64 anni e il 17% aveva un’età compresa tra i 23 e i 35 anni. E non solo, anche i bambini sono stati colpiti da questa sindrome: quasi il 4% dei pazienti avevano 12 anni o meno, mentre quasi il 7% aveva un’età compresa tra i 13 e i 22 anni.

Inoltre, Claire Steves, accademica clinica e dottoressa al King’s College di Londra, ha spiegato che il 60% dei pazienti con Long Covid è di sesso femminile: “Penso che ci sia una preponderanza femminile in termini di questa condizione, per cui potrebbero esserci differenze nei fattori biologici che rendono le donne più inclini alle condizioni autoimmuni”.

Paddy Ssentongo della Penn State, ha dichiarato che è in corso una pandemia di persone che non non sono state ricoverate in ospedale ma che si sono ritrovate con questa maggiore disabilità, mentre bisogna capire quanti pazienti sono stati vaccinati e quando. Data la probabile portata del Long Covid, c’è da aspettarsi che in futuro i medici chiederanno se si è mai sofferto di questa sindrome, come si chiede di altri problemi: “La sindrome del Long Covid diventerà forse una delle comorbidità preesistenti più comuni in futuro”.

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