Uno degli aspetti più misteriosi del Pnrr è legato ai controlli sulle opere che verranno finanziate con il rischio di mille rivoli di spesa che si concluderanno (complici progetti carenti, inflazione, mancanza di verifiche e certificazioni finali) in opere incompiute. Ho accompagnato la scorsa settimana una coppia di amici cileni in Sicilia che volevano assolutamente vistarla per scenari e monumenti che l’hanno resa famosa nel mondo.
Dopo il benvenuto a Palermo all’aeroporto di Punta Raisi (ora Falcone e Borsellino) in perenne ristrutturazione e dove – da decenni – si procede nel consueto slalom tra le transenne arrugginite, nei giorni successivi ho rivisto la solita terra meravigliosa e dai monumenti unici, ma sepolti tra cumuli di immondizie, sporcizia, degrado, strade a pezzi, palazzi puntellati, disordine.
Una umiliazione profonda come italiano (e con gli amici cileni sbalorditi) quando mi facevano notare gli onnipresenti cumuli di rifiuti perfino ai margini della Valle dei Templi, tra mancanza di servizi e parcheggi polverosi. In giro per tutta l’isola strade (“autostrade”?!) gratis ma fatiscenti e con decine di deviazioni stradali, ponti sconnessi, soprattutto ovunque una sporcizia ostentata e sconcertante. A simbolo un materasso bruciato appoggiato al cartello che – salendo da Porto Empedocle – informa che siete quasi arrivati al tempio di Giunone, meraviglia di 2600 anni fa.
Non è certo solo la Sicilia ad essere conciata così, basti pensare ai rifiuti e ai cinghiali per le vie di Roma, ma anche – spesso – alle aree di servizio intorno alle “nostre” autostrade del nord (per esempio appena fuori Malpensa), ma certamente al sud il fenomeno è moltiplicato. Colpisce soprattutto la sciatteria e l’incuria che in tutta Italia accompagnano spettacoli e panorami unici tra il disinteresse, il senso di abitudine e di sopportazione di chi non si indigna nemmeno più, forse auto-dichiarandosi impotente.
Non tutto – va sottolineato – anche in Sicilia è cosi: il parco archeologico di Selinunte, per esempio, è tenuto molto bene e anche un disabile può spostarsi con dei mezzi accessibili, la stessa Catania mi è sembrata una città rinnovata e vivace, a Monreale il duomo (di proprietà diocesana) è un esempio di visita organizzata e razionale mentre Palermo appare decisamente abbandonata a sé stessa.
In giro per l’isola – come in tutta Italia – si notano tante piccole iniziative di rilancio, di evidenti tentativi di riscatto, ma sembrano naufragare nell’indifferenza.
Ma perché ridursi così?
Eppure mille cartelli sottolineano come la specifica opera (purtroppo di solito già cadente o semidistrutta) era stata pagata o cofinanziata dall’Unione europea e che quindi non è vero che già in passato non si abbiano avuto a disposizione somme enormi per tentare un riscatto che però alla fine non si è visto.
Sembra infatti che nessuno sia mai responsabile. Per esempio le “autostrade” siciliane sono gestite dall’Anas, ma possibile che non ci sia un responsabile per i cantieri infiniti, il cemento che si sbriciola, i parapetti scannati? Alla fine la soluzione è chiudere, deviare, sospendere il passaggio. Come per altre mille strade italiane da Catania a Palermo ci sono decine di cantieri (fermi) e decine di viadotti chiusi al traffico: perché? Nessuno ha collaudato quelle opere, nessuno le ha verificate, nessuno è impegnato al loro ripristino in tempi certi?
Di qui un diretto riferimento al Pnrr mi sembra evidente: che garanzia c’è che “questa volta” i soldi verranno spesi meglio e con quali priorità? Forse la vera “mission” italiana non sarebbero tanto puntare su nuovi investimenti (controllati poi da chi?) ma fare uno sforzo collettivo – prima di tutto mentale – per mantenere anche solo quello che abbiamo avuto in dono prezioso dai nostri antenati. Un patrimonio da saper mostrare agli occhi del mondo, con potenziali vantaggi enormi e milioni di nuovi posti di lavoro grazie a un turismo rispettoso, integrato, moderno.
Invece continuiamo a buttar via le meravigliose risorse che abbiamo ed evidentemente non sono serviti ad insegnare nulla neppure i decenni di sfruttamento del suolo tra distruzioni, abbandoni e saccheggi.