Il Paese sudamericano è vittima della cosiddetta “aspettativa non ancorata”, che confonde i consumatori a causa della velocità di crescita dell’inflazione. Così un iPhone arriva a costare come un affitto di sei mesi
Un iPhone costa come un affitto di sei mesi. Un volo nazionale ha lo stesso prezzo di una rata di iscrizione al college. Il valore di un paio di scarpe alla moda equivale al pagamento minimo salariale della previdenza sociale. Questo è quel che accade quando si verifica il fenomeno che in gergo economico viene definito come “aspettativa non ancorata”. I costi aumentano velocemente per un periodo abbastanza lungo e i consumatori perdono il senso di quanto avrebbero dovuto pagare in primo luogo. È il caso dell’Argentina.
Con un’inflazione al 58% e in costante accelerazione, l’economia da 500 miliardi di dollari del Paese sudamericano è un valore anomalo anche in un momento in cui i prezzi stanno decollando quasi ovunque. Non è solo un problema legato all’era della pandemia: l’Argentina non registra un’inflazione a una cifra da almeno un decennio.
Il risultato? Le persone, man mano che i prezzi salgono, perdono l’orientamento economico. Ritrovarlo non è semplice, dato che i prezzi oscillano del 150% da un negozio all’altro. “Nessuno sa quanto costa qualcosa”, ha sintetizzato il direttore della ricerca economica nella società di consulenza EcoLatina, Federico Moll. “È sufficiente parlare con qualsiasi argentino di una certa età e ti dirà quanto costava una determinata cosa negli anni ‘90, ma non quanto costa oggi rispetto a ieri”.
Ci sono voluti anni di economia altalenante prima che l’Argentina arrivasse alla drammatica situazione odierna. I politici di ogni schieramento hanno fallito nel tenere sotto controllo la spesa pubblica, le banche centrali hanno continuato a modificare i loro piani monetari e il Paese, nel 2018, ha subìto una crisi valutaria nel bel mezzo di una fuga più ampia dai mercati emergenti ad alto rischio.
Il governo del peronista Alberto Fernandez è in disaccordo sulle strategie da applicare per riportare l’inflazione a livelli accettabili. Il vicepresidente dell’esecutivo, Cristina Fernandez de Kirchner, ha criticato la sua stessa coalizione per non aver tenuto a freno i prezzi. E ha previsto che l’ultimo accordo dell’Argentina col Fondo monetario internazionale, visto dagli investitori come la chiave per rimettere in sesto l’economia, non farà che lievitare ulteriormente i costi.
Al di là dei tecnicismi economici, per conoscere l’andamento e l’incremento dei costi basta una semplice domanda: quanto costa un caffè? Lo scorso aprile, a Mar del Plata, una città costiera meta di turismo, lo stesso sacco di chicchi di caffè costava 200 pesos in un negozio e 500 pesos in un altro.
Questo è un buon esempio per dimostrare come un’inflazione più alta porti a disparità di prezzo crescenti e crei confusione tra gli acquirenti. “Affinché un consumatore scelga tutti quei prodotti al prezzo minimo dovrebbe andare in 16 negozi diversi in un giorno”, ha detto Gabriel Coronello, un docente dell’Universidad Fasta che ogni anno invia geometri in 48 esercizi per misurare lo stesso paniere di alimenti di base. Coronello non osa immaginare quel che risulterà dall’indagine del 2022. Quando gli argentini, se il trend economico non verrà invertito, dovranno decidere se impiegare la stessa somma per uno smartphone della Apple o per un tetto sopra la testa.