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Covid-19, non più malattia respiratoria ma vascolare. Gli effetti sul cervello

Affaticamento, nebbia mentale, perdita della memoria. Studi recenti confermano che circa 30% dei pazienti può sviluppare malfunzionamento al cervello (anche fino a due anni dopo il contagio) perché il virus compromette la rete di neuroni

Sono passati quasi tre anni dall’inizio della pandemia ed emergono ancora nuovi e preoccupanti dati sugli effetti del Covid-19 nel corpo umano. Uno studio pubblicato a maggio del 2021 aveva anticipato alcune conseguenze del virus sullo stato e funzionamento del cuore e del cervello dopo il contagio. Gli scienziati del Circulation Research, impegnati nello studio del virus, avvertivano che poteva trattarsi non di una malattia del sistema respiratorio ma cardiovascolare.

Infatti, l’affaticamento, la nebbia mentale, la perdita del gusto e dell’olfatto, così come della memoria, sono state alcune delle conseguenze più gravi dei pazienti Covid-19. Ora questi elementi sono affrontati da un nuovo studio dei ricercatori dell’Università della California e dell’Università Xi’an Jiaotong. Anche loro propongo una nuova dicitura per il virus, più aderente al pesante impatto che il Covid-19 ha sul cervello.

Uri Manor, uno degli autori della ricerca, sottolinea che questa nuova scoperta potrebbe aiutare a prevenire le ischemie cerebrali nei pazienti positivi al Covid. “Molta gente crede che è una malattia respiratoria, ma in realtà è una malattia vascolare – ha spiegato Manor al National Geographic -. Questo potrebbe spiegare perché alcune persone hanno ischemie cerebrovascolari e perché altre evidenziano problemi in altre parti del corpo. Hanno tutti in comune le basi vascolari”.

Anche il Proceedings of the National Academy of Sciences ha pubblicato una ricerca in cui conferma che circa il 30% dei pazienti Covid-19 soffre di disturbi cerebrali perché vengono colpiti gli astrociti, ovvero, le cellule nervose fondamentali della struttura cognitiva.

In linea anche la ricerca dell’Università Statale di Campinas in Brasile, che ha dimostrato come il virus produce danni, anche se leggeri, ai tessuti cerebrali in 5 casi su 26 di Covid-19. Questo può nuocere la produzione di neurotrasmettitori impegnati nei processi cognitivi e della memoria.

Infine, una ricerca dell’Università di Oxford pubblicata da The Lancet Psychiatry (su circa 1,25 milioni di persone) conclude che le persone con Covid-19 possono avere un rischio maggiore di soffrire di disturbi neurologici e psichiatrici fino a due anni dopo il contagio. Psicosi, demenza, nebbia cerebrale e convulsioni sono alcune delle conseguenze anche 24 mesi dopo avere contratto il virus.



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