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La recessione non viene dall’Ovest. Ecco perché

Non c’è da temere per l’Unione europea di una recessione che venga dall’Ovest. Ci sono, però, preoccupazioni dall’Est e dalla stessa Ue. Il commento di Giuseppe Pennisi

L’America – scrive l’ultimo fascicolo di The Economist – sarà fortunata ad evitare una recessione nei prossimi due anni. Poiché la Federal Reserve sta aumentando in modo aggressivo i tassi di interesse per contenere l’inflazione, la pressione al ribasso sulla crescita sarà intensa. Non ci sono due recessioni uguali. Le due più recenti in America – la crisi finanziaria globale del 2007-09 e l’inizio da brividi della pandemia di Covid-19 – sono state forti.

C’è motivo di cauto ottimismo – aggiungiamo – sul fatto che una recessione Usa in arrivo sarà più mite. Le famiglie hanno ampi risparmi, in parte grazie ai pagamenti di ristori e stimoli durante la pandemia (hanno raggiunto l’equivalente del 26% del Pil). Un mercato del lavoro molto serrato può ammortizzare le persone dalla disoccupazione (ora attorno al 3,5% del Pil, quindi frizionale). Molte aziende si sono finanziate con prestiti a basso costo. Le banche, nel frattempo, hanno situazioni migliori di 15-10 anni fa, rendendole più sicure. Invece, la preoccupazione è su come i responsabili politici risponderanno. Dopo aver combattuto l’alta inflazione, potrebbe esserci poco appetito a Washington per una grande spinta fiscale o monetaria per rilanciare la crescita. Specialmente in vista delle ormai imminenti elezioni di mid term e delle presidenziali del 2024.

Non c’è da temere per l’Unione europea di una recessione che venga dall’Ovest. Ci sono, però, preoccupazioni dall’Est e dalla stessa Ue.

Dall’Est, il crollo della produzione industriale in Cina, con riduzione dei semilavorati, di cui il mondo ha bisogno: l’aumento del costo del gas naturale, con uno shock energetico del tutto asimmetrico (soprattutto nella Ue e meno negli Usa), con indebolimento di tutti i Paesi Ue; l’aumento del corso del petrolio (120 dollari al barile) anche se ne è stata cresciuta la produzione; l’aumento del costo di mais e granaglie (significativo negli ultimi 8 mesi); la scarsità, nella Ue, di materiali essenziali (chip) e di energia. Inoltre, nell’Ue aumenta il numero degli occupati e si riduce il tasso di disoccupazione, mentre il 25% delle imprese lamenta una scarsità di manodopera. Tuttavia, nel mercato del lavoro le cose stanno cambiando: l’inflazione potrebbe apportare una accelerazione dei salari (partendo dai salari bassi). Inoltre la fiducia sia delle famiglie sia delle imprese è crollata del 22% (Marzo 2022).

In questo quadro occorre chiedersi se sia appropriato attendere la Nadef (Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza) il 28 settembre per aggiornare la strategia economica o se non sia il caso di farlo con un breve documento prima di allora.


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