L’interruzione nelle filiere di produzione e le restrizioni alle esportazioni metteranno a rischio i Paesi che dipendono dalla Russia e dall’Ucraina per cereali e fertilizzanti. È importante mantenere aperti i mercati e i flussi commerciali. L’intervento sulla rivista Formiche (maggio 2022) di Maurizio Martina, già ministro delle Politiche agricole e forestali e vice direttore generale della Fao
Il conflitto in Ucraina, la difficoltà di approvvigionamento alimentare e l’innalzamento dei prezzi delle materie prime già in corso da dicembre, rischiano di avere un impatto rilevante sul mercato internazionale. Ci si trova di fronte alla minaccia di una crisi alimentare globale e diverse parti del Medio Oriente e del Nord Africa stanno già razionando la farina. Russia e Ucraina, infatti, rivestono un ruolo importante nel commercio globale di prodotti alimentari e agricoli.
Nel 2021 le esportazioni di cereali di questi due Paesi hanno rappresentato circa il 30% del mercato globale. La Russia è anche un importante esportatore di fertilizzanti. Nel 2020 è stato il primo esportatore di fertilizzanti azotati, il secondo fornitore di potassio e il terzo esportatore di fertilizzanti al fosforo. L’interruzione nelle filiere di produzione e le restrizioni alle esportazioni metteranno a rischio la sicurezza alimentare dei Paesi che dipendono dalla Russia e dall’Ucraina sia per la fornitura di cereali, sia per quella di fertilizzanti.
Ovviamente la prima e più importante condizione è auspicare che la guerra finisca al più presto. In questa fase di conflitto, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) raccomanda di rilanciare la cooperazione multilaterale e gli aiuti allo sviluppo. È importante mantenere aperti i mercati e i flussi commerciali, sia per consentire ai Paesi in guerra di soddisfare le proprie richieste interne, sia per rispondere alla domanda globale di prodotti alimentari e agricoli.
Per i Paesi più fragili, inoltre, è necessario diversificare le fonti di approvvigionamento, rafforzando al contempo la sovranità alimentare delle comunità locali. A marzo Bruxelles ha stabilito alcune misure per sostenere gli agricoltori dell’Unione europea, compresa la possibilità per gli Stati membri di accedere a fondi per aiutare i produttori agricoli più colpiti dalle conseguenze del conflitto. Queste azioni sono necessarie per affrontare i problemi legati all’accessibilità alimentare e sostenere produttori e consumatori europei a fronte dell’aumento dei prezzi.
In altri continenti la situazione è più complessa. Ci sono circa cinquanta Paesi, per lo più in Africa settentrionale, Asia e vicino oriente, che ricevono più del 30% del loro grano dalla Russia e dall’Ucraina. Per alcuni Paesi dell’Africa dell’ovest questa cifra può salire fino al 50%. In questi Paesi il problema non riguarda l’accessibilità ma la disponibilità. Ricordiamo che stavamo uscendo da una crisi globale che negli ultimi due anni ha spinto milioni di persone al di sotto della soglia di povertà con un drammatico peggioramento della fame e della malnutrizione nel mondo.
Oggi circa un decimo della popolazione mondiale è sottoalimentato e circa tre miliardi di persone non hanno accesso a diete sane. Tutte le regioni del mondo stanno ripensando i propri sistemi agroalimentari e qualsiasi tendenza sovranista è un errore. Stiamo costruendo un nuovo assetto globale che alcuni teorizzano come “riglobalizzazione selettiva”, suddiviso per grandi aree geografiche, finalizzato a rendere più efficienti gli scambi – e l’utilizzo delle risorse – in funzione delle caratteristiche locali.
Il nuovo assetto deve avere due punti cardinali: uno sguardo aperto al mondo e, contemporaneamente, uno sforzo per rafforzare la nostra autonomia in termini di sicurezza alimentare. Questo lavoro va necessariamente fatto nello spazio europeo dove è in corso un’importante discussione su un’autonomia strategica alimentare. Dobbiamo essere capaci di elaborare una strategia che permetta più autonomia nello spazio europeo ma al tempo stesso non rinunci ai mercati aperti con regole forti ed eque.
La battaglia per l’ambiente e quella per il food possono coincidere e rinforzarsi a vicenda. È evidente che la produzione alimentare non possa prescindere da una gestione sostenibile delle risorse naturali. La Fao ha rilevato una sovrapposizione tra la mappa della fame mondiale e quella dei grandi cambiamenti climatici. Per questa ragione lancerà a giugno una propria strategia per il cambiamento climatico per sostenere e indirizzare le trasformazioni necessarie e definire nuovi modelli agricoli compatibili con le questioni climatiche che stiamo vivendo.
La Fao ritiene che nuovi sistemi agroalimentari possano fornire soluzioni alle sfide del cambiamento climatico. Infatti, se ripensati, possono rivestire un ruolo fondamentale nella mitigazione dei cambiamenti climatici alleviando pressioni sul suolo, sulle risorse idriche e sull’atmosfera e contribuendo positivamente al conseguimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile.