Skip to main content

Le incognite per le imprese sulle sanzioni alla Russia

Di Sara Armella

Sono ancora molte le imprese che, a mesi di distanza dall’entrata in vigore, non conoscono né il preciso contenuto, né le conseguenze della violazione di tali regolamenti e che rischiano pesanti sanzioni, economiche e di natura penalistica. L’intervento di Sara Armella, avvocata, docente universitaria, presidente della Commissione Dogane & Trade Facilitation della Camera di Commercio internazionale

Un nuovo disordine mondiale, interruzione delle catene di fornitura internazionale, blocchi all’export verso la Russia e contromisure di Mosca verso le imprese occidentali, divisione del mondo in blocchi di Paesi accomunati dalla visione politica, ma distanti geograficamente ed economicamente. È questo il quadro che emerge dopo due anni di pandemia e, soprattutto, a seguito dell’invasione dell’Ucraina, che ha segnato lo spartiacque tra prima e dopo il 24 febbraio 2022.

L’invasione russa dell’Ucraina ha comportato l’adozione, da parte dell’Unione europea, di ritorsioni economiche realizzate attraverso una serie di regolamenti, ossia atti normativi direttamente applicabili in tutti gli Stati membri, senza necessità di una legge nazionale di recepimento. Sono ancora molte le imprese che, a mesi di distanza dall’entrata in vigore, non conoscono né il preciso contenuto, né le conseguenze della violazione di tali regolamenti e che rischiano pesanti sanzioni, economiche e di natura penalistica.

Da rilevare, infatti, che i sei pacchetti di sanzioni finora adottati da Bruxelles hanno l’obiettivo di limitare sensibilmente gli scambi con la Russia e che, in particolari settori, hanno creato veri e propri blocchi all’import e all’export, attraverso una serie di liste di prodotti vietati, che presuppongono un’approfondita conoscenza delle regole di classificazione doganale, di natura molto tecnica.

Anche i contratti di fornitura e di vendita verso altri territori devono essere attentamente monitorati e, se del caso, adeguati al nuovo scenario, considerata la tendenza di molte imprese a tentare di aggirare i divieti, facendo ponte in un Paese non allineato alle sanzioni occidentali. Va ricordato, infatti, che solo il 19% degli Stati del mondo ha deciso di rispondere alle azioni del Cremlino con restrizioni economiche, anche se in termini economici rappresentano il 59% del prodotto interno lordo mondiale. In assenza di misure extraterritoriali o secondarie, volte a colpire anche i Paesi non allineati, la Russia dispone di alcuni margini di manovra per dirottare i propri flussi commerciali e tentare di aggirare le misure restrittive previste.

Numerosi i settori economici e i divieti previsti nei confronti della Russia.

Anzitutto, sono vietate le operazioni concernenti i beni dual use, comprensivi di tutte le merci e le tecnologie utilizzabili sia a fini civili che militari, ma anche le altre tecnologie utilizzabili per la sicurezza e la difesa (c.d. “quasi dual-use”), nonché i prodotti che interessano il settore dell’energia, con blocchi verso l’industria della raffinazione del petrolio e dei carboturbi. Tali divieti perseguono, in particolare, l’obiettivo di impedire il rinnovamento dell’arsenale militare russo, bloccando ogni esportazione per i pezzi di ricambio necessari ai vari mezzi utilizzati per l’offensiva in Ucraina.
Risponde, invece, alla finalità di colpire e sensibilizzare la classe dirigente russa, il divieto imposto sulle esportazioni dei beni di lusso, tra cui numerosi prodotti tipici del Made in Italy, come i vini, tartufi e gioielli del valore superiore a 300 euro, automobili dal valore superiore ai 50.000 euro e motocicli che valgano più di 5.000 euro (nonché altri beni specificamente indicati nel Regolamento UE 2022/428).

Sono, inoltre, vietate le esportazioni in Russia dei prodotti in grado di contribuire alla crescita industriale e all’apparato produttivo.

Parallelamente a tali misure sull’export, la Commissione UE ha contestualmente previsto numerosi divieti alle importazioni, colpendo i settori di maggiore interesse per l’industria russa. È stato, infatti, vietato l’import dei prodotti siderurgici russi e dei prodotti tipici (come caviale, vodka, e i concimi), nonché materie energetiche come il carbone o il petrolio (quest’ultima con una serie di significative eccezioni per alcuni Paesi Membri come Ungheria, Bulgaria, Repubblica Ceca e Croazia).
Tali divieti non riguardano soltanto le operazioni direttamente effettuate dall’Italia alla Russia, è infatti vietato ogni trasferimento diretto o indiretto, a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità od organismo in Russia o relativo a prodotti provenienti da tale Paese.

Anche le eventuali triangolazioni in Paesi non allineati alle sanzioni europee, come la Turchia o Serbia, sono trattate dalle Autorità europee alla stregua di dirette esportazioni in Russia o dal territorio russo.

In questo contesto, è indispensabile per le imprese e per gli operatori che operano nel commercio internazionale effettuare una due diligence preventiva dei prodotti e delle loro destinazioni, al fine di evitare di incorrere nelle rilevanti sanzioni previste in caso di inosservanza degli obblighi in questione.

Nell’ottica di dimostrare la buona fede dell’impresa, tutelandosi da possibili contestazioni “a posteriori” di comportamenti elusivi delle misure restrittive, la Commissione UE ha consigliato agli operatori europei di inserire delle specifiche clausole contrattuali con i propri partner commerciali dei Paesi terzi, al fine di ottenere una conferma sulla destinazione finale dei prodotti al di fuori del territorio russo (end user statement) o sull’origine dei prodotti importati, con esclusiva assunzione di responsabilità dell’acquirente in caso contrario.

Tali semplici prassi contrattuali sono destinate ad assumere un’importanza sempre maggiore in futuro, vista la progressiva divisione del commercio internazionale in blocchi geopolitici e il significativo impatto assunto dalle sanzioni internazionali, destinate a crescere ulteriormente nel prossimo futuro.

×

Iscriviti alla newsletter