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Nudi alla meta ma ecologicamente coerenti…o no? Scrive Zacchera

Il futuro ci dirà il grado di demagogia insito nella decisione europea di fermare diesel e benzina, sperando che alla base ci siano stati dati scientifici seri e non soprattutto polveroni di propaganda valutando una proporzione equa tra risparmio energetico, sostenibilità e sviluppo. L’intervento di Marco Zacchera

Il Parlamento europeo con 339 voti favorevoli (e 249 contrari) ha deciso che dal 2035 non si potranno più vendere in Europa auto a benzina e gasolio. Ci sembra un futuro lontano, ma se guardassimo indietro scopriremmo che 12 anni fa eravamo più o meno nella stessa situazione produttiva, politica e sociale di oggi, con Biden già vice di Obama alla Casa Bianca: il tempo corre presto e si consuma veloce.
Difficile dire oggi se questa decisione si dimostrerà un voto storico o l’ennesimo autogol europeo e non certo nei buoni propositi, ma nella sua applicazione pratica e per le conseguenze che avrà sull’economia del vecchio continente.

Voler essere a tutti i costi i primi della classe senza che lo stesso sforzo ecologista sia affrontato, concordato, imposto e soprattutto risolto nel resto del pianeta rischia infatti di mettere in crisi l’economia europea senza aver alcun serio impatto positivo sulla riduzione mondiale di CO2 mondiale, un po’ come l’ipocrisia tutta italiana di porre il veto all’energia nucleare salvo poi importarla a caro prezzo da centrali straniere che la producono appena a due passi dai confini nazionali.

L’elettrico è bello e seducente, ma – visto che l’idrogeno sembra ancora molto indietro nella sua applicazione pratica – come produrre, dove stoccare e con quali materie prime costruire auto elettriche senza rendersi ancor più dipendenti da forniture extraeuropee di materie prime? E – a parte le fonti rinnovabili- come produrre elettricità senza il nucleare se non (almeno oggi) con altre centrali termiche bruciando idrocarburi? Chissà se questo aspetto sia stato veramente approfondito in Europa soprattutto pensando alla necessaria riconversione (o chiusura) di milioni di aziende europee che oggi rappresentano il prezioso indotto dell’auto.

In ogni caso, quali alternative far circolare i mezzi pesanti – bel più inquinanti delle auto – e tutti i veicoli rendendoli competitivi in un mercato globale dove difficilmente Usa, Cina, India e i grandi altri mega-paesi della terra seguiranno l’Europa su questa strada?
Dubbi che il tempo sicuramente risolverà, ma con il rischio di creare intanto difficoltà immani in una situazione europea già di grande difficoltà economica e sociale senza vantaggi adeguati per chi affronterà una transizione fortemente voluta da una minoranza a volte molto teorica e fuori dalla realtà.

Ammesso infatti che nel prossimo decennio la scienza faccia straordinari passi avanti (cosa che però non è avvenuta nel settore in questi ultimi anni) dove l’Europa potrebbe approvvigionarsi per tutte le componentistiche “verdi” comunque necessarie per produrre i nuovi mezzi di locomozione? Parlare di batterie (e relativo smaltimento), di tempi e luoghi e modi di ricarica apre un dibattito che appare oggi solo sfiorato, ma che intacca già da subito la praticità, convenienza e anche la logica del recente provvedimento europeo.

Forse l’utilizzo contemporaneo di più fonti energetiche sarebbe una soluzione (come avviene per l’ibrido) e sicuramente la ricerca dovrebbe soprattutto puntare a consumi sempre più ridotti e quindi a minor inquinamento. Anche perché le fonti più inquinanti di CO2 non sono le vetture, ma i mastodontici impianti industriali nei vari settori che “sporcano” il mondo, così come lo sfruttamento intensivo di altre ricchezze naturali di difficile rimpiazzo ma se chiudi una acciaieria in Europa e la riapri in India la C02 totale non cambia.

Tutto è globale: perché insomma fermare le auto a benzina e non la pesca scriteriata negli oceani o il taglio delle foreste, perché non puntare a nuovi mezzi di trasporto di massa (ferrovia) piuttosto che individuali, a nuovi materiali che “rendano” molto di più in tempi di utilizzo e costi energetici e soprattutto nel risparmio di materie prime per realizzarli?

Di tutte queste cose si parla troppo poco, ma al di là di una demagogia verde a volte esasperata sono invece il vero nocciolo del problema. Tra l’altro già intorno a questo voto si sottolineano vistose incongruenze: io non potrò usare più acquistare il mio piccolo diesel (25 km con un litro di gasolio!) ma porte aperte ad una Ferrari da centinaia di cavalli (e che ben pochi si possono permettere) perché la produzione di nicchia è già stata abilitata a superare le norme: si premia insomma il ricco pur se inquinatore? Forse la strada non sono tanto i divieti ma i controlli sulle emissioni, limiti stringenti sui consumi, velocità massime da ridurre e manutenzioni dei motori da aggiornare, per stare solo nel settore dell’auto.

Il futuro ci dirà il grado di demagogia insito in questa decisione, sperando che alla base ci siano stati dati scientifici seri e non soprattutto polveroni di propaganda valutando una proporzione equa tra risparmio energetico, sostenibilità e sviluppo.
Osservando che il voto ha diviso a Bruxelles le forze al governo di Roma (come quasi sempre) stiamo intanto purtroppo all’attualità: quanto consuma un carro armato e quanto inquina un bombardamento? Più che troppo, in ogni caso!

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