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Corea del Sud, come cambierà la politica estera con il nuovo governo

Domani si insedierà ufficialmente il conservatore Yoon Suk-yeol, che dopo aver vinto le elezioni presidenziali sul filo di lana dovrà affrontare subito il dossier ucraino e le relazioni con la Cina

Domani sarà il primo giorno di Yoon Suk-yeol alla Casa Blu. Costruita a Seul nel 1989 e caratterizzata dai tetti color cobalto, è la residenza del presidente della Repubblica della Corea del Sud. Yoon, 61 anni, ex procuratore generale, è stato eletto lo scorso marzo col partito People power party. Un nome piuttosto pop per uno schieramento conservatore. Il nuovo presidente coreano ha atteso i canonici due mesi previsti dalla legge per insediarsi ufficialmente. E a cominciare da domani, dopo il giuramento, dovrà dettare la nuova agenda di politica estera della Corea del Sud, priorità assoluta date le circostanze create dalla guerra in Ucraina.

Yoon ha vinto le elezioni con uno scarto di 247mila voti. Un’inezia per un Paese che conta oltre 51 milioni di abitanti. Forse è per questa ragione che il presidente, nel suo primo messaggio pubblico, ha puntato sull’unità, descrivendo il risultato delle urne come “una vittoria del grande popolo sud-coreano”. Sconfitto Lee Jae-myung, leader del Partito democratico, lo stesso del presidente uscente Moon Jae-in, Yoon dovrà affrontare il dossier ucraino nel pieno del conflitto. Non un compito facile per chi, come lui, è privo di esperienza politica e diplomatica. Anche perché l’agenda estera di Seul si snoda tra le strategie da attuare con due superpotenze come gli Stati Uniti e la Cina.

La risposta iniziale della Corea del Sud all’invasione della Russia in Ucraina è stata misurata rispetto agli Usa e all’Europa. Il precedente governo di Moon Jae-in ha sostenuto le sanzioni internazionali contro Mosca, ma a differenza di Giappone e Australia non ha imposto sanzioni proprie e non ha fornito alcun supporto militare nonostante l’appello del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, a inviare materiale bellico da Seul.

Secondo il quotidiano americano The Diplomat, che segue da vicino le vicende indo-pacifiche, Yoon ha tre modi per affrontare la questione ucraina. Primo: mostrare sin dall’inizio una politica estera che promuova la libertà, la pace e la prosperità. Secondo: diversificare e rafforzare ulteriormente le partnership globali con gli alleati degli Stati Uniti in Asia e in Europa. Terzo: rafforzare la difesa e la deterrenza sudcoreana in relazione a quel che sta accadendo a Kiev.

Se per gli Stati Uniti la Corea del Sud rappresenta una fedele alleata, per la Cina può diventare una scomoda vicina. I funzionari cinesi hanno già fatto capire a Seul di non gradire troppo l’inclinazione verso gli Usa e l’allontanamento dalla sua posizione di equilibrio tra Pechino e Washington.

Yoon ha già avuto modo di svelare qualche piccola anticipazione della sua visione di politica estera in un’intervista rilasciata al Washington Post. “Dovremmo prendere parte alla campagna internazionale di pressione sulla Russia, cosa che l’attuale governo sta facendo solo in parte”, ha spiegato. “Quando la comunità internazionale ci chiede di partecipare di più, dobbiamo dimostrare con fermezza il nostro atteggiamento di rispetto per l’ordine internazionale basato sulle regole”.

Il presidente incaricato è stato piuttosto chiaro anche sul rapporto con la Cina. “Quando si tratta di questioni economiche, la Corea del Sud e la Cina sono importanti partner commerciali l’una per l’altra”, ha sottolineato. “È indubbio che i due Paesi non possano trascurarsi o ignorarsi a vicenda. Sulle questioni politiche e di sicurezza, invece, la Cina ha un’alleanza con la Corea del Nord e noi l’abbiamo con gli Stati Uniti”. Dalla Casa Bianca alla Casa Blu.

 

 

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