Consiglio federale convocato per lunedì dopo le decisioni europee sulle auto e sui tassi d’interesse. “Un attentato di Bruxelles all’Italia”, dice il segretario. Ma Giorgetti, Zaia e Fedriga…
È un Matteo Salvini tornato alle origini. O quantomeno alla campagna elettorale in vista del voto di inizio 2018, quello tenutosi dopo le vittorie della Brexit nel Regno Unito e di Donald Trump negli Stati Uniti nel giro di pochi mesi, tra giugno e novembre 2016. Il segretario della Lega ha convocato per mezzogiorno di lunedì un consiglio federale “urgente” per fare il punto su quello che senza mezzi termini ha definito “un attentato di Bruxelles all’Italia”, che rischierebbe di fare la fine della Grecia, svenduta dall’Unione europea.
Sul tavolo di via Bellerio, Salvini proporrà ai suoi la linea per far fronte alla crisi finanziaria e economica, dopo il crollo della borsa e le misure “anti-italiane” volute dalla Banca centrale guidata da Christine Lagarde (rialzo dei tassi d’interesse) e della Commissione europea (stop alle auto inquinanti dal 2035, con possibili ricadute sull’industria di settore nazionale). Per Salvini “è necessario reagire subito per difendere il lavoro e i risparmi degli italiani”. “Chiederemo al governo di reagire, rischiamo una tempesta devastante, vedremo che proposte economiche mettere in campo”, ha sottolineato a margine della sua visita al salone del mobile a Milano. Poi ha aggiunto: “Già oggi chi ha dei risparmi in banca ne ha perso il 20%, non vorrei che peggiorasse”.
L’incontro milanese arriva anche all’indomani del voto sui referendum e delle amministrative. Sarà, dunque, l’occasione per fare il punto sui risultati elettorali.
Ma non solo. Dopo le polemiche per la tentata visita a Mosca, il leader ha la necessità di ricompattare il partito. Il recente voto del Parlamento europeo che impone lo stop alla vendita di auto non elettriche a partire dal 2035 potrebbe rappresentare un punto di partenza. “Una grande delusione, una scelta ideologica”, l’ha definito Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico e numero due della Lega, parlando con Il Messaggero. Il ministro è preoccupato dagli effetti negativi che si produrranno nel nostro Paese, come anche in Francia e in Germania. “Perché il destino dell’auto non è solo elettrico, a meno che non si voglia fare un regalo alla Cina che su questo fronte è davanti a tutti”, ha spiegato.
Rimangono però distanze sulla natura del partito. Da una parte il “Prima l’Italia” di Salvini, dall’altra Giorgetti e i governatori Luca Zaia e Massimiliano Fedriga, rispettivamente di Veneto e Friuli-Venezia Giulia, che hanno registrato parecchi malumori interni dopo la decisione di oscurare il Carroccio e l’Alberto da Giussano in occasione della recente campagna di tesseramento leghista.