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Impianti di incenerimento, illegittimo lo stop regionale

Di Tiziana Ronchetti e Massimo Medugno

La Consulta è intervenuta sulla previsione contenuta in una legge regionale che stabiliva di non prevedere impianti di incenerimento dei rifiuti. Secondo la Corte, spetta allo Stato “l’individuazione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese”

La previsione contenuta in una legge regionale di non prevedere la realizzazione di impianti dedicati all’incenerimento è da considerarsi illegittima. Lo ha stabilito la Consulta, presidente Giuliano Amato, relatore Franco Modugno, sent. n. 101/2022, depositata il 25 luglio scorso, che ha dato ragione al ricorso del governo, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art.1, comma 4, della legge della Regione Abruzzo n.45 del 30 dicembre 2020, limitatamente alla parte in cui non prevede la realizzazione di impianti dedicati di incenerimento per i rifiuti urbani.

Lo stesso art. 1, comma 4 prevede di raggiungere, tendenzialmente al 2022, a scala di bacino regionale, conformemente al vigente Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti (di seguito PRGR), i seguenti obiettivi minimi: a) un quantitativo di produzione di rifiuto urbano indifferenziato, inferiore ai 130 chilogrammi per abitante anno; b) un quantitativo di rifiuti residui avviati a smaltimento finale in discarica, inferiore ai 100 chilogrammi per abitante anno.

L’illegittima colpisce però proprio la parte che “bandisce” la realizzazione di impianti incenerimento di rifiuti urbani. Infatti, secondo la Corte, ai sensi dell’art. 195, comma 1, lettera f), DLgs 152/2006 (codice ambientale), spetta allo Stato “l’individuazione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese; l’individuazione è operata […] a mezzo di un programma, adottato con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare […]. Nell’individuare le infrastrutture e gli insediamenti strategici di cui al presente comma il governo procede secondo finalità di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale”.

E aggiunge ancora: “Con la legge parzialmente impugnata, la Regione Abruzzo ha previsto norme di indirizzo per l’aggiornamento della pianificazione regionale sulla gestione dei rifiuti, che deve avvenire nella sede del procedimento amministrativo, nella concertazione fra le istituzioni e i soggetti interessati”.

La pronuncia della Corte trova un importante precedente riguardante una legge della Regione Marche. Secondo la Corte Costituzionale (sentenza n. 272/2021) una legge regionale, sia pure riguardante i criteri localizzativi per gli impianti di combustione dei rifiuti e del Combustibile Solido Secondario (CSS), è costituzionalmente illegittima, in quanto non può indicare, a priori, le aree in cui si può localizzare un impianto o meno.

Il caso riguarda la Legge Regione Marche 18 settembre 2019 n. 29, che all’art. 2 stabiliva che tali impianti dovevano essere ubicati ad una distanza minima di 5 km dal perimetro esterno delle zone residenziali dei centri abitati, come individuate dagli strumenti urbanistici. Tale norma censurata determinava la costituzione di un divieto astratto che si traduceva in “un forte ostacolo alla (se non persino nella impossibilità di), realizzazione degli impianti con conseguente illegittimità costituzionale”.

Secondo la sentenza n. 272 proprio il procedimento amministrativo (sullo stesso torna anche la sent. n. 101, riguardante il caso dell’Abruzzo) costituisce il luogo elettivo di composizione degli interessi, in quanto è nella sede procedimentale che può e deve avvenire il confronto dell’interesse del soggetto privato operatore economico con quelli di cui sono titolari cittadini e comunità e che trovano nei principi costituzionali previsione e tutela. In questo modo si garantisce l’imparzialità della scelta e il perseguimento dell’interesse primario, in attuazione del principio del buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.).

Tali principi generali trovano corrispondenza nella prerogativa, propria del legislatore statale nelle materie affidate alla sua competenza legislativa esclusiva, di vincolare la Regione a esercitare in forma procedimentale l’attività amministrativa che la normativa statale abbia allocato a livello regionale, precludendo il ricorso alla funzione legislativa in materia.

Insomma per legge non si pianifica, ma soprattutto non si possono indicare le localizzazioni degli impianti a prescindere. La pronuncia della Corte Costituzionale è coerente con il nuovo assetto normativo.

Infatti, il DLgs n. 116/2020 in attuazione delle Direttive europee n. 851 e 852 ha introdotto nuovo articolo 198 bis, Codice Ambiente, che disciplina il “Programma nazionale per la gestione dei rifiuti” per definire i criteri e le linee strategiche cui le Regioni e le Province autonome devono attenersi nella elaborazione dei Piani regionali disciplinati dal successivo art. 199 (comma 2) previa Valutazione Ambientale Strategica.

All’art. 198 bis è stato data attuazione con la pubblicazione, lo scorso 24 giugno, del citato Programma.

Secondo il comma 8 dell’art. 199 Dlgs 152/2006, la Regione approva o adegua il piano entro 18 mesi dalla pubblicazione del Programma nazionale, a meno che i contenuti dello stesso non siano già conformi. Il comma 1 del citato art. 199 (sempre introdotta dal Dlgs n. 116/2020), specifica espressamente che l’approvazione dei Piani regionali avvenga per atto amministrativo.

All’interno dei Piani, ai sensi dell’art. 199 cit., comma 3, lett l), troverà posto l’indicazione dei criteri per l’individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento, nonché per l’individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti.

Insomma, la Pianificazione in materia di rifiuti va fatta rigorosamente per atto amministrativo. E, a questo punto, seguendo i criteri del Programma Nazionale che non prevede divieti a priori, ma anzi ha lo scopo di coprire gap impiantistici.


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