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Idrogeno, rinnovabili, nucleari. Clini legge il Repower Eu

In ritardo di vent’anni, l’Ue disegna la road map per la transizione energetica nel guado della crisi. Dal gnl all’idrogeno, dalle rinnovabili al nucleare, serve una strada che coniughi opportunità e sicurezza. Difficile tagliare fuori dal cammino la Cina. Il commento di Corrado Clini, già ministro dell’Ambiente

Il percorso verso la decarbonizzazione dell’Europa disegnato dal Green Deal e dal programma FITfor55 aveva la garanzia del back up del gas naturale e del nucleare per sostenere la crescita delle fonti rinnovabili senza mettere a rischio la sicurezza energetica.

La guerra ha messo in evidenza la fragilità del back up, non solo per quanto riguarda il gas ma anche per il nucleare, visto che la contestuale chiusura delle centrali in Germania e la mancata entrata in servizio di North Stream 2 hanno dato nuovo vigore al carbone per garantire la sicurezza energetica della Germania e non solo.
Insomma, senza il back up di gas e nucleare la transizione energetica è molto problematica, per non dire impossibile.

Per questo la prima indicazione di REPowerEu per ridurre rapidamente la dipendenza dai combustibili fossili russi è la diversificazione degli approvvigionamenti attraverso “Acquisti congiunti di gas, GNL e idrogeno tramite la piattaforma dell’UE per l’energia”.

La piattaforma Ue per gli acquisti congiunti di gas e Gnl è urgente, perché il mercato è molto “stretto” e competitivo. È sufficiente uno sguardo ai dati di India e Cina (e Giappone). Il consumo di gas naturale in India, per ridurre l’uso del carbone e ridurre il pesante inquinamento atmosferico, cresce a un ritmo di circa il 10% all’anno sostenuta dagli investimenti ed è previsto il raddoppio del consumo dagli attuali 60 miliardi di metri cubi a oltre 120 entro il 2030.

Attualmente il 50% del fabbisogno è assicurato da Gnl, reso possibile dagli impianti di rigassificazione esistenti e in costruzione (20 entro il 2026). Come rileva l’Agenzia Internazionale dell’Energia “l’India è destinata ad essere nei prossimi 20 anni il mercato più dinamico al mondo per il gas naturale”. Non è per caso che grandi compagnie energetiche internazionali (Shell, Total, Petronas, Eni, Rosneft) siano diventate negli ultimi anni molto attive in partnership con le grandi compagnie indiane ( Adani Green Energy, Tata).

In Cina il consumo di gas naturale è cresciuto del 12,8% nel 2021, mentre nel 2022 è prevista una crescita del 7%. Il consumo di gas naturale dovrebbe passare dagli attuali 395 miliardi di metri cubi a circa 450 nel 2025.
Intanto la Cina è diventata il più grande importatore di Gnl, superando il Giappone.

In questo contesto ieri (6 giugno) è stato reso pubblico l’accordo tra la compagnia Usa Energy Transfer Lng e China Gas, che prevede la fornitura per 25 anni di 700.000 tonnellate di Gnl/anno alla compagnia cinese.
Non è una notizia da poco, non solo per il rilievo politico, ma anche perché la Cina è un mercato per le imprese Usa non diverso dal mercato europeo.

Insomma, la diversificazione non è un’operazione semplice – soprattutto nel breve periodo- perché non c’è la fila di fornitori che bussano alle nostre porte. E se non arriverà più il gas dalla Russia rischiamo un inverno complicato, anche se fosse raggiunto lo stoccaggio del gas all’80% della capacità entro il 1° novembre 2022

L’Europa può avere potere contrattuale nel mercato del gas e del GNL se:

– opera come cliente unico, ovvero in grado di garantire volumi competitivi con la domanda delle altre grandi economie.
– realizza urgentemente le infrastrutture per GNL;
– aumenta la capacità di produzione interna di gas

– assume un ruolo attivo nella definizione delle regole globali per la gestione sostenibile dell’uso del gas naturale e della riduzione delle emissioni di metano.

Idrogeno

Per quanto riguarda l’idrogeno, una piattaforma per gli acquisti comuni richiede la realizzazione delle infrastrutture (idrogenodotti) per il trasporto a lunga distanza dell’idrogeno “verde”, sia quello prodotto in Europa sia quello importato . L’obiettivo è quello di raggiungere entro il 2030 10 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile prodotte internamente e 10 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile importate entro il 2030 dal Nord Africa, con la realizzazione di idrogenodotti per almeno 20.000 km. È stimato un fabbisogno di 34-49 miliardi € .

L’idrogeno è un’opzione già disponibile per sostituire i combustibili fossili nell’industria, nei trasporti, nel riscaldamento. Ma mentre è consolidata la possibilità di produrre, e utilizzare, localmente idrogeno mediante l’elettrolisi dell’acqua alimentata da fonti rinnovabili, non sono ancora state definite le condizioni e le tecnologiche per la realizzazione degli idrogenodotti su lunghe distanze. Nel migliore dei casi, secondo “The European Hydrogen Backbone (EHB) Initiative”, la realizzazione dei corridoi per l’importazione e il trasporto in Europa dell’idrogeno non potrà essere avviata prima del 2030.

Sembra dunque opportuno e realistico orientare nel breve periodo le risorse europee per la rapida produzione diffusa di idrogeno verde, anche “quello prodotto usando il nucleare “, da impiegare in sostituzione del gas in tutti gli usi possibili. Resta poi da verificare l’efficacia energetica della produzione in Nord Africa di idrogeno con fonti rinnovabili da trasferire in Europa. Non è più semplice trasferire direttamente in Europa l’elettricità prodotta con il sole africano mediante i collaudati cavi sottomarini ad altissimi voltaggio e capacità?

Nucleare

REPowerEU riconosce che “le possibilità di diversificazione sono importanti anche per gli Stati membri che a oggi dipendono dalla Russia per i combustibili nucleari con cui alimentano i reattori destinati alla produzione di energia elettrica o ad altri scopi. Occorre quindi individuare fonti di uranio alternative e potenziare le capacità di conversione, arricchimento e fabbricazione di combustibili in Europa o sul territorio dei partner dell’UE nel mondo”. Ma i combustibili nucleari non sono inseriti nella piattaforma UE per l’energia.
La vulnerabilità energetica dell’Europa non dovrebbe consentire oggi margini alle ipocrisie sul nucleare.

Le fonti rinnovabili

La rapida realizzazione di progetti nel settore dell’energia solare ed eolica unita alla diffusione dell’idrogeno rinnovabile per ridurre di circa 50 miliardi di m3 le importazioni di gas è indicata come priorità degli interventi a breve termine. La Commissione Europea propone di aggiornare gli obiettivi al 2030 della direttiva sulle fonti rinnovabili, passando dal 40 % al 45 % con una capacità complessiva di produzione di energia rinnovabile pari a 1.236 GW.

Un obiettivo ambizioso ma obbligato verso l’indipendenza energetica dell’Europa. Lo sviluppo delle tecnologie per le rinnovabili, l’idrogeno verde e la mobilità elettrica sono ad oggi vincolate all’impiego ed alla trasformazione delle materie prime ( litio, grafite,cobalto… ) e delle terre rare, di cui l’Europa è importatore netto.

REPower “ intende intensificare le attività volte ad assicurare l’approvvigionamento di materie prime critiche ed elaborare una proposta legislativa al riguardo. L’iniziativa mira a rafforzare la catena del valore europea attraverso l’individuazione di progetti di interesse strategico europeo nel campo delle risorse minerarie e delle materie prime critiche”

L’iniziativa europea è giusta, ma in ritardo di almeno 20 anni : la prima direttiva europea sulle fonti rinnovabili nel 2001 avrebbe dovuto essere accompagnata da misure per sostenere lo sviluppo delle tecnologie europee.
Oggi il panorama delle risorse e delle tecnologie chiave per le fonti rinnovabili è ben rappresentato dalla mappa pubblicata nel febbraio scorso da Wood Mackenzie. È probabile che entro i prossimi 10 anni la mappa si arricchisca di nuovi siti in Europa, USA, India. Russia. Ma intanto questa è la situazione. E l’Europa importa il 98% dei metalli e delle terre rare dalla Cina.

Le opzioni sono due:

– l’Europa riduce le sue ambizioni, in attesa di acquisire una propria capacità nelle materie prime, perché decide di eliminare la dipendenza dalla Cina;

– in parallelo allo sviluppo della propria iniziativa, l’Europa riprende il filo della collaborazione tecnologica con la Cina per lo sviluppo delle rinnovabili nell’ambito della partnership bilaterale sui cambiamenti climatici, e nel rispetto delle regole negoziate per sette anni e recepite nel EU–China Comprehensive Agreement on Investment (CAI) che attende da quasi due anni l’approvazione del Parlamento Europeo.

Per chi non lo ricorda, l’Europa ha voluto e ottenuto l’inserimento nel CAI sia del rispetto degli obblighi previsti dalla organizzazione Internazionale del Lavoro, sia della priorità agli investimenti nei settori delle fonti rinnovabili e delle tecnologie a basso contenuto di carbonio. Forse vale la pena ripartire da un dialogo costruttivo.



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