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Da Pechino a Roma. La missione di un inviato (poco) speciale

Wu Hongbo, rappresentante del governo cinese, è in viaggio nel Vecchio continente. Tante tappe, un unico obiettivo: portare risultati positivi a Xi in vista del congresso di ottobre. Ma Italia, Germania e Ue stanno cambiando postura

Tentare di salvare il rapporto con l’Unione europea. Questa la missione al centro del viaggio di tre settimane di Wu Hongbo, diplomatico cinese, ex ambasciatore in Germania e già sottosegretario generale alle Nazioni Unite per gli affari sociali ed economici, tre anni fa nominato primo rappresentante del governo cinese per gli Affari europei. Ultima tappa in Italia. Qui, come raccontano le foto pubblicate da Wang Lutong, direttore generale per gli Affari europei del ministero degli Esteri cinese, ha incontrato Ettore Sequi, segretario generale della Farnesina e già ambasciatore italiano in Cina, Piero Fassino, presidente della commissione Esteri della Camera (da remoto), e alcuni studiosi (tra cui Andrea Margelletti, presidente del Ce.S.I. – Centro Studi Internazionali).

Noah Barkin, senior visiting fellow al German Marshall Fund e managing editor at Rhodium Group, ha recentemente evidenziato come “la ricerca di una politica comune e più chiara nei confronti della Cina inizi e finisca con la Germania”. Ma ha anche sottolineato che il governo tedesco di Olaf Scholz sta valutando le politiche verso la Cina. Un cambio di passaggio già emerso in alcune sue dichiarazioni sui diritti umani e sugli scambi commerciali, che potrebbe indicare una nuova rotta all’Europa. Elementi che l’esperto di Cina ha messo in relazione al tour europeo del diplomatico cinese, che ha fatto tappa in Belgio, Romania, Francia, Repubblica Ceca, Ungheria, Germania, Cipro e infine Italia. “Sembra” che le nuove posizioni tedesche ed europee, con un forte riavvicinamento agli Stati Uniti, stiano generando “una certa preoccupazione” a Pechino, ha spiegato una fonte diplomatica europea citata da Barkin.

La missione, evidenzia l’esperto, segue il tentativo fallito di un altro inviato cinese, Huo Yuzhen, rappresentante speciale per l’Europa orientale, di rilanciare il formato 16+1 durante un tour del mese scorso nei Paesi interessati. Dopo l’uscita della Lituania, il dialogo sembra sempre più difficile: gli Stati europei guardando con sempre maggior attenzione e timore le mosse di Pechino nella guerra russa contro l’Ucraina. Huo aveva proposto di tenere le future riunioni a livello di ministri degli Esteri, un modo per salvare la faccia al formato e anche, soprattutto, al leader Xi Jinping. L’accoglienza per lei e la sua proposta è stata fredda, ha raccontato sempre Barkin. Tanto che un vertice per il decimo anniversario sembra sempre più improbabile.

“Hanno paura di perdere l’Europa”, ha detto l’alto funzionario dell’Unione europea all’esperto. “Il nuovo timore di Pechino è che noi vediamo la Cina come un tutt’uno con la Russia e che un grave deterioramento delle nostre relazioni con la Russia possa portare allo stesso risultato con la Cina”. A Wu, impegnato nella seconda missione in Europa in sei mesi, è stato chiesto di portare risultati “europei” positivi per Xi prima del congresso del Partito comunista in autunno che dovrebbe riconfermarlo alla guida del Paese che appare sempre più vicino al bivio tra statalismo e forti tassi di crescita.

Il suo obiettivo era cambiare i toni per limitare i danni, ha scritto Frederick Kempe, presidente e amministratore dell’Atlantic Council, in un commento per CNBC. “In ogni tappa, Wu ha ammesso che la Cina ha ‘commesso degli errori’, dalla gestione della Covid-19, alla diplomazia del ‘lupo guerriero’, alla cattiva gestione economica”. Un compito “non invidiabile”, l’ha definito Politico, ricordando come già dal summit di inizio aprile erano emerse le distanze tra Unione europea e Cina alimentate dall’invasione russa dell’Ucraina. “Finalmente l’Unione europea sembra capire che non è soltanto l’Unione europea a essere economicamente dipendente dalla Cina, ma anche la Cina dall’Unione europea”, aveva commentato Francesca Ghiretti, analista del centro studi tedesco Merics, a Formiche.net.

“Anche se Wu ha parlato della guerra di [Vladimir] Putin in Ucraina solo indirettamente, il suo messaggio è stato concepito per rassicurare gli europei sul fatto che sono partner preferenziali, rispetto agli Stati Uniti”, ha scritto ancora Kempe. La linea di fondo del diplomatico: “La Cina sarà sempre la Cina, un Paese di crescente importanza e opportunità economica per l’Europa”.

Ma Wu ha un problema: è arrivato in Europa senza nulla di nuovo da offrire. Lo scrive Barkin citando un diplomatico tedesco. E lo confermano a Formiche.net fonti a conoscenza del suo viaggio in Italia (Paese la cui economia è strettamente connessa a quella della Germania). Durante gli incontri di Wu, non sono mancati tentativi di prendere le distanze dalla Russia (il diplomatico come bene come ragiona l’Occidente) e critiche all’Unione europea per l’unità con gli Stati Uniti – per Pechino è “appiattimento” – nella risposta alla Russia (Pechino e Mosca condividono una visione imperialista fatta di concetti come “integrità territoriale” e “non interferenza”). E in particolare all’Italia che, come certificato dalla diplomazia statunitense interpellata da Formiche.net, con Mario Draghi presidente del Consiglio “ha gli occhi ben aperti” verso la Cina e sulle sue “azioni coercitive nel mondo”. Il tutto soltanto tre anni dopo la firma dell’Italia – primo e unico Paese del G7 ad apporla – sul memorandum d’intesa sulla Via della Seta.

Tutte le fonti interpellate hanno sottolineato due aspetti: le critiche e i toni duri. Nessuna, a conferma di quanto appena riportato, ha citato elementi propositivi. D’altronde, anche i più sensibili alle sirene di Pechino tre anni fa, oggi non si fidano molto di quella che la Cina definisce cooperazione “win-win”.

(Foto: IMF)


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