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Il debito, il sadomonetarismo e le raccomandazioni di Krugman

Il Premio Nobel in un editoriale sul New York Times riprende un termine, sadomonetarismo, riferito ai primi anni del governo Thatcher, quando per calmare l’inflazione si puntò quasi esclusivamente sulla manovra monetaria. È, in una certa misura, quello che stanno facendo le autorità monetarie americane. Quelle europee le seguono solo in parte…

Ieri 27 giugno, il Suerf (The European Money and Finance Forum) ed il Centro Baffi di ricerca applicata hanno presentato insieme l’ultimo rapporto Ocse sul debito degli Stati membri dell’organizzazione e il New York Times ha pubblicato un editoriale del Premio Nobel Paul Krugman sul “sadomonetarismo”. Il documento Ocse è di oltre 200 pagine a stampa fitta, è disponibile on line da oltre un mese (esattamente dall’11 maggio) ma non ha avuto quasi eco in Italia. L’editoriale di Paul Krugman è secco e brillante,.

C’è un nesso tra i due, anche se lo studio Ocse si basa su una ricerca empirica (condotta tramite questionari dettagliati agli Stati membri nel 2021) e tratta essenzialmente della crescita del debito dovuta alla pandemia e alla sua gestione; nel seminario l’autrice del gruppo di lavoro che ha predisposto il rapporto, ha, però, presentato quali  aggiornamenti che dovrebbero essere fatti adesso, per tenere conto delle implicazioni economiche sul debito (e non solo) dell’aggressione della Federazione Russa all’Ucraina. L’articolo di Krugman, invece, tratta specificamente le misure di politica monetaria che, specialmente negli Stati Uniti, si stanno adottando in conseguenza dell’ondata di inflazione, la quale è, se non la prima, una delle conseguenze economiche più visibili della guerra scatenata dalla Federazione Russa contro l’Ucraina.

Il nesso è, principalmente, nel raffronto della conclusione saliente dello studio Ocse e le raccomandazioni di Krugman. L’analisi dell’Ocse è che la pandemia ha innescato un rapido aumento del debito (specialmente nei Paesi emergenti che fanno parte dell’Organizzazione) ma, grazie a una sua gestione oculata (da notare che il documento loda l’Italia) soprattutto in termini di lunghezza delle scadenze, non ha destato eccessive preoccupazioni (segnatamente per i Paesi del Nord America e per quell’Unione Europea). Tale gestione oculata potrà essere seguita ora che alla pandemia (forse sopita ma non dominata completamente) si aggiunge l’impatto economico e finanziario della guerra, caratterizzato da un’incertezza maggiore di quella associata dalla pandemia?

Ricordiamo che nelle fasi anche peggiori della pandemia, gli scienziati lavoravano con gli statistici (lo si vedeva in un programma di ogni tardo pomeriggio su Sky TG24 “I numeri della pandemia”) non solo per il conteggio dei contagi, delle ospedalizzazioni, dei ricoveri in terapia intensiva e dei decessi, ma per analizzare il rischio che si estendesse e le probabilità che vari tipi di rimedi (vaccini, cure) facessero effetti positivi o quanto meno incoraggianti.

L’incertezza è un cambiamento totale e non prevedibile di situazione e di quadro economico. L’aggressione della Russia all’Ucraina è una forma estrema di incertezza, tanto che unicamente i servizi segreti degli Stati Uniti e della Gran Bretagna la avevano presa in considerazione come una possibilità neanche come una probabilità. Questa forma estrema di incertezza ha implicazioni importanti sui comportamenti degli agenti economici, dai singoli individui, alle famiglie, alle imprese alle Pubbliche amministrazioni.

Impossibile stimare, anche con il calcolo delle probabilità più sofisticato, se Putin e il suo gruppo dirigente vorranno continuare la guerra in Ucraina, sino ad avere conquistato tutto il Paese, sino ad avere ucciso tutti i non russofoni ed averne portato i bambini nella Federazione Russa (dove c’è un serio problema di mancanza di nascite) per farli adottare da russi doc? Sino ad un armistizio quale quello che chiuse la guerra di Corea? Impossibile, quindi, esprimere un giudizio sull’inflazione e il suo andamento.

Quindi, ampio spazio al sadomonetarismo, termine – Krugman lo confessa sin dalla prima riga del suo editoriale – coniato non da lui ma da William Keegan nei primi anni del governo Thatcher quando per calmare l’inflazione si puntò quasi esclusivamente sulla manovra monetaria. È, in una certa misura, quello che stanno facendo le autorità monetarie americane. Quelle europee le seguono solo in parte.

Occorre dire che non tutti i centri di ricerca e analisi (e le loro indagini tra i consumatori) affermano che questa inflazione è già entrata nelle aspettative degli agenti economisti. Quindi, è necessario utilizzare una certa cautela nell’impiegare l’arma monetaria.

Aumentando il costo del debito, il “sadomonetarismo” ne rende più difficile la sua gestione.

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