L’inaccettabile eclissi del referendum da parte dei media, la fuga di Salvini, l’errore di Enrico Letta e l’alleanza nociva con i 5S, Tangentopoli e i pm star mediatiche, la forza del garantismo e cinque buone ragioni per votare Sì. Parla la senatrice Emma Bonino, storica leader dei Radicali
Il 12 giugno gli italiani saranno chiamati alle urne per esprimersi in merito ai cinque quesiti del referendum sulla giustizia. Eppure, la copertura mediatica sul tema è insufficiente, e i media non riescono o non intendono porre al centro del dibattito la questione dell’ordinamento giudiziario. Abbiamo contattato Emma Bonino, leader radicale, senatrice di +Europa, già ministro degli Esteri.
Perché la proposta referendaria non trova spazio sufficiente in tv, sui siti e sui giornali?
Perché fa poco share, immagino. Giornali, Tv e siti di informazione si interessano di giustizia solo nella sua dimensione manettara: se c’è il mostro da sbattere in prima pagina, ovviamente senza che sia stata emessa alcuna sentenza o addirittura che ci siano indagati. E questo non riguarda solo i politici, ma anche le persone comuni. Dalla giustizia dipendono i nostri diritti e la nostra economia, la giustizia giusta è alla base del patto tra Stato e cittadino, è la garanzia della nostra libertà. Ecco perché +Europa è schierata in maniera convinta per il Sì.
È inaccettabile la totale eclissi del referendum giustizia sui mezzi di informazione. Mentre siamo sotto attacco da parte della Russia di Putin, dove la libertà dei cittadini è annichilita, la nostra democrazia ci offre uno strumento come il referendum per affermare la volontà popolare. I media italiani così impegnati nel dare la parola ai propagandisti di Putin, dovrebbero in questi ultimi giorni aprire un grande dibattito democratico sui quesiti. La Rai in particolare sta abdicando al suo ruolo di servizio pubblico.
Al di là degli organi di stampa, non si vede una grande mobilitazione neppure da parte dei partiti promotori. Sembra che, dopo aver annusato una potenziale disfatta, abbiano paura di metterci la faccia…
È così: a cominciare da Salvini, che ha dapprima lanciato i referendum per poi abbandonare la nave. Ma è troppo impegnato a mettere in discussione le scelte di Draghi e a correre in soccorso dell’amico Putin per avere la priorità dei referendum, che pure ha promosso. Ad ogni modo, la mia storia è fatta di battaglie anche quando, il più delle volte, si trattava di andare contro corrente. Non è mai stato lo share, né tantomeno i like, a indicarmi la strada. Per altri non è così, evidentemente.
“Inneggiavo a Mani Pulite, ora lotto con i Radicali per i referendum”. Questa la dichiarazione rilasciata quattro giorni fa da Roberto Calderoli. Lo squilibrio dei poteri, tra politica e magistratura, è frutto di quella stagione? È necessario un serio processo di autocritica e di revisione degli avvenimenti che scandirono il biennio ’92-’93?
Sicuramente quella stagione ha contribuito a creare la figura dei Pm star mediatiche e ha creato un rapporto vizioso tra magistratura e giornalisti: dopo Tangentopoli, la fuga di notizie dalla Procura è diventata un’arma nelle mani di Pm e direttori di giornali per creare i casi, condizionare le indagini, influenzare l’opinione pubblica e più di una volta distruggere l’immagine di indagati destinati a risultati innocenti. Poi, fa sempre piacere quando qualcuno cambia idea e riconosce le tue ragioni. Da Mani pulite ad oggi, la Lega ha alimentato un clima giustizialista: bene che Calderoli oggi si ritrovi garantista, ma mi consenta di dirgli che garantisti lo si è sempre, anche con gli immigrati. Lui e Salvini sono d’accordo?
Togliatti sosteneva: “la magistratura è un ordine, non un potere”. Cosa pensa dell’atteggiamento di Enrico Letta, della sua scelta di “votare no” e al contempo di lasciare ampia libertà di decisione a dirigenti, parlamentari e iscritti? Perché il riequilibrio dei poteri è un argomento tabù nel centro-sinistra?
Credo che da tempo l’elettorato di centrosinistra abbia compreso l’importanza della giustizia e si senta garantista. E che non voglia consegnare la bandiera del garantismo al centrodestra, che non la merita. Ecco perché ritengo che il Pd stia commettendo un grave errore nello schierarsi per il no: come Letta ben sa, tantissimi militanti e dirigenti del Pd voteranno sì. Anche da questo si vede come l’alleanza con il M5S stia danneggiando il Pd, riportandolo alle posizioni giustizialiste della Riforma Bonafede. Per salvaguardare un’alleanza che si tiene con lo scotch, il Pd si appiattisce sulle posizioni manettare dei grillini. Indicando di votare No, inoltre, Letta ha di fatto rivolto un invito all’astensione per far fallire i referendum: non un bel messaggio per chi vuole partecipare alla politica, soprattutto se giovani. Per loro fortuna c’è +Europa che sta lavorando su tutto il territorio, insieme ad Azione, per spiegare le buone ragioni dei sì. Tantissimi ragazzi ci stanno scrivendo per sapere di più su questi quesiti.
Se non verrà raggiunto il quorum, vi sarà il rischio che alcuni ambienti giustizialisti strumentalizzino la bassa affluenza come una volontà del popolo italiano di accettare lo status quo in materia?
Sia chiaro, la Riforma Cartabia che è in approvazione in parlamento è un’ottima riforma che sostengo convintamente perché fa fare un passo avanti importante in avanti rispetto allo spirito giustizialista della Riforma di Conte-Bonafede. La signora Ministro Cartabia ha dovuto necessariamente arrivare a un compromesso con le forze di maggioranza, che hanno idee molto diverse. I referendum propongono riforme molto più nette in chiave liberale: si tratta di cinque Sì per avere una magistratura che abbia criteri di valutazione basati sul merito e non sulle conoscenze, una netta divisione tra magistratura inquirente e giudicante, meno innocenti in carcere e una maggiore attenzione al criterio della presunzione di innocenza, in particolare per gli amministratori locali che sono maggiormente soggetti a incorrere in procedimenti penali.