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Tempo di chiamare il bluff di Putin

L’Alleanza atlantica è nata per fermare l’espansione violenta della Russia in Occidente. La guerra di Putin in Ucraina è un boomerang per lo zar ma offre alla Nato l’occasione di chiamare il suo bluff: tempo di mostrare i muscoli. Il commento di Joseph La Palombara

La guerra porta sempre sorprese e quella in Ucraina non fa eccezione. Il primo ad essersene accorto è stato Vladimir Putin. Sapeva che gli ucraini si sarebbero dimostrati avversari straordinariamente feroci. La mutua diffidenza tra popolo russo e ucraino dopotutto ha radici secolari. Acuita e radicata dall’oppressione di Josef Stalin contro quest’ultimo.

Putin è stato forzato a prendere decisioni impopolari, come quella di opprimere e incarcerare i suoi oppositori in casa. Non abbiamo ancora il polso delle conseguenze di queste sue scelte. Nel frattempo sia la guerra che l’estensione delle perdite russe in Ucraina hanno imboccato una strada che non era stata preventivata dallo zar.

Putin ha scatenato l’aggressività russa contro il “nemico” occidentale. Ha ordinato a Gazprom di tagliare le forniture concordate con Paesi come Italia e Germania. Ha sanzionato e bandito dalla Russia governi stranieri, come il Regno Unito e Boris Johnson. Sfida continuamente la Nato, ormai assurta al titolo di unico vero nemico della Russia.

Ma alcune di queste scelte si stanno rivelando un boomerang e hanno un impatto economico sulla stessa Russia. È il caso dell’ordine, impartito da Putin, di chiudere tutti i porti del Mar Nero alle navi occidentali. Parte di ciò che è stipato in quei porti aiuta a sfamare quasi 400 milioni di persone nel mondo. È evidente che politiche di questo genere non possono avere vita lunga.

È il caso, ancora, della minaccia di utilizzare “armi nucleari tattiche” a cui nessuno, per il momento, ha creduto. Una minaccia che non ha fermato il presidente Joe Biden dall’autorizzare l’invio in Ucraina di armi di ultima generazione, promettendo perdite russe più grandi di quanto fossero mai state preventivate al Cremlino. Un’assistenza che continuerà, come confermerà il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg al summit di Madrid, se necessario con altre forme.

Il risultato di queste scelte di Putin è una guerra che si sta espandendo su larga scala. A livelli tali da preoccupare la stessa Cina, come dimostrano i recenti commenti provenienti da Xi Jinping e da Pechino. Queste scelte hanno inevitabilmente riflessi sugli equilibri interni. La Russia di Putin sarà anche una dittatura, ma i tempi di Stalin, quando a Mosca ogni desiderio del dittatore si trasformava in un ordine improrogabile, sono finiti. Ci sono prove sufficienti ormai da sostenere che diversi oligarchi sono infuriati con Putin per lo status quo. Ed è lecito dubitare, ad esempio, che i vertici di Gazprom facciano i salti di gioia per il ricatto energetico all’Occidente ordinato dal presidente russo.

Certo, si dirà, anche in Occidente la guerra in Ucraina ha portato un’ondata di problemi, specie di natura economica. Fra questi spicca l’inflazione, in parte dettata dalla speculazione di alcune multinazionali occidentali che usano il pretesto della guerra per giustificare il balzo in alto dei prezzi. Un’emergenza da affrontare al più presto, prima che sia tardi.

A questa si somma la crisi energetica, una forza propulsiva della spirale inflazionistica. O ancora il crescente dissenso verso il sostegno alla causa ucraina, di cui il caso italiano è un esempio eloquente. Senza parlare di politici, come Donald Trump negli Stati Uniti, che vedono in Putin un leader eroico invece che un brutale dittatore. Per quanto ancora questi presunti “pacifisti” e gli opportunisti impediranno ai Paesi occidentali di agire con determinazione?

Nonostante tutto, però, la risposta occidentale all’aggressione russa si sta facendo sentire. E può ora imboccare due nuove strade. La prima, dibattuta in questi giorni, prevede l’uso dei fondi congelati ai russi per acquistare materiale bellico da inviare in Ucraina. Putin imparerà che il costo economico della sua guerra di invasione è ben più alto di quanto preventivato. La Cina si opporrà, non c’è dubbio. Xi si scaglierà contro una simile decisione, descrivendola come un passo che avvicina il mondo a una guerra su larga scala. Dopotutto, è ormai evidente che la Cina ha preso posizione in questo scontro e il sostegno inizialmente implicito di Xi a Putin ha superato oggi ogni previsione.

La seconda strada potrà essere battuta al summit della Nato dal segretario Jens Stoltenberg. Consiste in una presa di coscienza degli Stati membri: l’alleanza deve prepararsi alla possibilità, a scopo difensivo, di mettere in campo le sue truppe contro un’aggressione russa. Se la Nato è stata fondata per prevenire un’espansione violenta della Russia in Occidente, quale migliore occasione per ricordarlo? È arrivato il momento di chiamare il bluff di Putin. Ammesso che di bluff si tratti.


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