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Così gli Usa vogliono colpire l’industria cinese dei microchip

Microchip Usa Cina

Washington starebbe spingendo l’olandese Asml, leader nella creazione di macchinari fabbrica-chip, a cessare le vendite verso la Cina. La mossa strozzerebbe la catena di valore, giocando sulla dipendenza cinese, e infliggerebbe un danno durissimo ai piani di Xi su autosufficienza e dominazione tecnologica

La supply chain dei semiconduttori è un fronte caldo della competizione strategica tra Cina e Usa. La prima è intenzionata a diventare leader nel campo dei cervelli elettronici, la seconda è altrettanto determinata a impedirglielo. E dalla Casa Bianca stanno manovrando per coinvolgere gli alleati olandesi. Secondo quanto riporta Bloomberg, Washington starebbe cercando di convincere Amsterdam a cessare la vendita di macchinari fabbrica-chip al rivale cinese.

La partita si gioca su un’azienda olandese di nome Asml, leader mondiale nella produzione di sistemi di litografia ultravioletta, gli “stampi” dei microchip. È anche l’unica che sa creare i sistemi capaci di produrre i chip più avanzati (detti Euv), utili per intelligenza artificiale, cloud, armi intelligenti. Su questi ultimi sistemi il governo olandese è già intervenuto, rifiutandosi di concedere permessi di esportazione verso la Cina. Esistono solo due centri di produzione Asml all’infuori dell’Europa: uno è a Taiwan, l’altro in Corea del Sud, nazioni appartenenti all’Occidente geopolitico.

Stavolta, però, la richiesta americana si riferisce ai macchinari di litografia più datati (Duv), quelli che producono chip meno potenti ma comunque adeguati per far funzionare macchine, smartphone, computer. Si tratta, insomma, dei sistemi essenziali per fabbricare una varietà di semiconduttori tra i più utilizzati e richiesti al mondo. Secondo la ricostruzione delle fonti di Bloomberg, il tema è emerso durante la visita in Olanda del vice segretario al Commercio statunitense, Don Graves, a fine maggio.

Insomma, Washington starebbe allargando il campo agli obiettivi cinesi più strategici in termini di quantità, come i maggiori costruttori locali di chip – Semiconductor Manufacturing International Corporation (Smic) e Hua Hong Semiconductor. La mossa ricorda da vicino la strategia con cui, tre anni fa, gli Usa hanno affondato la divisione smartphone del colosso cinese Huawei negandogli l’accesso ai microchip avanzati di fattura americana.

La grande differenza è che se gli Usa riuscissero a convincere l’Olanda e Asml, l’impatto sull’industria tecnologica cinese sarebbe ordini di grandezza superiore, perché la mossa colpirebbe uno snodo molto più a monte nelle catene di produzione cinesi: la capacità stessa di produrre semiconduttori. Colpendo il Celeste Impero dove fa più male.

La Cina è già la maggior importatrice al mondo di chip e macchinari litografici. L’autosufficienza tecnologica in questo campo è un obiettivo principe nella strategia quinquennale di Xi Jinping, che attribuisce all’industria dei semiconduttori un’importanza pari allo sviluppo della bomba atomica. Ma secondo diversi analisti, il progresso dell’industria dei semiconduttori cinesi potrebbe arrestarsi senza macchinari Duv stranieri.

Un successo americano, dunque, potrebbe avere ripercussioni strategiche immense. Specie contando che Washington starebbe facendo pressioni simili anche sulla giapponese Nikon, che compete con Asml nel campo della litografia, e che gli sforzi americani per limitare la potenza tecnologica cinese si estendono anche ad altri campi. In un futuro non troppo lontano, l’Occidente potrebbe essere in grado di giocare la carta della dipendenza cinese dalla propria tecnologia. Magari per rispondere alla dipendenza occidentale dal green tech cinese e proteggersi da un ricatto à la Vladimir Putin con il gas naturale.

Tuttavia, va considerato che convincere Asml ad abbandonare il mercato cinese non è una passeggiata. Bloomberg Intelligence stima che le vendite della compagnia olandese potrebbero ridursi del 5-10%, assestando un duro colpo ai rapporti commerciali tra Olanda e Cina (terzo partner commerciale per dimensione, dopo Germania e Belgio). Il premier olandese Mark Rutte non è disposto a riconsiderare la relazione con Pechino a meno che non lo faccia anche il resto d’Europa. E il Ceo dell’azienda Peter Wennink si è opposto a un bando sui macchinari Duv, asserendo che si tratta di una tecnologia già matura.


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