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Phisikk du role – Calenda Dragonheart e la raccolta delle firme

Per presentare le candidature nei diversi collegi è necessario raccogliere le firme per le liste elettorali. Quindi essere o non essere in partita ad oggi dipende tutto da questo. In via di principio non è molto difficile però quando la gente è in vacanza e non hai alle spalle la struttura organizzativa di un partito di massa… La rubrica di Pino Pisicchio

Chissà se il giovane Calenda negli anni ‘90 si faceva cultore della serie fantasy di Dragonheart, le avventure di un Drago col cuore di uomo in lotta contro i malvagi del mondo. Forse no, forse era già troppo grande, ma qualche cosa sicuramente deve averlo colpito di quella saga americana, della serie uno contro tutti, ed è rimasta nel corredo psicologico del politico di oggi. D’altronde il riferimento al “Dragone” appare come elemento costitutivo del suo programma elettorale dichiaratamente “draghiano”.

Trascurando, allora, ogni giudizio sull’alacre interazione del fondatore di Azione con partner putativi e alleati per qualche ora o poco più, credo che si debba un qualche riconoscimento all’uomo che è riuscito a creare una curiosità per questa floscia e fulminea vigilia elettorale destando persino gli abitatori delle spiagge trafitte dal sole malevolo di questa estate italiana.

Forse apparirebbe adeguato il “premio Dragonheart”, tanto per restare in tema. Perché? Lo spiego subito. Seguendo il filo di una sua coerenza – risospendo il giudizio politico – Calenda ha abbandonato il comodo accordo col Pd ( e + Europa) per affrontare solingo la terra incognita di una battaglia elettorale in cui tutti gli sono contro. Ma dietro a questa sceneggiatura da film hollywoodiano, tipo sfida all’ok Corrall, c’è qualche ulteriore scomodità che non si vede ad occhio di lettore distratto e che invece fa la differenza tra essere o non essere in partita.

Si chiama raccolta delle firme (ed esonero, potere magico di cui è titolare l’ex partner +Europa). Ne abbiamo già fatto cenno su queste pagine, ricordando che in Italia vige in un regime oligopolistico e proibizionista in materia di concorrenza elettorale, tendente ad erigere barricate attorno al campetto delle sigle politiche già presenti in Parlamento al fine di impedire altri ingressi. Come si fa? Si chiedono alcune decine di migliaia di firme per presentare le candidature nei diversi collegi: cifra non impossibile da racimolare in via di principio, molto difficile, però, quando la gente è in vacanza e non hai alle spalle la struttura organizzativa di un partito di massa.

Una legge approvata a giugno contempla l’esonero dalla raccolta firme, oltre che per il Pd, M5S, FI, Lega e FdI, “anche per i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere al 31 dicembre 2021”. Per capirci: Leu, Italia Viva e Coraggio Italia, o “che abbiano presentato candidature con proprio contrassegno alle ultime elezioni della Camera dei deputati o alle ultime elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia in almeno due terzi delle circoscrizioni e abbiano ottenuto almeno un seggio assegnato in ragione proporzionale” sono +Europa e il Centro Democratico, o che “abbiano concorso alla determinazione della cifra elettorale nazionale di coalizione avendo conseguito, sul piano nazionale, un numero di voti validi superiore all’1 per cento del totale”.

Qualche proprietario di brand ci campa con questo sistema: pur non avendo voti, “prestando generosamente” la sigla, contratta seggi sicuri con chi non ce la fa o non ha voglia di andarsi a prendere le firme. Insomma è un sistema abbastanza indecente che Paesi di grande tradizione democratica, come la Francia, non hanno, perché hanno scelto di aprire la strada alla liberalizzazione della concorrenza politica. Perché l’ultima parola deve spettare sempre al popolo, senza costruire trucchetti per eluderlo: si pensi che nell’ultima tornata del 2018 i partiti estremisti “Potere al Popolo” e “Casa Pound”, andarono a raccogliersi le firme per presentarsi regolarmente alla competizione, rimanendo sonoramente bocciati dagli elettori.

Che dire? Facciamo il tifo per le firme di Calenda-Dragonheart, non per opzione politica ma perché difendiamo il suo diritto di non dover fare oscuri maneggi con qualche furbo detentore di brand esonerati dall’onere. E aspettiamo (inutilmente) che questo assurdo inghippo oligopolista cada.


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