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Israele, Turchia e Iran. Cosa rivelano le ultime mosse dei servizi segreti

Di Gabriele Carrer ed Emanuele Rossi

Terremoto nell’intelligence dei Pasdaran che cambiano il capo dopo 13 anni. Una notizia diffusa mentre Lapid arrivava ad Ankara per rafforzare la cooperazione bilaterale sulla sicurezza

Hossein Taeb non guida più l’intelligence del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica (Pasdaran), agenzia che opera parallelamente al ministero dell’Intelligence iraniano e che lui ha diretto dalla sua nascita, nel 2009. Ad annunciarlo è stato lo stesso corpo militare teocratico, ieri, giovedì 24 giugno, spiegando che la decisione è stata presa dal generale Hussein Salami, il comandante in capo dei Pasdaran. Taeb, promoveatur ut amoveatur, è diventato suo consigliere ed è stato sostituito dal generale Mohammad Kazemi, già capo dell’unità di controspionaggio dalla milizia.

È “un terremoto nella comunità dell’intelligence iraniana, data la durata del mandato di Taeb e la sua vicinanza all’ufficio della Guida suprema”, l’ayatollah Ali Khamenei, per usare le parole di Jason Brodsky, direttore politico dell’organizzazione statunitense United Against Nuclear Iran, che ha commentato ad Al Arabiya English questo sviluppo. La nomina dell’ex capo del controspionaggio è un segnale della preoccupazione dei Pasdaran “per la penetrazione di servizi di intelligence stranieri nei suoi ranghi”, ha aggiunto l’esperto.

La cacciata di Taeb arriva insieme alla sostituzione di Ebrahim Jabbari dal comando dell’unità di sicurezza personale di Khamenei; al suo posto è stato nominato Mashrouei Far. Secondo informazioni non confermabili, la sostituzione avviene per timore che ci siano state infiltrazioni “straniere ostili” nella cerchia del leader supremo.

Tutto arriva in una fase critica per l’intelligence iraniana, tra morti/eliminazioni sospette di militari e scienziati e operazioni di sabotaggio di strutture nucleari e basi di droni e missili. L’Iran ha ufficialmente accusato il Mossad, l’agenzia di intelligence di Israele, di essere dietro alcuni di questi attacchi e ha minacciato di vendicarsi. Da parte sua Israele non ha né rivendicato né negato alcun coinvolgimento. Nei giorni scorsi un portavoce del Mossad ha riferito ai giornalisti che la leadership iraniana non era soddisfatta di Taeb e stava valutando il licenziamento dopo i fallimenti nel fermare gli attacchi interni e nel rispondere a Israele al di fuori del Paese.

A tal proposito, soltanto due settimane fa l’intelligence israeliana aveva invitato i cittadini a lasciare Istanbul “il prima possibile” a causa della minaccia di attentati organizzati dall’Iran. E pochi minuti prima che venisse annunciato il licenziamento di Taeb, la stampa turca ha rivelato il piano per un attentato terroristico iraniano contro cittadini israeliani in Turchia. La scorsa settimana i servizi segreti e la polizia turchi hanno arrestato a Istanbul 10 membri di una presunta rete di spionaggio iraniana che comprendeva sia iraniani sia soggetti reclutati in Turchia, che avevano messo nel mirino gruppi di turisti israeliani a Istanbul e anche diplomatici israeliani. Tra questi, un ex ambasciatore israeliano e sua moglie che soggiornavano in un hotel di Istanbul e che il Mossad ha evacuato con un aereo privato.

Rivelazioni rese pubbliche giovedì mentre Yair Lapid, ministro degli Esteri e prossimo primo ministro ad interim di Israele, arrivava in Turchia per incontrare, l’omologo Mevlüt Çavuşoğlu e anche Hakan Fidan, direttore dei servizi segreti. In conferenza stampa ha spiegato che “l’Iran è dietro questi tentativi di attacchi terroristici, l’intelligence non lascia dubbi” e si è detto “fiducioso” che la Turchia sappia rispondere alla sfida. Çavuşoğlu ha assicurato: “Non permetteremo che simili attacchi terroristici contro gli israeliani abbiano luogo nel nostro Paese e i messaggi necessari sono già stati inviati” all’Iran.

Per Ankara, la collaborazione su sicurezza e condivisione di intelligence è un ottimo aggancio da cui ripartire per recuperare i complicati rapporti con Gerusalemme. Un passaggio che è tra l’altro parte di una serie di distensioni regionali.

La presenza di Lapid nella capitale turca si abbina a quella nello stesso luogo dell’erede al trono saudita, Mohammed bin Salman, appena tre giorni fa e a quella dell’emiro del Qatar al Cairo. È in corso il superamento di alcune divisioni ideologiche che hanno caratterizzato per anni la regione, e Israele e Turchia ne fanno parte.

L’ottica è un pragmatismo che la situazione turca descrive piuttosto bene. Il presidente Recep Tayyp Erdogan ha chiaro che il suo Paese è in difficoltà, da prima della pandemia. La crisi ha poi affossato l’economia turca, facendo svalutare la lira turca e creando un’inflazione da record. La guerra russa in Ucraina, con lo scombussolamento alle catene del valore, energetiche e alimentari, ha affondato il colpo.

A un anno dalle elezioni, il presidente turco ha accettato compromessi. La distensione con Riad, Abu Dhabi e Gerusalemme arriva come conseguenza dell’allentamento su alcuni dossier regionali come la Libia, il Mediterraneo orientale. Oltretutto quei tre Paesi sono parte di un asse in costruzione, catalizzato dagli Stati Uniti, per un nuovo sistema di sicurezza e difesa regionale.

Un’architettura in cui la Turchia vuole avere un ruolo, rivendicando capacità geostrategiche (anche in ottica Nato). L’Iran diventa un ottimo punto di contatto. Ankara e Teheran vivono una fase tesa delle relazioni per via di una diatriba che riguarda le acque di confine, diventate sempre più indispensabili in mezzo a siccità (e tempeste di sabbia) e crisi alimentare.

In questi giorni, per due volte, le milizie sciite irachena collegate ai Pasdaran hanno colpito il giacimento di Khor Mor, nel Sud-Ovest della provincia di Sulaimaniyah, nell’Iraq centro-settentrionale. Il reservoir è sviluppato dalla società Dana Gas degli Emirati Arabi Uniti e produce gas naturale per quasi l’80% delle centrali elettriche della regione del Kurdistan. Un’area in cui la Turchia è attiva anche militarmente e dunque può tornare utile per certi interessi comuni.

Istanbul potrebbe fornire spazio per un centro di coordinamento che si occuperà di gestire il traffico di grano dall’Ucraina (dove è bloccato a causa della guerra). È un’evoluzione che riporta la Turchia al centro delle dinamiche negoziali sul conflitto e che potrebbe essere apprezzata sia dall’Occidente, sia dai Paesi del Medio Oriente che soffrono le conseguenze della guerra sul mercato degli alimenti – e da quelli che stanno lavorando per aiutare gli altri (come il caso di Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Qatar con l’Egitto).

Un altro allineamento interessante nell’ottica di cooperazioni per necessità che diventano veicolo di dinamiche più ampie: Israele ha inviato due aerei per aiutare i turco-ciprioti a combattere un incendio in un’area montuosa nel nord dell’isola mediterranea. Altri due aerei inviati dalla Repubblica di Cipro, controllata dai greco-ciprioti, altri dalla Turchia, dalle Nazioni Unite e dal Regno Unito, che ha due basi militari sull’isola.

(Foto: Twitter @YairLapid)


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