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Tra beghe e veleni, ma votare sarà una cosa seria?

Tutto fa brodo pur di alzare il tiro, in attesa del vero inizio della campagna elettorale. Intanto ci si può deliziare con i simboli elettorali più originali…

La campagna elettore – c’era da aspettarselo – parte subito con i veleni ed i reciproci insulti, caratterizzandosi per un duello Pd-FdI su chi mai sarà il primo partito, portandosi dietro la coda avvelenata delle polemiche sulle mancate o nuove alleanze in un prevedibile crescendo da qui al 25 settembre.

Liti e sfottò incrociati tra avversari ed ex-compagni di viaggio. Dal “Calenda è un fascista” di Fratoianni (ma non dovevano correre insieme?) all’accusa di anti-mattarellismo a Berlusconi accusato di voler abbattere anzitempo l’attuale inquilino del Quirinale.

Si delineano i temi: l’accusa da destra al Pd è di aver ammucchiato un’armata Brancaleone, la replica è – ovviamente – innanzitutto sul tasso di fascismo presuntivamente ancora presente nel dna politico di Giorgia Meloni.

Tutto fa brodo pur di alzare il tiro. Se Berlusconi rispolvera il vecchio tema caro alle destre di un’Italia presidenziale (se mai si arrivasse all’ approvazione popolare di questa riforma costituzionale è ovvio che il presidente in carica al momento si dovrebbe dimettere a seguito di un voto, ove non fosse confermato) lo si demonizza in una presunta disputa con Mattarella, dimenticando che Forza Italia lo ha votato solo pochi mesi fa. Ma ogni giorno c’è e ci sarà la polemica su un tema quotidiano: oggi per il simbolo di Fratelli d’Italia, domani l’accenno di Letta a tassare le grandi proprietà in successione, subito battezzata “patrimoniale” dagli avversari.

Già, i programmi… sulla flat-tax il centrodestra seduce, anche se avvia una guerriglia interna sulle aliquote possibili, il Pd replica pubblicando un manifesto-civetta “Un mese di stipendio in più” cui qualcuno osserva che non è arrivato con il Pd al governo.

A voler spulciare, le furbate vere sono però nelle piccole-grandi cose, per esempio nei simboli elettorali. Il “rosatellum” impone l’aliquota del 10% per le coalizioni e solo il 3% per le liste per accedere al riparto dei seggi? Fatta la legge, trovato l’inganno: basta depositare al Viminale un simbolo che ne contenga diversi e il gioco dello sbarramento di coalizione è superato.

Nascono così contrassegni assolutamente inediti e descritti (al ministero va depositata anche la “descrizione” ufficiale) con un testo più lungo di una cantica del Purgatorio. Poi ci sono le liste “fai da te” con i nomi dei leader che si auto-considerano “fattori civetta” e capaci di attrarre voti e seggi.

Non sempre lo sono, ma più  grandi sono i nomi sul simbolo più è evidente l’ego del protagonista e del suo rapporto auto-referenziale con il resto del mondo.

Solo i “peones” o gli irriducibili raccolgono intanto le firme per la presentazione delle liste che – pur ridotte – sono previste dalla legge. Tutti gli altri hanno più o meno “venduto” (o comprato) nomi e simboli al miglior offerente (e in cambio di seggi) per eliminare questo problema che – sotto ferragosto – non è cosa da poco visto che 36.000 firme “vere” non si raccolgono in due ore e – mistero – se per i referendum valevano gli accrediti on-line si è invece tornati adesso ai moduli cartacei.

Il record è di Tabacci che con il suo simbolo “Centro Democratico” (di cui è stato per anni unico esponente) ha “salvato” Bonino nel 2018 e adesso Di Maio, prima della comune confluenza nell’alleanza Pd-Letta. A guardar bene il simbolo di Tabacci è solo un micro-francobollo sovrastante la scritta “impegno civico”, con un’ ape (che sia un’ape lo si pensa, comunque è una specie di insetto) e sotto un “Di Maio” grande così. Il mix serve per utilizzare il logo “impegno civico” già usato da altri variopinti schieramenti in decine di elezioni locali.

Cosa chiedere in cambio del “dono”? Ovviamente un seggio più o meno “sicuro” , nel caso nelle liste Pd & C. per lo stesso Tabacci, uno che risulta aver collezionato dal 1972 ad oggi qualcosa come una ventina di candidature con simboli e partiti sempre diversi.

Non mancano tra i simboli depositati al Viminale anche il “Partito della follia” (sponsor un tale Cirillo Follia), Il “Movimento Poeti d’Azione” e quello del “Sacro Romano Impero Pacifista” con tanto di scritte in latino e altre amenità.

Insomma si voterà il 25 settembre, vedremo se sarà una cosa seria.

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