A Canazei Draghi parla di cambiamento climatico e invita la politica alla riflessione. Per il think tank Ecco Climate serve affrontare il tema sia come emergenza che come questione strutturale. Il clima è trasversale e in tal modo dovrebbe essere inserito nelle politiche del governo e dei partiti, per costruire un’agenda per le prossime elezioni
“Oggi l’Italia piange queste vittime e tutti gli italiani si stringono con affetto”, ha detto il premier Mario Draghi, senza nascondere la commozione, parlando da Canazei. Sulla valle trentina si staglia il gruppo montuoso della Marmolada e il suo ghiacciaio, mutilato da un gigantesco distacco di materiale che nel primo pomeriggio di domenica 3 luglio ha investito diversi gruppi di escursionisti. Il bilancio a lunedì pomeriggio si assesta a sette morti, otto feriti e tredici dispersi.
“Questo è un dramma che certamente ha delle imprevedibilità, ma [altrettanto] certamente dipende dal deterioramento dell’ambiente e della situazione climatica”, ha asserito Draghi, invitando il governo a “riflettere” e prendere provvedimenti per ridurre, o addirittura evitare, il ripetersi di un evento simile. Gli esperti hanno già indicato le temperature anomale, le nevicate scarse e la progressiva riduzione della massa dei ghiacciai tra le concause dietro al disastro. Sullo sfondo, il processo di riscaldamento globale che promette di moltiplicare questi avvenimenti.
Per Luca Iacoboni, responsabile programmi nazionali del think tank Ecco Climate, serve oltrepassare la logica con cui si risponde a tali calamità: il crollo del ghiacciaio, ma anche la siccità o le bombe d’acqua. Premettendo che la causa strutturale è il cambiamento climatico – premessa scontata ma doverosa, dice a Formiche.net – serve affiancare ai provvedimenti emergenziali delle politiche strutturali che vadano a toccare le vere cause di questi fenomeni. Politiche industriali, sociali ed economiche, che integrino al loro interno la variabile climatica.
È una questione di approccio trasversale, continua l’esperto. “Prendiamo la crisi russa e la questione energetica. Se ci limitiamo a diversificare le fonti e continuiamo a importare e utilizzare gas fossile, continuiamo a emettere gas serra, quindi esponiamo il pianeta a un aumento della gravità dei fenomeni legati ai cambiamenti climatici. Se invece decidessimo di abbandonare il gas in toto – ovviamente in maniera graduale – a favore di efficienza energetica, risparmio energetico e rinnovabili, staremmo implementando delle politiche strutturali che ci portano a diminuire le emissioni. Quindi, in prospettiva, ad alleviare le cause principali degli impatti dei cambiamenti climatici”. Come la tragedia della Marmolada.
Il messaggio di Iacoboni alla politica è smettere di trattare il clima come una tematica ambientale, a sé stante, e iniziare a vedere tutte le leggi, tutti i provvedimenti e tutte le politiche anche con la lente climatica. Perché permea tutto, come ha dimostrato il caso della transizione verso l’auto elettrica e gli impatti sul tessuto produttivo italiano. Dunque faremmo bene a integrare i fattori esterni – tra cui clima e impatti ambientali – nei modelli economici e nelle politiche.
Secondo l’esperto di Ecco, una legge-quadro sul clima che permetta di armonizzare tutte le varie leggi sul tema sarebbe un buon inizio. Poi si deve applicare il ragionamento anche sull’aggiornamento del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (Pniec), che l’Italia è chiamata a rivedere alla luce del pacchetto-leggi europeo Fit for 55. E dal piano di decarbonizzazione dei vari settori industriali, anche quelli hard to abate, facendo attenzione a non guardare solo agli obiettivi di lungo respiro ma fissando delle tappe brevi per misurare il progresso.
Più facile a dirsi che a farsi. All’orizzonte ci sono le elezioni della primavera 2023, e l’incertezza che generano. “La vera sfida politica sarebbe accordarsi su una agenda minima, basata sulle indicazioni scientifiche, che sia un punto di partenza per la futura maggioranza”, chiosa Iacoboni, indicando l’esempio britannico. Del resto, conclude, “la trasversalità del tema climatico dovrebbe mettere d’accordo la politica e gli interessi, anche quelli legati all’economia e all’occupazione. Questo perché siamo in un mondo globalizzato: anche se noi come Paese ci opponiamo alla transizione ecologica, questa va avanti comunque nel resto del mondo e d’Europa”. Con i conseguenti problemi economici.