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Russia vs Europa. La sfida da vincere si chiama sovranità

Alla “Davos russa” Putin rilancia un suo leitmotiv contro l’Europa, accusata di rinunciare alla sua sovranità. Un paradosso, per chi viola di continuo il diritto internazionale. Ma un esame di coscienza europeo è necessario. L’analisi di Leonardo Bellodi, autore di “La nuova sovranità” (Giappichelli)

Nel suo discorso al Summit di San Pietroburgo, la Davos russa che fino a un paio di anni fa era un evento ineludibile per centinaia di amministratori delegati delle più importanti multinazionali, Vladimir Putin non ha mancato di sottolineare la centralità del concetto di sovranità dello Stato sottolineando al contempo come l’Unione Europea l’abbia da tempo persa o forse non l’hai mai veramente detenuta.

L’essere sovrano è da anni un leit motiv nei discorsi di Putin. Nel febbraio del 2007, all’annuale Conferenza di Sicurezza di Monaco nella sala del Bayerischer Hof, per trenta minuti ha accusato gli Stati Uniti di voler creare un mondo unipolare dove vi è “un solo padrone, un solo sovrano”.

La Carta delle Nazioni Unite fa propri consolidati principi di diritto internazionale quali quello di non intervento e uguaglianza giuridica degli Stati che sono corollari dell’essere sovrani. È dunque un paradosso che questo concetto sia evocato da un uomo che non ha esitato a violare in modo così fragrante fin dall’invasione della Crimea l’integrità territoriale di un altro Stato, l’Ucraina, nonché il trattato (memorandum) di Budapest Memorandum del 1994, con il quale la Russia garantiva la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina in cambio della consegna da parte di quest’ultima del terzo più importante mondo arsenale di armi nucleari. Un altro aspetto di questo paradosso è che la sovranità è menzionata da uomini “forti” al governo. Da Putin a Xi-Jinping per arrivare a Viktor Orban.

La guerra Ucraina e il conseguente discorso di Putin hanno messo in evidenza la fragilità dell’Unione Europea. All’ inizio del conflitto gli Stati membri dell’Unione avevano trovato una certa coesione soprattutto in tema di accoglienza dei profughi ucraini. Stati da sempre stati reticenti nell’accogliere immigranti si sono subito dimostrati disponibili a cambiare atteggiamento. In tema di sanzioni, si sono però aperte le prime crepe a seguito del veto del presidente ungherese Orban di varare l’embargo al petrolio russo.

A mio parere, è stato un grande errore politico quello di non cambiare le norme del Trattato dell’Unione Europea prima dell’adesione nell’ Ue dei Paesi dell’ ex Unione Sovietica. Quando l’Unione, allora Comunità Europea, era composta da pochi Stati like minded, la regola dell’unanimità in certi settori, quali appunto quello delle sanzioni e della politica internazionale, aveva un senso. Con l’allargamento questa regola ha mostrato tutti i suoi limiti e l’Unione rischia la “sindrome delle Nazioni Unite” dove il potere di veto dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza paralizza le decisioni più importanti e sensibili.

La copertina del libro

Un impasse difficilmente superabile dal momento che per cambiare la regola dell’unanimità occorre … l’unanimità. Ma ha ragione Putin quando dice che l’Unione Europea non è sovrana? Sicuramente ha torto quando fa intendere che l’Ue abbia messo da parte i propri interessi nel seguire la linea degli Stati Uniti in tema di sanzioni alla Russia. È infatti un esercizio di sovranità il poter decidere la linea di politica estera da seguire (quando non vi è coercizione e non è ovviamente questo il caso).

Per essere sovrani bisogna però essere in grado di esercitare la sovranità. E qui la faccenda diventa più complicata. Al momento l’Ue non ha né un esercito né una politica di difesa comune. E, come ci stiamo accorgendo in questi mesi, non siamo certo indipendenti dal punto di vista della sicurezza degli approvvigionamenti energetici.

 

Il punto è che spesso in questi anni l’Unione Europea ha forse commesso l’errore di essere autoreferenziale e di compiere certe scelte nell’errata convinzione che il resto del mondo avrebbe seguito la propria linea. Non è stato così. E se e essere sovrani significa anche essere competitivi, autorevoli e il poter parlare a bassa voce con un grande bastone in mano allora noi europei siamo meno sovrani di altri.

In tema energetico, l’atteggiamento comune a molti Stati membri di non autorizzare nuove prospezioni ha aumentato la nostra dipendenza dall’estero. In merito all’ineludibile lotta al cambiamento climatico, l’Ue ha adottato politiche molto severe (giustamente) ma che non sono state seguite da altre regioni del mondo facendo perdere competitività al nostro settore industriale. Per quanto riguarda la nostra politica antitrust, l’idea della Commissione è di creare una perfetta concorrenza intracomunitaria vietando così molte concentrazioni tra imprese e imponendo la separazione di settori integrati verticalmente dimenticando però che la concorrenza al giorno d’oggi non avviene tra aziende dell’Unione ma tra aziende europee e aziende del resto del mondo.

A proposito: dopo che il Regno Unito è uscito dall’Unione Europea, Boris Johnson ha tolto la piena immunità diplomatica al rappresentante dell’Unione europea a Londra. Secondo Londra non aveva diritto alla piena immunità, perché non rappresenta uno Stato ma un’Unione che, nell’interpretazione del governo inglese, è una  semplice organizzazione internazionale come le Nazioni Unite o la Nato dove i rappresentanti hanno dei diritti ma non  i pieni privilegi riconosciuti agli ambasciatori di Stati sovrani.


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