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Nulla è scontato per il centrodestra. L’opinione di Zacchera

Attenzione, dai sondaggi un’altra interessante sottolineatura: la maggioranza degli italiani sembrerebbe comunque pessimista sul futuro, ritenendo che il prossimo governo non farà meglio di quello di Draghi

I sondaggi stimano che sulla carta ci sarebbero addirittura 17 punti di distacco tra la coalizione del centrodestra (Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e cespugli) e il Partito democratico che, pur “arruolando” altre formazioni politicamente vicine, sarebbe comunque sconfitto nei collegi uninominali (148 alla Camera e 74 al Senato) che in teoria dovrebbero ancora fare la differenza sul risultato finale nel complicato sistema del Rosatellum.

Tra l’altro nel 2018 fu il Movimento 5 Stelle a fare bottino pieno nei collegi soprattutto nel Centro Sud ma, essendo obiettivamente difficile pensare a un bis dei pentastellati, non ci sono “uscenti” di peso a condizionare un esito che a prima vista apparirebbe scontato.

Non è ancora così però nella pratica, innanzitutto perché mancano 60 giorni alle elezioni, poi perché un conto sono i sondaggi e altro i voti effettivi e l’esperienza insegna che oltre un terzo degli intervistati (ammesso che dicano la verità nei sondaggi) poi non vanno effettivamente a votare.

Un altro aspetto da considerare è l’alta probabilità che ci sia una terza (o quarta) coalizione unendo Azione, Italia Viva, + Europa e forse il nuovo gruppo di Luigi Di Maio. Un’alleanza tra l’altro per loro necessaria o difficilmente questi gruppi avranno una rappresentanza parlamentare superando la soglia del 10%.

Un “centro”, insomma, “contro i populisti” con Matteo Renzi leader (ma questo lo chiede lui) e Draghi padre putativo della neo-formazione? Nicola Piepoli lo quota tra il 10% e il 15%.

Solo se però questa galassia di sigle si confederasse con il Partito democratico nei collegi uninominali allora la differenza di partenza rispetto al centrodestra sarebbe molto minore (soprattutto nelle regioni “rosse”), a prescindere dal collocarsi del Movimento 5 Stelle e dell’estrema sinistra che, anche unendosi tra loro come quarta gamba, non avrebbero comunque in teoria speranza di seggi uninominali. Ovviamente se invece la sinistra estrema, Movimento 5 stelle, tutto il centro e il Partito democratico trovassero un’intesa complessiva e tutti i gruppi si schierassero uniti contro il centrodestra allora il risultato sarebbe in bilico, un’ipotesi però a oggi poco probabile.

Ma quale sarebbe il futuro di questa sorta di “alleanza civica di unità nazionale” nel nome di Mario Draghi uniti contro il centrodestra? C’è anche qui una novità: negli ultimi sondaggi effettuati dopo la caduta del governo, Draghi appare in una luce piuttosto anomala rispetto a quanto viene fatto passare dai media, ovvero secondo alcuni istituti di ricerca la maggioranza degli italiani sarebbe stata in qualche modo stufa del suo governo, mentre per altri (Demopolis) il 54% avrebbe preferito che comunque restasse a Palazzo Chigi. Univoco comunque il trend con Draghi che resiste come propria immagine personale, calando invece come leader.

Secondo Termometro politico, per esempio, in un’indagine del 22 luglio solo il 10% voterebbe un’autonoma Lista Draghi e (all’opposto di Demopolis) il 54% ritiene sia stata opportuno aver dato le dimissioni, con solo il 31% di apprezzamento ed il resto degli intervistati che – pur non amando molto il leader – teme però per la sua uscita di scena anticipata soprattutto in chiave internazionale. Un po’ come fu per Mario Monti anni fa alla sua uscita dal governo “tecnico” che presiedeva.

Che Giuseppe Conte (crollato per appeal personale nei sondaggi), Matteo Salvini e Silvio Berlusconi – pur da posizioni opposte – abbiano percepito anche questa stanchezza dell’elettorato verso il presidente del Consiglio? Può darsi, certo emerge dai sondaggi un’altra interessante sottolineatura: la maggioranza degli italiani sembrerebbe comunque pessimista sul futuro, ritenendo che il prossimo governo non farà meglio di quello di Draghi, tra l’altro tuttora in carica per gli “affari correnti”.

Comunque vadano le cose sicuramente i leader che si affollano sorridendo nelle ville berlusconiane (sorrideranno sicuramente meno dopo la divisione dei posti per i rispettivi candidati) dovrebbero attendere con molta prudenza a darsi già per vincitori e certe esperienze passate dovrebbero confermare la massima prudenza.



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