Pubblichiamo un estratto del libro “I giorni del coraggio. La forza delle donne oltre la pandemia” di Eleonora Mattia edito da Asylum press editor, presidente IX Commissione lavoro, formazione, politiche giovanili, pari opportunità, istruzione e diritto allo studio del Consiglio regionale del Lazio
Ho iniziato a scrivere questo libro durante i mesi in cui la pandemia ci ha tenuti chiusi in casa. Tra una riunione e l’altra, rigorosamente da remoto, mentre cercavo di abituarmi alle nuove parole (lockdown, indice Rt, saturazione) e di capire la sottile, ma sostanziale, differenza tra isolamento e quarantena, sentivo il dovere di dare il mio contributo nel fronteggiare gli effetti della pandemia.
Le immagini drammatiche in Tv mi provocavano un senso di malessere come pure, per altri versi, ricevere tantissime richieste di aiuto, da più parti. È così che nasce questa raccolta di storie, che possiamo definire “di resistenza”. Storie di donne piene di talenti e di un’eccezionale normalità che diventano una testimonianza collettiva, un articolato racconto da una prospettiva di genere dei mesi della pandemia.
Dai dati e dalle ricerche, con cui avevo a che fare ogni giorno, emergeva infatti con forza una realtà inequivocabile: gli effetti della crisi si rivelavano devastanti e, ancora una volta, purtroppo, diseguali. In particolare per le donne e le ragazze costrette, da un lato, a misurarsi con vecchi e nuovi ostacoli, dall’altro, ad affrontare l’incognita di queste sfide. Parola dopo parola ho voluto raccontare storie di donne, le loro emozioni, le loro paure, le nuove prospettive e, soprattutto, il loro coraggio.
Storie appassionanti, vere, che ho voluto mettere insieme affinché diventassero uno stimolo per le tante altre donne e ragazze che quotidianamente vivono, direttamente o indirettamente, condizioni di disparità; che si impegnano e lottano nel lavoro, nella vita pubblica, nella sfera familiare, nel mondo dell’educazione, dello sport e nella vita privata, per cambiare ciò che non piace. Un libro che vuole dare una speranza, trovare i lati positivi, la luce nel buio e porre le basi per un risorgimento che corregga tutte le storture, siano esse figlie della pandemia o vecchie e stantie.
È proprio alle donne, ai loro diritti e al superamento delle difficoltà, che ho dedicato ogni energia in questi anni nel Consiglio regionale del Lazio. L’ho fatto promuovendo iniziative, atti e leggi – quasi sempre per la prima volta in Italia – come quelle sul sistema integrato di educazione e istruzione, sulla parità retributiva tra i sessi, la promozione dell’occupazione femminile stabile e di qualità e la valorizzazione delle competenze delle donne oppure quelle sulla parità nello sport e per la lotta ai disturbi alimentari.
[..] La narrazione contenuta in questo libro serve a consegnare alle nuove generazioni esempi di donne forti, audaci, tenaci, coraggiose. Per restituire alla loro storia e ai loro sacrifici lo spazio e la dignità che meritano. Ho imparato sulla mia pelle, e continuo a provarlo ogni giorno, quanto difficile sia per una donna affermarsi in politica. Faccio parte di quella schiera di donne che ha procrastinato la nascita di un figlio e la consapevolezza di questa esperienza mi ha spinto a lavorare su leggi che sostengano la voglia di essere madri senza dover per forza rinunciare a essere donne.
La mia è una storia come molte altre, di una donna che ha creduto nelle proprie passioni e nel fuoco che queste accendono, trasformandole giorno dopo giorno, delusione dopo delusione, in azioni concrete per il bene comune. È la storia di una donna che ha avuto la possibilità di mettersi in gioco e, pur con estremo sacrificio e impegno, crede fermamente che nessuna possa sentirsi arrivata se, dietro di sé, ha il vuoto. [..] Una condivisione di esperienze e testimonianze che abbiamo il piacere, e il dovere, di mettere a disposizione di tutte le donne che lavorano il doppio, fuori e dentro casa, semplicemente perché le aspettative sociali chiedono loro di essere buone madri, mogli e anche lavoratrici performanti.
Lo dobbiamo, non di meno, a tutte le donne che vorrebbero un figlio ma sanno che questo potrebbe comprometterne la carriera, se non addirittura il lavoro. E non immaginate quante quel lavoro lo hanno perso a seguito della maternità. Lo dobbiamo anche a coloro che un figlio ce l’hanno e avrebbero bisogno di tempi di vita e di lavoro conciliabili con la genitorialità condivisa e con un mondo del lavoro che sia più attento alle esigenze delle famiglie. Lo dobbiamo, infine, alle lavoratrici precarie, a coloro che sono state costrette a rinunciare ad ore di straordinario o alle trasferte e, di conseguenza, a crescere di livello.
E come non pensare alle bambine che non si sono potute sporcare col fango o arrampicarsi sull’albero, perché dovevano stare composte; o alle ragazze portate per la matematica che hanno finito per scegliere una facoltà umanistica perché ingegneria era considerata “da maschi”. Dobbiamo, poi, parlare delle professioniste che, ogni giorno, si alzano e sanno che la loro voce sarà presa meno sul serio solo perché camminano su un elegante décolleté col tacco; di quelle che stanno nell’ombra dei progetti o quelle per cui “le quote non servono” ma, quando poi si deve scegliere, il posto va sistematicamente a un uomo, magari meno qualificato.
Perché, in fondo, la meritocrazia funziona bene solo se sei un uomo bianco benestante, altrimenti fai cento volte più fatica a dimostrare il tuo valore. Eppure, hai gli stessi identici diritti. In fondo, è anche un atto di sorellanza e di complicità dedicato a tutte le donne che, per secoli, hanno dovuto fare un passo indietro, nel silenzio. Per non disturbare. Ora invece è il momento di prenderci il nostro spazio e fare rumore.