Pubblichiamo un estratto de La rivoluzione della cittadinanza attiva. Come sopravviveremo a guerre, pandemie e a un sistema economico e ambientale in crisi (Emi), l’ultimo saggio dell’economista Leonardo Becchetti
Ci sono un meccanico, un dottore e un economista sostenitore del voto col portafoglio. Chi ha la vita più facile nella soluzione dei problemi che si accinge a voler risolvere? Senza dubbio il meccanico. Un cliente gli porta un’auto con un guasto, gli affida le chiavi della macchina, lui si mette al lavoro e, se capace, nessuno può frapporsi alla sua idea di soluzione del problema. Per il dottore la vita è un pochino più difficile. Parliamo di un medico bravo e competente che ha visitato un paziente, capito dove sta il problema ed effettuato una diagnosi corretta. Prescrive al paziente un farmaco che può guarirlo.
Dopo qualche giorno il paziente però torna nuovamente dal dottore e dice che sente ancora dolore. Il dottore gli chiede se ha preso la medicina. Il paziente dice di no perché non si fidava fino in fondo, è andato su internet e ha trovato controindicazioni, aveva deciso tra tanti dubbi alla fine di comprarla, ma poi è rimasto impressionato dai possibili effetti collaterali indicati dal foglietto della posologia. Insomma per il medico la vita è molto più dura di quella del meccanico. Può essere bravo e avere la ricetta giusta, ma la sua possibilità di successo dipende dalla collaborazione del paziente.
Per l’economista civile che propone la ricetta del voto col portafoglio la vita è ancora più dura di quella del meccanico e del medico. La ricetta è quella giusta senza dubbio, perché se i consumatori votano col portafoglio il voto col portafoglio produce i suoi effetti. Può funzionare, ma la volontà dell’economista non basta.
E non basta nemmeno che un solo paziente/cittadino si convinca e prenda la medicina (inizi a votare col portafoglio). La condizione necessaria e sufficiente perché la medicina funzioni è che un certo numero minimo di cittadini prenda la medicina e voti col portafoglio. Da vent’anni fa ad oggi qualcosa è migliorato in quella direzione.
Nel campo della finanza i pazienti sono consapevoli, informati e tutto sommato non particolarmente numerosi. Grazie all’azione pionieristica di alcuni che sono stati i primi a prendere la medicina (in Italia il nostro Etica sgr) si sono convinti che può funzionare e che è nel loro interesse farlo (per proteggersi dal Rischio Esg, cioè quello dovuto a problematiche ambientali, sociali e di governance). Un altro grande paziente (il settore pubblico), che da solo fa quasi il 20% degli acquisti, inizia a capire di dover muovere in quella direzione ed è uno dei più interessati a farlo.
Ma soprattutto i sintomi della malattia sono diventati molto più gravi se guardiamo al fronte delle diverse patologie del sistema. Ogni giorno leggiamo di guerre, pandemie, incendi, temperature estreme, eventi climatici drammatici da qualche parte del mondo. Ultimamente la nostra vita sembra precipitata in una terzina di Nostradamus. E questo dovrebbe spingere i pazienti ancora riluttanti a capire la situazione e a prendere la medicina.
I segnali che dietro queste grandi crisi (e forse proprio a causa della loro spinta decisiva) le cose stanno cambiando si moltiplicano. La domanda è se la medicina farà in tempo a salvare il paziente. Ma questo dipende anche da noi che siamo quelli che dovrebbero prendere il farmaco e votare col portafoglio.