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Sull’opzione Di Battista. Ovvero: un Grillo Contro Vento

In che direzione andrà il Movimento 5 Stelle? Difficile dirlo, ma qualche supposizione si può fare. Una su tutte parte dalle parole di Beppe Grillo lo scorso 30 luglio, così simili al manifesto ControVento di Davide Casaleggio. Non è una prova, ma forse un indizio sì… L’analisi di Paolo Ceri, già ordinario di Sociologia all’Università di Firenze e autore de “Il Movimento nella rete”

Politicamente, sia Giuseppe Conte che Beppe Grillo senza il Movimento 5 Stelle non sono nessuno. Cosicché da un po’ di tempo se ne contendono il controllo. Le elezioni anticipate sono per entrambi l’occasione decisiva. Tanto da dover risolvere la disputa prima dell’iter di formazione delle liste elettorali. Al centro vi è la leadership di Conte, che il medesimo ha interesse a proteggere e rafforzare e Grillo a indebolire e delegittimare. L’esito in un senso o nell’altro dipende dalla soluzione data a due questioni: la regola del doppio mandato e la possibile candidatura di Alessandro Di Battista.

Conte è venuto a trovarsi in una posizione doppiamente difensiva: la posizione di chi, per un verso, deve giustificare la relativizzazione (di fatto l’abolizione) di un principio fondativo e, per l’altro verso, deve sventare la minaccia rappresentata dal suo vero concorrente. In partenza, a provare quanto il limite dei due mandati sia fondativo basta la certificazione del Garante; a indicare quanto la candidatura di Di Battista sia temibile sono le percentuali di sondaggio, nel mentre a provare quanto sia temuta vale la serie di disposizioni che nel dilatato interregno di Vito Crimi hanno procrastinato l’elezione del nuovo capo politico (conseguente alle dimissioni dalla carica nel gennaio 2020 da parte di Di Maio).

Sulla questione del doppio mandato il tiro alla fune (rinvio e trattativa) non poteva durare oltre: a cadere a gambàllaria è stato Giuseppe Conte. Costretto a cedere, pare certo, dinanzi all’intimazione “carismatica” di un Garante altrimenti deciso ad abbandonare M5S. Una volta esclusa la possibilità di deroghe al doppio mandato, la corona protettiva dei fedelissimi è saltata e, con essa, si è indebolita la presa di Conte sul partito, oltre che per motivi di immagine, per avere ora ancora meno nomi di rilievo per i collegi uninominali.

Resta da risolvere la seconda questione, coscienti a quanto pare sia Conte che Grillo che, se la candidatura di Alessandro Di Battista giunge al voto degli iscritti, il suo successo è non soltanto certo, ma tale da spostare la questione dal piano interno a quello “esterno” delle alleanze partitiche e delle alleanze internazionali. Non si tratta soltanto della legittimazione, a quel punto perduta per Conte e conquistata per Di Battista, ma anche di scelte di campo, potenzialmente irrimediabili. Quanto basta per rilanciare ancor più la disputa tra il presidente e il fondatore. Al riguardo l’osservatore non può che procedere in modo congetturale, pur orientato da proprie osservazioni e analisi passate.

Una prima congettura è che Grillo rifiuti posizionamenti e alleanze che minimizzano o precludono in partenza al partito la possibilità di far parte del futuro governo. Dalla congettura la previsione: egli contrasterà duramente il progetto di allearsi con partiti e liste alla sinistra del Pd, fino a preferire di farlo competere da solo. Una seconda congettura è che si prodighi per fare attuare le regole che nella situazione ritiene più favorevoli all’interesse del MoVimento. Da qui la previsione che, pur col tempo risicato, farà il possibile affinché le candidature, tra le quali quella di Di Battista, siano votate online. Una terza congettura è che, evitato di schierarsi apertamente riguardo agli Usa, alla Russia e alla Cina, sia questa ad attirare il suo favore. La previsione relativa è che a risultarne favorito sarà il protagonismo di Di Battista tra i 5 Stelle.

Una quarta congettura, infine, è che nonostante le travagliate vicende registrate nell’evoluzione del Movimento dopo scomparsa di Casaleggio, l’intesa di fondo tra il suo erede e Beppe Grillo sia rimasta solida. Da qui la previsione: tanto più Giuseppe Conte perderà il controllo del partito, quanto più crescerà l’influenza di attività e iniziative dell’“ecosistema di democrazia partecipata” generato dalla piattaforma Rousseau. Beninteso, questa previsione può, come le altre, essere errata. Si è indotti però ancor’oggi a dubitarne alla lettura delle parole postate il 30 luglio da Grillo, appena decisa l’applicazione della regola del doppio mandato: “Non esiste un vento favorevole per chi non sa dove andare, ma è certo che per chi va controcorrente il vento è sempre sfavorevole”.

All’osservatore, forse malizioso ma non prevenuto, ricordano tanto il “Manifesto ControVento”, presentato nel marzo di un anno fa da Davide Casaleggio.

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