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Linee russe. Su Biden cala l’ombra mid-term

Di David Unger

Il presidente americano Joe Biden ha tracciato linee rosse molto chiare per definire il sostegno armato alla resistenza ucraina. Ma a Washington c’è un fronte bipartisan che vuole varcarle man mano che si avvicinano le mid-term: un grande rischio. Il commento di David Unger (Johns Hopkins)

Joe Biden ha ripetuto più volte, l’ultima in un editoriale sul New York Times del 31 maggio, che intende fare tutto quel che è in suo potere per aiutare l’Ucraina a difendersi contro l’invasione russa, senza varcare la linea di un conflitto diretto degli Stati Uniti o della Nato con la Russia.

Per dirla con le sue parole: “Non vogliamo una guerra tra Nato e Russia. Per quanto io sia in disaccordo con Putin e consideri le sue azioni un oltraggio, gli Stati Uniti non proveranno a cercare una sua sostituzione a Mosca. Finché gli Stati Uniti o i nostri alleati non saranno attaccati, non saremo coinvolti direttamente nel conflitto, né inviando truppe americane a combattere in Ucraina né attaccando forze russe. Non stiamo incoraggiando o permettendo all’Ucraina di colpire al di là dei suoi confini. Non vogliamo prolungare la guerra solo per infliggere sofferenza alla Russia”.

Sono linee guida solide per la politica estera americana. Ma la coincidenza fra le parole di Biden e i fatti talvolta suscita qualche dubbio. Ad esempio, nello stesso editoriale Biden ha annunciato che gli Stati Uniti invieranno all’Ucraina sistemi missilistici avanzati e a medio raggio capaci di colpire obiettivi all’interno della Russia. Il presidente ha aggiunto di aver insistito con la controparte ucraina affinché non spari quei missili nel territorio russo. Ma è davvero realistico aspettarsi che un Paese in lotta per la sua stessa sopravvivenza onori un giuramento simile? E se l’Ucraina sparasse davvero quei missili sul territorio russo, gli Stati Uniti sarebbero disposti a dare un taglio all’invio di armi alla resistenza? “Fidati, ma verifica”, diceva Ronald Reagan.

Nel recente passato alti ufficiali dell’amministrazione Biden si sono spinti oltre quelle prudenti linee rosse. Dalla dichiarazione di marzo di Biden stesso secondo cui Putin “non può rimanere al potere” a quella del Segretario della Difesa americana Lloyd Austin che in aprile ha spiegato come l’obiettivo di Washington sia “indebolire” la Russia. Questi sentimenti sono comprensibili di fronte all’aggressione e alle atrocità russe nonché alle minacce nucleari di Putin. Ma al tempo stesso dichiarazioni di questo genere vanno ben al di là delle linee tracciate da una politica estera americana prudente.

Per il momento, entrambi i partiti al Congresso e in generale l’opinione pubblica sostengono queste politiche assertive. Alcuni dei leader democratici spingono per andare oltre le linee guida di Biden sulla vendita di armi. Fino a questo punto vorrebbe senz’altro spingersi l’ala del Partito repubblicano vicina a Mitch McConnell. Voci dissenzienti si fanno strada soprattutto tra i trumpiani e libertari contrari alla guerra come il senatore repubblicano del Kentucky Rand Paul.

Non dovrebbe sorprendere. Agli occhi degli americani, a differenza degli europei, queste politiche sembrano gratis. Non rischiano alcun cortocircuito energetico o delle supply chain alimentari dalle sanzioni alla Russia o dal blocco dei porti ucraini. Possono invece godersi un presunto ritorno ai giorni gloriosi della leadership americana durante la Guerra fredda. Ovviamente il costo della guerra e delle sanzioni è già riflesso nei prezzi in aumento del carburante e dei beni alimentari americani. E quelle transazioni multimiliardarie per la vendita di armi all’Ucraina stanno gonfiando il deficit e l’inflazione, sebbene al tempo stesso aiutino a rimettere in asse la bilancia dei pagamenti e il tasso occupazionale dell’industria militare.

Avvicinandosi alle elezioni di metà mandato di quest’anno con prospettive non rosee nei sondaggi, Biden e i Democratici temono di perdere la loro maggioranza al Congresso, peraltro già più sottile di un rasoio. La performance di questa amministrazione su temi come il Covid, il condono del debito studentesco, la riforma dell’immigrazione è stata debole. Quella in politica estera, dal fallimentare ritiro dall’Afghanistan allo stallo dei dialoghi nucleari con l’Iran, offre ben pochi assist per la campagna elettorale. Da qui nasce la continua tentazione di spingere oltre quelle sagge e calibrate linee rosse sul sostegno all’Ucraina. Una tentazione cui è bene resistere.

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